Il Tirreno

Vengo dalla Cina ma per scolpire la cartapesta

di GIOVANNA MEZZANA
Vengo dalla Cina ma per scolpire la cartapesta

Scultrice asiatica in erba ci svela come il Gigante Giallo vede Carrara

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Minghan Gong, 25 anni, arriva da Chongqing, nome impronunciabile di una città della Cina centro-meridionale, famosa per il suo hot-pot, il cibo piccante. Studia all'Accademia: la incontriamo nei laboratori di Monterosso. Arriva dall'altro capo del mondo per imparare a scolpire: non il marmo, è incredibile, ma la cartapesta. In tasca ha già una laurea presa all'Accademia di Belle Arti di Sichuan, oggi fucina degli artisti più noti del Dragone.

A Carrara c’è una piccola comunità di artisti asiatici. In teoria sono un'enclave (vivono tra l'ateneo e la Casa dello Studente), in pratica sono come una conchiglia appena schiusa, disposti a ribattezzarsi con nomi italiani pur di facilitarci il compito. Sono grandi estimatori di questa città, bistrattata dai “nativi". Per loro Carrara è il simbolo della scultura, persino al di là del marmo.

Minghan, ti chiamano tutti Lucia: “Lucia” è la traduzione italiana del tuo nome?

«No! Minghan è troppo difficile da dire in italiano. Allora (..) andata su internet, (..) cercato nomi italiani, (..) trovato Lucia, Lucia piaceva .. Lucia».

Come hai scelto Carrara?

«Un mio professore in Cina aveva lavorato in un laboratorio di Carrara: è uno scultore. Mi ha detto: se vuoi fare scultura, Carrara è il posto migliore. Sono arrivata due estati fa».

Cosa ti ha colpito subito?

«Quella montagna, tutta bianca. Pensavo: come è possibile che ci sia la neve se è estate! Poi ho scoperto che era marmo. Carrara è una città perfetta: c'è la montagna e c'è il mare; la mia città è molto diversa: è dentro ad una montagna! Vivere qui è molto carino. Quando sei per strada puoi salutare le persone anche se non le conosci: e questo mi piace».

Dove vivi?

«Quest'anno ho avuto l'alloggio alla Casa dello Studente. Mi trovo molto bene. C'è tutto ed è tutto nuovo. C'è persino un piccolo laboratorio: è molto utile».

All’inizio è stata dura?

«È stato terribile. Al supermercato volevo comprare delle cose per lavarmi, leggevo e non capivo niente. Volevo il sapone e compravo un gel per capelli. Volevo una crema idratante e non riuscivo a dire "idratante". Avevo paura ad entrare nei negozi: non sapevo cosa dire e cosa comprare da mangiare, così andavo sempre al kebab. Per i primi due mesi ho parlato solo italiano, non conoscevo nessun cinese: così l’ho imparato. Ora ho tanti amici, mi cucino la pasta al ragù, il risotto ai frutti di mare, il cous cous; un ragazzo spagnolo mi ha insegnato a cucinare. Ora posso vivere da sola!».

Il primo anno hai vissuto in affitto? È stato difficile trovare un alloggio? Pagavi molto?

«È stato facile. In Cina ho conosciuto un italiano che parlava benissimo cinese. Era di Genova e aveva una sorella che si occupava di restauro. Lei conosceva l'Accademia di Carrara e mi ha detto un po' di cose. Io sono andata su Internet e con easycasa.it ho trovato ..casa. Una stanza in via Ghibellina. Il primo anno sono stata lì, pagavo 200 euro al mese».

Rispetto alla tua moneta, 200 euro sono tante?

«Tante, tante ... ma avevo la borsa di studio. Vivevo con due ragazze: una giapponese e l'altra coreana. Tutte asiatiche! Eravamo una Piccola Asia!».

Anche le tue compagne avevano la borsa di studio?

«No, ma giapponesi e coreani sono più ricchi dei cinesi. Tutte le cose in Giappone sono costose; sono stata in Giappone e negli alberghi le saponette sono di Shiseido! ».

Sai che gli italiani non sempre distinguono i cinesi dai giapponesi dai coreani?

«Sì, lo so (ride, ndr). Noi cinesi diciamo: il giapponese è così (tira gli angoli degli occhi all'ingiù, ndr); il cinese è così (li ritira su) e il coreano è così (tira gli angoli degli occhi all'insù). Sai che i coreani si fanno operazione agli occhi per farli tondi e avvicinarli al naso?».

Per somigliare a voi cinesi?

«No, no, no! Semmai per assomigliare a voi! Io invece vorrei il naso come il vostro. Il mio è "basso" e con la punta tonda; noi cinesi però diciamo che più è tonda la punta del tuo naso, più soldi nella vita farai; e allora ho paura che se lo cambio.. niente soldi! Il prof di plastica ornamentale mi prende in giro e mi dice: "se vuoi un naso nuovo, basta che ti metti un po' di resina..."».

La tua famiglia è in Cina: la senti spesso? Per telefono?

«Sì, la sento. Abbiamo un programma che si chiama WeChat (simile a WhatsApp per iPhone..., ndr), ma lo avete anche voi italiani. Mia mamma è passata recentemente dalla Toscana. È andata a fare un po' di business con il vino Sassicaia .. molto buono.. ».

Commercia in vini?

«No, lavora in banca. È fantastica, ha cambiato tanti lavori. Prima faceva la scrittrice. È stata anche in Africa, ha speso tutta la vita a viaggiare. Accompagnava un amico che fa il vino in Cina, cioè compra il vino in Italia e lo rivende ai cinesi».

Studio a parte, cosa fai?

«Io.. sempre studio! Scultura, anatomia, decorazione, pittura. Devo farlo per forza. Voglio diventare scultrice».

E pensi di rimanere qui e?

«Sto pensando di rimanere qui, però viaggio anche. Sono stata in Norvegia, Inghilterra, Danimarca, Germania, Spagna; ho amici sparsi ovunque. Sono stata anche in Islanda: è bello, sembra la Fine del Mondo; poca gente, tutta natura anche a Reykjavík, la gente è educata, è tutto pulito».

Carrara ti piace eppure non è una città pulita ..

«È un'altra cosa. L'Islanda è anche un po' noiosa. Vorrei un laboratorio qui e uno in Islanda: faccio avanti e indietro!».

È questo il tuo sogno?

«Sì. Voglio fare la scultrice, voglio un laboratorio qui e uno in Islanda; però è difficile, c'è la crisi, se fai un. a scultura è difficile venderla».

Vorresti scolpire il marmo? «No! Io lavoro la cartapesta. Il prossimo semestre provo con il marmo, devo provare per forza: sono a Carrara! Prima però devo fare un progetto e non viene facilmente. Con la cartapesta mi trovo meglio: se faccio un'installazione in cartapesta si vede subito che è mia, e io voglio fare la mia strada».

A febbraio la tesi e poi?

«Voglio fare una mostra. Cinque montagne (le sue sculture in cartapesta, ndr) le ho già, e quando mi viene un'idea la realizzo subito, anche se è notte. Ma è difficile; ho scritto a tante gallerie e tutti mi chiedono soldi; mi hanno chiesto 400 euro a settimana per una personale a Venezia o 60 euro, ma insieme ad altri 20 artisti! Gratis non c'è niente, ma se devo pagare, voglio una personale! Allora sai cosa faccio? Intanto partecipo ai concorsi: se vinci, vinci una mostra».

… Cioè?

«Su Internet! Cerchi "concorsi & arte & Italia" e li trovi. Devi mandare foto bozzetti, dimensioni sculture e curriculum entro una scadenza; se vinci, fai una mostra: gratis».

Ti è capitata un'esperienza che vorresti dimenticare?

«Un pomeriggio ero seduta sulla panchina di fronte all'Esselunga. Si avvicina un uomo. Tenta di tirarmi via il cellulare e mi dice: "voi cinesi state sempre al telefonino, la volete smettere?". Avevo paura, ma gli ho risposto: "Io non ti conosco, non dirmi cose razziste!". A volte sull'autobus la gente dice male dei cinesi. Sono soprattutto anziani. Senti dire: "ma quando vanno via questi cinesi? Siete ladri, rubate il lavoro e non pagate le tasse .."».

Forse il riferimento è ad alcune realtà come Prato …

«Ma i cinesi di Prato vengono tutti da una zona della Cina, Wen Zhou, che non è quella da cui provengo io! Tra loro c'è gente che pensa solo a guadagnare soldi e non manda neppure i bambini a scuola».

Vai nei ristoranti cinesi di qui?

«Ho provato, ma non mi piacciono. Cucinano con il gusto di quella zona della Cina che ti dicevo... ».

Ci dici il giorno più bello che hai trascorso a Carrara?

«Il giorno più bello è stato quando ho passato l'esame per entrare all'Accademia... però (..) tanti giorni belli. Anzi, ogni giorno qui è bello» (4 - CONTINUA)

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