Il cuore rivoluzionato a Livorno, impiantato il pacemaker senza fili tra i primi in Italia
Un dispositivo miniaturizzato che cambia le regole degli impianti cardiaci, riducendo rischi e tempi di recupero
LIVORNO. Impiantato all’ospedale di Livorno il primo pacemaker bicamerale “leadless” (detto anche senza fili, cioè senza elettrocateteri). Si tratta di uno dei primi impianti eseguiti in Toscana dopo l’approvazione Europea e fra i primi in Italia.
La cardiologia ed in particolare l’ambito dell’aritmologia interventistica (elettrofisiologia-cardiostimolazione) stanno vivendo una rivoluzione esponenziale, grazie all’innovazione tecnologica, che consente procedure sempre meno invasive e dispositivi impiantabili sempre più sofisticati, miniaturizzati e connessi.
Cosa cambia rispetto ai pacemaker tradizionali
«I pace-maker tradizionali - racconta la dottoressa Enrica Talini - sono composti dal generatore che viene collegato ad uno o più elettrocateteri a seconda delle esigenze specifiche del paziente e, attraverso le vene del torace, arrivano alle cavità cardiache dove vengono ancorati per generare l’impulso elettrico. A differenza di questo sistema di elettrostimolazione, il sistema di pacemaker leadless è un dispositivo miniaturizzato (10 volte più piccolo del tradizionale) che viene posizionato ed ancorato direttamente dentro le cavità cardiache, senza nessuna residua comunicazione con l’esterno, capace di generare e trasmettere l’impulso al tessuto cardiaco».
«I pace maker senza fili esistono da diversi anni - afferma la dottoressa Federica Lapira - e vengono impiantati su pazienti selezionati ma sono stati fino ad ora dispositivi leadless monocamerali (singoli pace-maker senza fili alloggiati nel ventricolo destro)».
Qual è la novità
Il rivoluzionario pace-maker bicamerale senza fili, unico attualmente sul mercato e denominato AVEIR DR, grazie ad un salto ingegneristico sensazionale è la combinazione di due diversi e singoli leadless capaci di comunicare “wireless” tra loro e coordinarsi per garantire la sincronia cardiaca. Rispetto all’analogo dispositivo monocamerale (che consente di trattare solo il 20% dei pazienti) questo nuovo dispositivo consente di ampliare il numero dei pazienti. La procedura di impianto consiste nel posizionare direttamente il pace-maker all’interno delle camere cardiache, attraverso un sistema di introduzione dedicato, con semplice puntura di accesso venoso femorale.
Intervento meno invasivo
Questo rende l’intervento minimamente invasivo, con un periodo di recupero post-operatorio meno restrittivo e più breve, non comporta cicatrici e la creazione di una tasca visibile a toracico, ma soprattutto riduce drasticamente i potenziali rischi di infezioni che tutte le protesi sottocutanee presentano. Il crescente incremento dell’aspettativa di vita, e con esso della prevalenza di malattie croniche, hanno favorito un progressivo aumento delle aritmie cardiache, che sono fra le cause più frequenti di mortalità, accessi al pronto soccorso e ricoveri.
«L’impianto di un pacemaker – spiega Emilio Pasanisi, direttore della cardiologia livornese - si rende necessario quando, a causa del rallentamento del battito cardiaco (bradiaritmia), il cuore non riesce più a sopperire alle richieste dell’organismo generando seri problemi di salute. Si consideri che In Italia si effettuano oltre 50 mila impianti di pacemaker ogni anno, in media 137 al giorno, con una crescita superiore al 30% negli ultimi 15 anni. L’impianto di dispositivi all’avanguardia leadless per il momento è riservato a pazienti selezionati, che non hanno accessi venosi percorribili per il passaggio degli elettrocateteri oppure che presentano alto rischio infettivo per varie patologie presenti. I pacemaker tradizionali per la loro collaudata lunga durata ed il costo più contenuto, rappresentano ancora il trattamento standard di pazienti con alterazioni del ritmo cardiaco, ma la tecnologia avanza a passi da gigante ed in futuro garantirà procedure sempre più sofisticate, a minor impatto e miglior outcome in generale».