Disagi da eccitazione persistente: tre casi all’ospedale di Livorno. La sessuologa: «Disturbo vissuto ancora come un tabù»
Alessandra Graziottin: «È una sindrome più diffusa di quanto si pensi: è importante individuare i sintomi con un’anamnesi corretta»
LIVORNO. «È uno dei disturbi più invalidanti e soprattutto inconfessabili per le donne». Alessandra Graziottin, specialista in ginecologia e sessuologia, da anni si batte perché la sindrome dell’eccitazione genitale persistente non sia più un tabù.
E, per questo, il tema è stato al centro del congresso “Intelligenza biologica, intelligenza neurologica, intelligenza artificiale. Una triplice alleanza, al servizio di una Ginecologia e Ostetricia d’avanguardia” diretto da Sergio Abate, primario di Ginecologia e Ostetricia degli Spedali Riuniti. Che spiega: «Di recente abbiamo avuto tre casi all’ospedale di Livorno – evidenzia il primario – . Questo per far comprendere che si tratta di una sindrome molto più frequente di quanto si pensi: spesso è considerato un tabù dalle donne che si vergognano e quindi tengono il disagio per sé, nascondendolo agli altri, spesso anche al ginecologo, per paura di essere etichettate come ninfomani».
Cos’è
Ma cosa si intende per sindrome dell’ eccitazione genitale persistente? La sessuologa Graziottin lo chiarisce subito: «Non c’entra niente con la ninfomania, anzi. È una condizione di disagio enorme che si manifesta con congestione, pulsazioni e una lubrificazione vaginale spontanea, intrusiva e non gradita. In sostanza, l’eccitazione compare in totale assenza di desiderio e di interesse sessuale. Il disagio può persistere per ore o giorni ed è causa di notevole stress personale, con difficoltà nella vita quotidiana familiare e professionale».
Le cause
E le cause che provocano l’eccitazione involontaria – evidenzia Graziottin – possono essere le più diverse e in parte sono ancora sconosciute. «Il disturbo può essere innescato da un eccesso di farmaci con attività androgenica, ossia maschile, oppure può essere associato a epilessia o a danni ischemici cerebrali; o, ancora, a lesioni vascolari a livello genitale – prosegue – . Per questo la diagnosi precoce è essenziale per riconoscere le cause più impegnative e curarle bene. Dal punto di vista diagnostico sono fondamentali un’anamnesi clinica dettagliata, con una visita generale e ginecologica molto accurata».
Come ridurre il disagio
E in attesa di definire la terapia più corretta, la ginecologa mette in luce alcuni semplici accorgimenti che possono attenuare il problema. «È fondamentale mantenere stili di vita sani, riducendo il più possibile lo stress – spiega Graziottin -, evitare sostanze eccitanti; praticare lo yoga o il training respiratorio di rilassamento, per abbassare l’ansia e la tensione e non tenere le gambe accavallate, perché questa posizione può aumentare la pressione genitale. È importante parlarne e portare a conoscenza dei colleghi che esiste questa sindrome. Il nostro è un invito a indagare un po’ di più qualora ci siano delle pazienti che lasciano intravedere questo disagio. Il nostro compito è anche quello di scoprire quello che la donna non dice per pudore, imbarazzo o paura di essere etichettata come ninfomane. Il nostro compito è ascoltare le pazienti e, in questa direzione, l’anamnesi ricopre un ruolo centrale».