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La sentenza

Lucca, bimba nata con disabilità cerebrale: nessuna responsabilità medica

di Pietro Barghigiani
Lucca, bimba nata con disabilità cerebrale: nessuna responsabilità medica

Respinta dai giudici la richiesta danni da 4 milioni di euro presentata da genitori e sorella

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LUCCA. Un parto segnato dal dolore per una bimba nata con una disabilità gravissima e senza ritorno. Una storia che diventa causa giudiziaria per chiedere un risarcimento danni milionario. In primo grado non era stato accertato a carico dei sanitari una negligenza piena nel nesso causale tra ritardo di esami e cesareo e invalidità della neonata.

“Solo” sofferenze provvisorie per la piccina poi risolte e che il Tribunale aveva tradotto in una somma per la mamma di poco più di 13mila euro per «carente assistenza alla gestante». Il danno vero, quello che ha condannato la bimba che ora ha più di 20 anni, è rimasto senza colpevoli. Nel limbo dell’imprevedibilità e del destino. Il cordone ombelicale stretto attorno al collo non venne visto in tempo e quello che ne derivò è diventato lo strazio di una famiglia che durerà in eterno. Dopo aver impugnato la sentenza di primo grado, contestando la responsabilità dei sanitari dell’ospedale, genitori e sorella della piccola si sono visti respingere la richiesta danni dalla Corte d’Appello. La richiesta sfiorava i 4 milioni di euro. Le consulenze mediche sono state diverse e dettagliate da tutti i fronti schierati in aula, ma non si è raggiunta – per i giudici – la prova che l’ipossia sia stata provocata da errori in sala parto e, soprattutto, nelle valutazioni precedenti, dal tracciato cardiotocografico alla decisione di procedere senza indugio con il cesareo. Lo fecero, ma ormai il disastro era compiuto.

All’esito dei chiarimenti chiesti dalla Corte d’Appello, il collegio peritale ha ribadito, ma anche meglio spiegato, «il proprio giudizio di insuperabile incertezza eventistica, e concluso che “l’eziopatogenesi del danno della giovane non permette ai sottoscritti, alla luce delle evidenze scientifiche e documentali in atti, di asserire con il noto criterio probabilistico che l’effettuazione del tracciato e del parto  non avrebbe portato a degli esiti diversi rispetto a quelli odierni; tale rapporto di causa effetto può essere unicamente di tipo possibilistico motivo per cui i sottoscritti hanno trattato in merito a chances medio- elevate di ottenere degli esiti migliori che la condotta conforme dell’odierna appellata avrebbe sottratto alla giovane».

Anche se i giudici non contestano ai sanitari lucchesi la responsabilità di una bimba costretta all’invalidità permanente, l’operato non viene elogiato. Anzi. La consulenza «ha altresì evidenziato la malpractice (negligenza, ndr) da parte dei sanitari lucchesi, sia per non aver sottoposto la gestante ad un monitoraggio cardiotocografia per almeno 20 minuti , come sarebbe stato doveroso in caso di riduzione o assenza di percezione dei Maf (movimenti attivi fetali, ndr) , sia per aver ritardato  l’espletamento del parto di circa tre ore». Ma per il danno irreversibile non è stato possibile attribuire una responsabilità certa. Ancora la sentenza: «Tuttavia, al contempo, i consulenti hanno sottolineato come non sia possibile definire con assoluta precisione la tempistica di insorgenza dell’insulto ipossico-ischemico, né la durata dell’insulto medesimo, né l’intensità dello stesso e la sua durevolezza nel tempo, ed affermato che se il contegno dei sanitari aveva determinato la perdita di chances per la neonata di nascere sana o comunque con lesioni inferiori a quelle riportate, non era invece possibile affermare che avesse causato tali lesioni o parte di esse». E anche sulla perdita di chance il no dell’appello viene motivato con richiesta «nuova e, come tale, è inammissibile, la domanda degli appellanti di risarcimento del danno da perdita di chance, diversa da quella originariamente da loro proposta, di risarcimento del pregiudizio derivante dal non aver i sanitari impedito, attraverso un tempestivo cesareo ed adeguate cure, che si verificassero le gravi menomazioni patite»l


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