Il caso
Livorno, il medico arrestato chiede di essere interrogato: «Non c’è mai stata violenza sessuale»
L’avvocato difensore, Renato Luparini: «Attenzione a trasformarlo in un mostro. Si tratta di visite risalenti a 5 e 10 anni fa che possono aver alimentato malintesi»
LIVORNO. Sereno, seppur provato dalle accuse gravissime che lo hanno raggiunto. Pronto a fornire alla magistratura «tutte le risposte».
Il dottor Claudio Pantini, 62 anni, medico del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale, agli arresti domiciliari dal 10 agosto in regime di custodia cautelare e interdetto per un anno dalla professione dopo le denunce per violenza sessuale che alcuni pazienti gli hanno mosso, respinge ogni addebito.
L’infettivologo – che in prima istanza si era avvalso della facoltà di non rispondere – parla attraverso il suo legale, l’avvocato livornese Renato Luparini.
Avvocato, perché la decisione di non rispondere al magistrato?
«Il mio assistito è stato improvvisamente informato il 10 agosto. Le accuse e il provvedimento cautelare lo hanno colto di sorpresa. Due giorni dopo si è trovato a rispondere all’interrogatorio in merito al materiale contenuto nell’ordinanza. Con me ha deciso di prendere tempo davanti al gip – il quale tra l’altro ha ammorbidito la misura cautelare – in modo da studiare le carte per poi essere sentito dalla magistratura».
È passato un mese da allora.
«In questo periodo abbiamo fatto uno studio attento. Il dottor Pantini ha ricostruito come un biografo di se stesso ciò che è successo e adesso è in grado di spiegare, motivare e chiarire. Nei prossimi giorni la magistratura ci ascolterà».
Che cosa direte?
«Il mio assistito ha la serenità di poter dimostrare la sua totale estraneità rispetto alle accuse, chiarire ciò che è successo, situazioni che possono aver dato adito a malintesi».
Le accuse sono gravi: violenza sessuale sui pazienti. E la misura dell’arresto, seppur ai domiciliari, è significativa.
«Se qualcuno segnala degli episodi come è accaduto, è normale che la magistratura provveda alle misure cautelari. Ma siamo nella fase delle indagini. Pantini visita tremila persone l’anno, qualcuno che può manifestare esposti può esserci statisticamente davanti a così tanti pazienti. È giusto e doveroso approfondire, non è un elemento che deve scandalizzare, ma queste narrazioni sono tutte da verificare e riscontrare. Quando il dottore parlerà siamo convinti che il quadro potrà cambiare, per questo credo sia opportuno avere la massima cautela, e ancor di più lo dico dopo aver studiato gli atti».
Parlava di malintesi: come è possibile quando si parla di violenza sessuale?
«Intanto va chiarito che non siamo nell’ambito della violenza sessuale classica. Le accuse provengono da soggetti maggiorenni che a distanza di anni non hanno riferito “assalti” ma solo situazioni in cui a loro dire hanno vissuto un certo tipo di disagio. Ecco, rispetto alle segnalazioni fatte, Pantini ha elementi oggettivi per chiarire che i suoi comportamenti sono stati corretti nell’ambito professionale».
Dunque quella che è stata vissuta come violenza da parte dei pazienti rientrerebbe invece in una normale attività diagnostica?
«Ci sono medici che operano in alcuni ambiti del corpo, ci sono specializzazioni che necessariamente vanno a incidere su sfere più delicate. Malattie infettive è una di queste. Nell’ambito di questo tipo relazione medico-paziente a distanza di tempo qualcuno ha segnalato comportamenti a suo dire anomali, ma non basati sull’elemento della violenza, ma sull’elemento della soggezione, della sudditanza psicologica».
Ha detto che le denunce sono arrivate a distanza di tempo. Gli episodi quando sarebbero avvenuti?
«Non si parla di fatti avvenuti ieri, ma diverso tempo fa, anche cinque o dieci anni fa. È normale che la magistratura indaghi poiché finché non sono fatti caduti in prescrizione sono rilevanti, ma chi deve difendersi da un’accusa può avere difficoltà a farlo».
Cinque o dieci anni sono tanti. Perché le denunce sono arrivate ora?
«Sono episodi che sono stati letti retrospettivamente da questi pazienti. Che non hanno nozioni specifiche in ambiti medici e non contestano comportamenti violenti ma invasivi della sfera sessuale, a loro avviso non giustificati da ragioni di cura e peraltro non segnalati nell’immediatezza ma percepiti e riferiti a distanza di tempo. Episodi di asserito timore reverenziale più che di violenza vera e propria».
Pantini si ricorda di quei casi avvenuti così tanto tempo fa?
«Chi viene fatto oggetto di quel tipo di narrazione deve ricordarsi cosa accadde. È un flash back impegnativo. Ripeto, siamo in presenza di un medico che visita tremila persone l’anno e deve fare uno sforzo mnemonico importante. Menomale che è un professionista serio e scrupoloso e ha memoria».
A Malattie Infettive dove lavorava dal 2003, pur non entrando nel merito dei fatti, descrivono Pantini come un medico molto apprezzato.
«Le accuse andranno approfondite rispetto a una persona che ha 62 anni di vita da incensurato, ma anche 30 anni di esperienza come medico nelle strutture pubbliche dove si è distinto per dedizione, impegno e serietà come i suoi colleghi di reparto. Se ci sono state lettere di protesta esaminate dalla magistratura, ci sono anche tantissime persone che hanno espresso riconoscenza e stima verso il dottor Pantini. È sgradevole che questo episodio da chiarire rischi di prevalere su una persona che per un trentennio è sempre stata disponibile a curare persone e far di tutto per guarirle anche in momenti di grande difficoltà, come nel periodo del Covid ad esempio».
Il sindacato dei medici ospedalieri ha usato parole molto dure verso il suo assistito, parlando – se le accuse fossero confermate – di tradimento dell’etica medica e di radiazione.
«Sottolinerei il fattore “se”. Dispiace che l’esposizione mediatica che c’è stata – dovuta al provvedimento – rischi di fare ombra su una persona che ha tutto il diritto di essere considerata innocente e che fa un lavoro esposto: chi lavora in quel reparto, dove si curano malattie infettive e veneree anche gravi, ha quotidianamente contatti con un’utenza che ha vissuti di un certo tipo. Si tratta di medici del servizio pubblico, che non scelgono i pazienti. Anche per la legge dei grandi numeri non è detto che i pazienti che hanno fatto gli esposti dicano la verità, possono anche riferire un’impressione soggettiva che va verificata su parametri oggettivi. Attenzione, insomma, a valutare le accuse. Si rischia che uno stimato medico venga messo alla gogna come una specie di mostro che non è. Pantini è pronto a chiarire e dar conto del suo comportamento».
Sta dicendo che certe professioni, come quella del medico, in particolare in certe specialistiche, aprono a questi rischi?
«È un tipo di situazione che potrebbe capitare a qualsiasi medico in certi ambiti. Stiamo facendo luce su episodi che si svolgono in un ambiente che espone il medico a questo tipo di rischi quando deve necessariamente visitare certe persone, in alcuni distretti del corpo e deve entrare in ambiti della vita delle persone che in altri settori non avrebbero rilevanza. Sono terreni dove è facile prendere abbagli, che qualcuno possa equivocare alcuni comportamenti».