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L’intervista

Screening, in 3 casi su 100 è un tumore: «Ecco perché la prevenzione è tutto»

di Martina Trivigno
Lidia Di Stefano La direttrice dell’Unità operativa complessa Screening aziendali per l’Asl Toscana nord ovest
Lidia Di Stefano La direttrice dell’Unità operativa complessa Screening aziendali per l’Asl Toscana nord ovest

Livorno, la dottoressa Lidia Di Stefano: «L’adesione delle donne livornesi alle mammografie è molto alta»

13 ottobre 2024
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LIVORNO. «Su 100 screening positivi, sia per la mammella, il colon-retto o la cervice uterina, soltanto un 2-4% è un tumore. Ma il vero obiettivo degli screening oncologici è scovare lesioni precancerose silenti di cui il cittadino ignora l’esistenza per eliminarle sul nascere, evitando che si trasformino in forme tumorali». Per Lidia Di Stefano, direttrice dell’Unità operativa complessa Screening aziendali per l’Asl Toscana nord ovest, la guardia deve sempre restare alta, mettendo la prevenzione al centro. Un messaggio che la dottoressa ribadisce proprio oggi che, in Italia, ricorre la quinta giornata nazionale dedicata al tumore al seno metastatico.

Dottoressa, partiamo dall’inizio: cosa rappresentano gli screening oncologici?

«È innanzitutto fondamentale far capire ai cittadini che lo screening offre un percorso di salute. È un modo per preservare il nostro benessere: le persone sane vengono invitate, dando loro una data, un luogo e un orario. Al resto pensiamo noi».

Qual è il vostro compito?

«Individuare chi, pur in mancanza di sintomi, già “cova” qualcosa che un domani potrebbe degenerare, evolvendo in un tumore».

Con quali risultati?

«Nel caso del tumore alla mammella, ad esempio, la sopravvivenza è migliorata: si fanno sempre meno mastectomie perché gli studi e la ricerca stanno progredendo. L’individuazione precoce di un nodulo in corso di mammografia di screening consente di fare interventi minimi per rimuoverlo. Per questo riuscire a intercettare le lesioni precancerose è fondamentale per preservare organi che un tempo venivano rimossi stante la diagnosi tardiva».

E che dire dell’adesione alle campagne di screening?

«La popolazione livornese è tra quelle che rispondono maggiormente allo screening mammografico. In linea di principio, possiamo dire che sul fronte degli screening mammografici l’adesione nel territorio dell’Asl Toscana nord ovest è in media del 75%-80%, per il colon-retto del 35-40% e per la cervice uterina del 55-60%».

Si potrebbe fare di più?

«È fondamentale credere nella prevenzione perché lo screening ci salva da situazioni spesso invalidanti. I test sono tutti gratuiti, laddove i cittadini invitati avessero problemi possono tranquillamente spostare l’appuntamento chiamando il call center dedicato (0585 498004) attivo tutte le mattine dal lunedì al venerdì. Infine, chi aderisce allo screening può usufruire della giornata libera al lavoro grazie all’attestato che, se richiesto, viene consegnato. Insomma, ci sono tutti i vantaggi ad aderire a una campagna di screening».

E quella percentuale che non aderisce a cosa può essere ricondotta?

«Molte persone hanno paura, del risultato o della tipologia di esame di approfondimento da fare. È opportuno precisare che essere positivo a un test di screening non significa necessariamente avere il tumore ma soltanto che quella situazione deve essere attenzionata. E infatti, durante gli approfondimenti, nella metà dei casi vengono trovate lesioni precancerose che è bene togliere. La paura è accentuata, ad esempio, per lo screening colon retto che fa registrare la più bassa adesione non solo da noi ma su tutto il territorio nazionale. Tanti cittadini non fanno lo screening perché hanno paura di fare la colonscopia».

Come mai?

«Sono preoccupati per la preparazione e per il fatto di sentire dolore. A questo proposito è importante far sapere ai cittadini che nell’Asl nord ovest abbiamo attivato un percorso diagnostico terapeutico assistenziale che prevede di offrire a tutti la possibilità di fare la colonscopia in sedoanalgesia procedurale: in pratica vengono somministrati dei farmaci per cui il paziente non sente dolore».

E sul fronte dell’età?

«Lo screening va indirizzato a un target di popolazione che è quella che, da dati epidemiologici, maggiormente sviluppano un determinato tipo di tumore. L’età è quella stabilita a livello nazionale con alcune variabili. Il tumore della mammella come screening è offerto a livello nazionale alle donne tra i 50 e i 69 anni. In Toscana abbiamo fatto di più: c’è una delibera del 2016 che ha previsto un ampliamento di queste fasce di età. Noi abbiamo iniziato da un paio di anni a chiamare ogni anno le donne dai 45 ai 49 anni, e abbiamo iniziato a invitare anche le donne dai 70 a 74 che si aggiungono alla cosiddetta fascia storica delle donne dai 50 ai 69 a cui offriamo la mammografia ogni due anni».

Come aiutate la sensibilizzazione alla prevenzione?

«Cogliamo tutte le occasioni utili per parlare ai cittadini degli screening. Il 30 ottobre faremo un open day negli ospedali e in alcune sedi territoriali per fare informazione mirata sulla loro importanza».

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