Livorno, terremoto giudiziario intorno al Grand Hotel Palazzo: «Peiani è la mente del sistema criminale»
L’accusa è di associazione a delinquere per reati tributari Sequestri per oltre 10 milioni, sigilli a conti e auto di lusso
LIVORNO. Un’inchiesta nata all’ombra di quel lussuoso hotel che si affaccia sul lungomare di Livorno, poco distante dalla Terrazza Mascagni. Lo stile Liberty, la piscina a sfioro vista mare, il centro benessere. E, ora, la metà delle quote del Grand Hotel Palazzo – quelle che fanno capo all’imprenditore livornese Mirco Peiani, 58 anni da compiere, accusato di associazione per delinquere finalizzata al compimento di reati tributari, fallimentari e autoriciclaggio – è stata sequestrata.
I finanzieri del Comando provinciale di Livorno, guidato dal colonnello Cesare Antuofermo e coordinati dalla pubblico ministero Sabrina Carmazzi, hanno dato esecuzione al provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari Marco Sacquegna con cui ha disposto il sequestro preventivo di beni immobili e mobili per un valore totale di 10, 8 milioni di euro.
In particolare sono stati messi i sigilli a una Porsche Panamera e ad una moto Harley Davidson oltre a 10 immobili (residenziali e alcuni anche commerciali) e un milione di euro su vari conti correnti. Il Tirreno ha provato più volte a contattare ieri Peiani per riportare la sua versione dei fatti, ma l’interessato non ha mai risposto.
Il meccanismo
La guardia di finanza parla di «sodalizio criminale che attraverso un meccanismo di interposizione fittizia ha fatto gravare su alcune società (dichiarate fallite) ingenti debiti verso l’erario». Secondo quanto emerso dalle indagini, alcune fatture venivano emesse quando i contratti d’appalto erano già scaduti. È il caso, ad esempio, del contratto di manutenzione del Palazzo, stipulato tra Tuscany Welness & Spa Srl, società gestita da Peiani stesso, e Li. So. Secondo quanto si apprende, il contratto veniva firmato il 5 marzo 2018 e la sua validità andava dall’11 marzo al 31 ottobre 2018 con un valore pari a 26.680 euro. E le fatture emesse da Li. So ammontano invece a 72.756 e sono state emesse – si legge nel decreto di sequestro preventivo disposto dal gip – anche con riferimento ai mesi di novembre e dicembre dello stesso anno. E circostanze analoghe sono state rilevate anche per il contratto di appalto del servizio di facchinaggio, sempre in riferimento al Palazzo.
«Il capo del sodalizio»
Stando a quanto ricostruito dai finanzieri, Mirco Peiani era considerato dagli inquirenti «il capo indiscusso del sodalizio criminale» di cui farebbero parte anche gli altri otto indagati e, per questo, «appare chiaro che i sodali facciano riferimento esclusivamente a lui per ricevere disposizioni sulla gestione e conduzione delle diverse realtà turistiche ma anche delle stesse società appaltatrici dei servizi che da lui, di fatto, dipendono totalmente».
Bancarotta fraudolenta
Secondo quanto si apprende, tra le società di Peiani, che appartengono al gruppo Uappala che gestisce diverse strutture in Italia, e Jfb e Li.So «vi era un accordo mediante il quale queste due ultime società hanno fatturato – si legge ancora – le prestazioni svolte a favore delle prime a un valore non sufficiente nemmeno a coprire le spese sostenute e i costi d’impresa. Questa modalità di procedere ha condotto Jfb e Li. So al fallimento, dichiarato dal tribunale di Livorno nelle date del 1° e 2 marzo 2021». l
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