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Il risarcimento del danno liquidato al marito rientra nella comunione dei beni?

Il risarcimento del danno liquidato al marito rientra nella comunione dei beni?

Si è pronunciata anche la Cassazione: i consigli dell'avvocato Giulia Orsetti

16 settembre 2024
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Buongiorno, sono sposata dal 2019 e mio marito ha appena ottenuto un’ingente somma di denaro a titolo di risarcimento del danno per un incidente avuto nel 2017 in cui fu coinvolto. Essendo io e mio marito in regime di comunione legale dei beni, la metà dell’importo liquidato dall’assicurazione è anche mio oppure no? Attendo risposta.
Vi ringrazio, Elisabetta.


Risponde Giulia Orsatti (avvocata)


L’istituto della comunione dei beni tra i coniugi si esplica in tutte quelle norme che regolamentano il cosiddetto regime patrimoniale della famiglia, ossia la regolamentazione dell’acquisto e della gestione del patrimonio in costanza di matrimonio. Come può evincersi dalla lettura degli artt. 177, 178 e 179 del Codice Civile, il legislatore ha disposto una precisa elencazione dei beni che cadono in comproprietà tra i due coniugi, ancorché acquistati da uno solo di essi, per effetto della costanza del vincolo matrimoniale al momento dell’acquisto e - viceversa - dei beni “personali”, che rimangono di titolarità del singolo coniuge ancorché ottenuti in costanza di matrimonio. L’art. 177 del Codice Civile contiene l’elencazione dei beni cosiddetti “comuni” e prevede che: “Costituiscono oggetto della comunione: a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali; b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione; c) i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati; d) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio”. Al secondo comma della norma sopracitata, infine, è previsto che: “Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi”.

Tale dispositivo si contrappone a quello dell’art. 179 del Codice Civile, che elenca invece i beni cosiddetti “personali” di ciascun coniuge. D’altro canto, nell’ipotesi presa in esame dal dispositivo dell’art. 178 del Codice Civile, viene regolamentata la sorte dei “beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente” i quali “si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa”.

Riveste, invero, un’importanza significativa il momento dello scioglimento della comunione (art. 191 c.c.). Più precisamente, bisogna tenere ben presente la consistenza del patrimonio familiare e dei singoli coniugi al momento dell’autorizzazione presidenziale a vivere separati, nella separazione giudiziale, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato, nella separazione consensuale.

Negli anni la giurisprudenza è stata chiamata più volte a pronunciarsi in merito. Ad esempio, la Cassazione si è pronunciata su quale fosse la natura - individuale o comune - del bene che già fosse stato oggetto di comunione ordinaria tra uno dei coniugi e un terzo che, all’esito della divisione, fosse stato attribuito in via esclusiva al primo in costanza di matrimonio. Secondo la ricostruzione della sentenza Cass. sez. II, 5 agosto 2011, n. 17061, il bene deve essere valutato come di natura personale del soggetto assegnatario, sia pur coniuge in regime di comunione legale. Sebbene siano esistiti ed esistano tutt’oggi dei casi dubbi, si dà il caso che la somma di denaro ottenuta a titolo di risarcimento del danno non dia adito a diverse interpretazioni. La stessa avrà natura “personale” per previsione legislativa (ex art. 179, comma 1, lettera e).
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