Livorno, l’affittuaria fa danni alla sua casa e lui la sfratta: condannato a pagarle 23mila euro
Il proprietario dell'appartamento di Vicarello, un ottantenne del posto, secondo il tribunale ha sbagliato la disdetta anticipata. Ora dovrà risarcirla per un equivalente di tre anni di canone, praticamente più di quanto ha guadagnato col contratto quattro più quattro concluso anticipatamente
COLLESALVETTI. Ha affittato la sua casa a una donna, ma dopo aver ottenuto lo sfratto per una serie di danni provocati all’immobile ora dovrà pagarle 23.400 euro a causa di un errore. È la disavventura capitata a un pensionato ottantenne di Vicarello, nel comune di Collesalvetti, dove si trova l’appartamento. L’anziano, per mettere a reddito la sua proprietà, nel 2015 aveva deciso di affittarla all’inquilina, una donna di 59 anni, per 650 euro al mese. Un regolare contratto di quattro anni più quattro, dal primo giugno del 2015 al 31 maggio del 2019, concluso con lo sfratto esecutivo e una doppia causa al tribunale civile, uno contro l’altra, che ha visto il pensionato ottenere un magro risarcimento per i danni subiti (5.020 euro più Iva), ma soprattutto l’affittuaria, a causa «dell’illegittimità della disdetta del contratto», portarsi a casa 23.400 euro (l’equivalente di tre anni di affitto) di indennizzo.
Lo sfratto
L’ottantenne si era rivolto alla giustizia perché la donna non avrebbe provveduto «all’ordinaria manutenzione dell’immobile e degli impianti concessi in locazione omettendo, ripetutamente e volontariamente, di informare il proprietario della necessità di intervenire sull’immobile per riparazioni di straordinaria manutenzione, con la conseguenza che il proprietario non è stato messo a conoscenza di eventuali problematiche straordinarie, oppure ne veniva messo a conoscenza da terzi e in ritardo, con conseguente aggravio dei danni e delle spese». Per questo, il 25 settembre del 2018, inviandole una raccomandata l’ha invitata a liberare l’immobile alla prima scadenza del contratto, quelle dei quattro anni, «entro e non oltre il 31 maggio del 2019». La donna, tuttavia, ha lasciato l’appartamento solamente dopo lo sfratto esecutivo del tribunale, il 4 settembre successivo. È a questo punto che l’anziano, rientrando a casa sua dopo oltre quattro anni, la trova «in pessime condizioni di conservazione e manutenzione», si legge negli atti.
I danni
I danni, dal consulente tecnico d’ufficio del tribunale, vengono quantificati in 12.038,30 euro, ma a questi se ne devono sommare altri 350 per smontare alcune strutture in cartongesso. La giudice Simona Capurso, nella sua sentenza, ha però quantificato i danni riconducibili all’affittuaria in 5.020 euro (più 350 per lo smontaggio delle strutture). Addebitandole, in particolare, «la tinteggiatura di tutto l’appartamento, lo smontaggio e il rimontaggio delle porte interne bisognose di manutenzione, le sostituzioni del tappo della cassetta di scarico, della cabina doccia e degli elementi lignei di un armadio». Per questo, la cinquantanovenne, è stata condannata a risarcire il proprietario per 3.720 euro, un importo più basso rispetto all’originale, ma solo perché quest’ultimo aveva trattenuto la cauzione, pari a 1.300 euro, senza restituirgliela dopo il rilascio dell’immobile.
La batosta
Ma la vicenda non finisce qui. La donna, nell’ambito della stessa causa civile, ha citato in giudizio il pensionato per un errore in merito alla disdetta anticipata del contratto. E ha avuto ragione. Ogni proprietario, infatti, quando vuole rientrare in possesso del proprio immobile nella disdetta deve sempre indicarne il motivo, il quale deve rientrare in un perimetro ben preciso delineato da una legge, la 431 del 1998: destinarlo, ad esempio, al coniuge, a un genitore, a un figlio o a un parente entro il secondo grado, ristrutturarlo se gravemente danneggiato o venderlo a terzi, ma solo nel caso in cui non abbia altre case di proprietà, altrimenti la disdetta è nulla. «Nel caso in esame – scrive la giudice – la comunicazione inviata non può dirsi priva del requisito della specificità, avendo il locatore rappresentato che la volontà di non rinnovare il contratto alla scadenza del primo quadriennio era legata a esigenze abitative proprie». Tuttavia «non ha dato prova di aver adibito l’immobile alla destinazione per la quale aveva esercitato la facoltà, né ha dimostrato di non averlo fatto per causa a lui non imputabile». Per questo, oltre ai danni, la beffa: dovrà risarcirla per l’equivalente di tre anni affitto. Molto più, tenendo conto delle tasse, di quando ha incassato nel corso del quinquennio.