Il Tirreno

A processo il compagno di Olga Kogut

di Alessandra Vivoli
A processo il compagno di Olga Kogut

Martedì prossimo il marocchino 46enne sarà davanti al giudice Cosimo Maria Ferri: è sotto accusa per aborto colposo

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CARRARA. A processo il compagno di Olga.

A più di un anno dalla morte per stenti della 31enne ucraina incinta di sette mesi trovata priva di vita nella tenda di fortuna nella zona industriale di Avenza, il prossimo martedì 5 marzo, in tribunale a Carrara, si apre il processo a carico del compagno marocchino della donna, il 46enne Oumallah Khalill. Proprio lui che la mattina del 26 febbraio aveva inforcato la bicicletta ed era corso ad avvisare i carabinieri, non appena si era accorto che la sua compagna non rispondeva più, si trova ora a dover rispondere dell’accusa di aborto colposo.

Il capo di imputazione. Il compagno di Olga, padre del bambino che la donna portava in grembo, dovrà difendersi dall’accusa di aborto colposo: per aver cagionato, cioè, e per colpa, l’interruzione di gravidanza della giovane donna ucraina.

Secondo l’accusa il marocchino avrebbe omesso di chiedere assistenza agli organi preposti per la medesima gravidanza da lui stesso provocata. Omettendo, così recita il capo di accusa, qualunque intervento nonostante le precarie condizioni di vita (in una tenda di fortuna, al freddo, con un materasso sporco a fare da letto) e in relazione anche ai controlli medici necessari per la gravidanza.

Sempre secondo l’accusa quindi l’interruzione della gravidanza si sarebbe verificata a seguito della morte della donna, proprio in ragione degli stenti subiti.

Il marocchino, è bene precisarlo, non è sotto accusa per la morte della compagna, per lui, infatti, non si è profilata l’accusa di omicidio. Ed è per questo motivo, per avere cioè provocato per colpa l’interruzione della gravidanza, che il marocchino Oumallah Khalill martedì prossimo sarà davanti al giudice Ferri per essere processato.

L’uomo è assistito dall’avvocato Michela Gatti, del foro di Massa.

L’avvocato difensore: è un’ accusa di povertà. L’avvocato Michela Gatti prepara la prima udienza del processo a carico del suo assistito, il compagno di Olga, non entra nel merito della sua linea difensiva.

E fa solo un commento: «Più che parlare di una guerra alla miseria è corretto parlare di “imputazione di povertà” - spiega - Certo non è solo quello, il capo di imputazione tecnicamente è più complesso ma nella sostanza è questo».

Insomma un processo che si annuncia molto delicato come la stessa vicenda che ha avuto come protagonista e vittima Olga Kogut.

La vicenda. Olga Kogut venne ritrovata priva di vita la mattina del 26 febbraio, adagiata in un materasso sporco, in una tenda di fortuna lungo la ferrovia di Nazzano, a pochi metri dalla trafficatissima Aurelia.

La donna si era coricata la sera prima con il compagno, che aveva conosciuto alla mensa della Caritas a Marina di Carrara, ma la mattina non si era più svegliata.

A nulla sono valsi i soccorsi che si è preoccupato di chiamare proprio il compagno della donna: Olga, con la creatura che portava in grembo da sette mesi, all’arrivo dell’ambulanza era ormai deceduta per un arresto cardiocircolatorio.

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