Ricci-LL, un amore infinito
Cinque mesi dopo l’addio, Amos torna a parlare. «Squadra e tifosi si salveranno insieme La PL? Ho visto poca coesione di squadra ma il tempo e Zahariev possono cambiare tutto»
LIVORNO. Nomen omen. Nel suo nome c’è il suo destino. Amos in ebraico significa’forte’e Amos Ricci è un uomo forte. Come inossidabile è il legame che ha instaurato la città e con la Libertas di cui è stato simbolo e bandiera per quattro anni. E – per allitterazione – Forti, nel senso di Francesco, con cui ha condiviso l’epopea libertassina è un fratello. Si sono incontrati due domeniche fa a Piombino. Checco in gialloblù piombinese, lui con la maglia della Juve Caserta. Un abbraccio come si fa con i fratelli che non si vedono da un pezzo, poi ognuno per la propria strada. Cinque mesi dopo la promozione e l’addio alla maglia amaranto, il’12persempre’torna a parlare. Lo fa senza acrimonia, ma con amore.
Amos, come sta?
«Sto abbastanza bene anche se da un paio di settimane ho accusato una infiammazione fisiologica alla caviglia operata la scorsa estate: prevedibile nel momento in cui abbiamo fatto 5 partite in 14 giorni».
Già: la caviglia si girò nel derby dell’8 gennaio, ma lei rientrò e non esitò a buttarsi su una palla vagante…
«Sì. Io sono fatto così. Ad esempio, nonostante l’infiammazione sono felice di aver giocato tutte le partite di queste due settimane. Non ne ho saltata neanche una e per questo ringrazio il mio preparatore e tutto lo staff medico e sanitario di Caserta che è stato super. Ovviamente non sono ancora nel pieno della forma avendo perché ricominciato ad allenarmi con la squadra una settimana prima dell’inizio del campionato per cui è come se fossi alla fine della preparazione soltanto adesso».
Quattro anni di Libertas, di un’intensità pazzesca finiti a giugno. Dove ha trovato le motivazioni per ripartire?
«A dire la verità non è stato semplicissimo è come una storia d’amore che termina dopo quattro anni quindi potete immaginare quale fosse il mio stato d’animo in quei giorni. Poi mi sono rimesso sul mercato nella consapevolezza che Livorno è stata la mia casa, la mia gente. Come sono ripartito? Entrando subito in sintonia con il nuovo ambiente e con i nuovi compagni di squadra».
Nel frattempo, ha trovato il tempo per laurearsi…
«Sì, è vero. Mi sono laureato in “Gestione d’impresa” ramo marketing e vendite pensando possa tornarmi utile in un futuro post pallacanestro. Ho studiato nei momenti in cui non ero in un campo da basket. Sicuramente ci vuole tanto impegno e dedizione e non è stato semplicissimo. Nel 2024 ho raggiunto anche questo traguardo».
Oltre alla promozione in A2. La sua foto profilo whatsapp è quella del post-partita di Roseto. Sigaro in bocca, retina attorno al collo e Coppa in mano…
«La foto profilo la cambio al prossimo campionato. A parte gli scherzi. È un’immagine a cui tengo tantissimo. È il riassunto di quattro anni di impegno e dedizione, di amore per la maglia. È anche la foto simbolo del mio legame con la città di Livorno che è fortissimo. Ogni giorno ricevo tantissimi messaggi dai tifosi e ho tanti amici che sento spesso. Il mio futuro a Livorno? Può essere. ..».
Immaginiamo che segua la Libertas. Salvezza alla portata?
«Il risultato della Libertas è il primo che guardo appena rientro nello spogliatoio alla fine della nostra partita e se ho tempo mi riguardo anche qualche gara degli amaranto. La squadra a me piace molto e può regalare tante emozioni ai tifosi come ha già dimostrato vincendo a Forlì e giocandosele in casa con le big come Rimini e Cantù. Penso e spero con tutto il cuore che con l’aiuto dei tifosi possa farcela. C’è lo zoccolo duro di questi anni (Fantoni, Fratto, Bargnesi, Tozzi, Allinei, Buca) su cui sono stati innestati gli americani e giocatori di esperienza come Italiano e Filloy. Sì, dai: si può fare».
Ed ora Caserta, piazza storica, dove nessuno ha dimenticato gli’Scugnizzi’tricolore…
«Sì, qui c’è grande tradizione. La piazza è meravigliosa. Si assomiglia con Livorno. Quanto alla stagione, siamo stati sfortunati a inizio campionato perché siamo stati tartassati dagli infortuni. Così non siamo riusciti a trovare la quadra anche perché il gruppo è completamente nuovo. Morale: siamo partiti malissimo. Adesso però ci stiamo riprendendo e sono certo che a lungo andare possiamo fare bene e dire la nostra in questo campionato».
Tra i suoi compagni di squadra ci sono gli ex Pielle Diouf e Laganà: profumo di derby?
«L’anno scorso eravamo avversari e non li conoscevo di persona. Ora posso dire che Laganà e Diouf sono due ragazzi super e sono contento di giocare insieme a loro. Ma i due derby che hanno perso i glieli ho fatti pesare...».
Domenica scorsa avete affrontato proprio la PL. Che impressione le ha fatto. Ha le carte in regola per il salto a fine campionato?
«Sinceramente non mi hanno fatto un’ottima impressione. È chiaro che a loro manca Zahariev perché lui è un giocatore di un’altra categoria. Però alla squadra di Campanella non mancano giocatori di personalità: penso a Leonzio, Bonacini, ma pure Venucci e altri. La sensazione che ho avuto, però, è stata di scarsa coesione di squadra. Di certo su questo influisce il fatto che la Pielle, come noi, ha un gruppo di giocatori completamente nuovo per cui avranno bisogno di tempo per ingranare. Di una cosa sono certo: se trovano il giusto equilibrio possono dare fastidio a tutte per il salto in A2».
Tra questa B e quella dell’anno scorso che differenza c’è?
«Quest’anno il girone è molto più difficile della scorsa stagione perché ci sono squadre super attrezzate e non ce n’è una scarsa. In più mettiamoci che dopo due mesi abbiamo già disputato 4 turni infrasettimanali: roba da pazzi. Sicuramente le società hanno investito di più e sono scesi molti giocatori dalla A2. Insomma: ogni domenica è un inferno».