Il Tirreno

Livorno

L’intervista

Il ritorno di Giorgia Beltramme: «Quindici anni fa tradita dal Pd livornese, ora darò una mano»

di Federico Lazzotti
Il ritorno di Giorgia Beltramme: «Quindici anni fa tradita dal Pd livornese, ora darò una mano»

Nel 2008 è stata la prima segretaria comunale dem, oggi è entrata nei consigli di zona. «La nostra generazione spazzata via da chi voleva un rinnovamento ma solo di facciata»

05 marzo 2023
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LIVORNO. Nel 1998, all’assemblea nazionale dei Ds, il suo discorso sul futuro del partito si meritò i complimenti di Massimo D’Alema «nonostante non sia mai stata dalemiana». Giorgio Beltramme aveva appena 19 anni e a molti, quel passaggio, sembrava l’inizio di una carriera politica col vento in poppa. E per una decina di anni così è stato: prima segretaria dell’unione comunale del Pd livornese, consigliera provinciale. Poi alla vigilia delle amministrative 2009 l’addio ai dem e alla politica. Quattordici anni dopo rieccola tra voti, mozioni e progetti: eletta nel consiglio di zona con la tessera del Pd.

Ci racconta perché è tornata in politica?

«Potrei dire che il partito ha bisogno di me. Ma non è così. Credo che sia sempre giusto mettersi a disposizione. Così quando me lo hanno chiesto ho accettato».

E cosa la spinge?

«Sento di avere qualcosa da dire. E a distanza di quindici anni sento di aver ricaricato le batterie. Chi fa politica con cuore ed energia sa quanto sia difficile riprendersi dalle delusioni. E recuperarle non è semplice. Diciamo che a me è servito un bel po’ di tempo».

Che Pd ha ritrovato a Livorno?

«C’è un bel gruppo di giovani che hanno voglia, idee ed energia. Una parte di questi giovani, che sosteneva la mozione Bonaccini, mi ha chiesto di entrare ed eccomi».

Delusa dall’esito delle primarie?

«Quando si perde dispiace. Ma il rinnovamento non è sempre nelle persone che si mettono, ma nelle scelte che si consente loro di fare. Vorrei solo che non passasse il messaggio che il Pd non è un partito plurale: sarebbe un errore. L’obiettivo deve essere quello di fare opposizione a un governo che fa schifo. Abbiamo bisogno di unità. Dobbiamo imparare dalle ultime elezioni politiche di settembre dalle quali siamo usciti a pezzi a non dividerci. Se poi dobbiamo fare un ragionamento sul regolamento delle primarie...».

E qual è?

«Che sono state elezioni sui generi. Siamo abituati a primarie importanti, queste sono primarie da rivedere nelle regole: primo giro con iscritti, secondo allargato a tutti. E si scopre che a votare in maggioranza sono stati cittadini senza la tessera».

Torniamo al suo rientro nel Pd. Come è stata accolta?

«Bene, è stato come tornare a casa. Mi ha fatto piacere rivedere alcuni i vecchi compagni e conoscere tanti ragazzi».

I giovani l’hanno riconosciuta?

«Non lo so. Dopo aver parlato a una riunione a Salviano, un ragazzo è venuto da me e mi ha fatto i complimenti. Mi ha detto: “Sai che sei brava”. L’ho ringraziato».

Ci racconta perché se n’è andata dal Pd e della politica?

«Perché mi sono sentita tradita dal partito. Era il periodo in cui si doveva decidere se candidare Alessandro Cosimi per il secondo mandato. Io non ero d’accordo e lo dissi. Credevo che ci fosse bisogno di un rinnovamento. Quello che il Pd diceva di volere. Poi ho capito che era solo una scelta di immagine, non di sostanza. Quando ho capito che ero in minoranza, che avevo perso, mi sono fatta da parte: per come sono fatta non avrei potuto fare una campagna elettorale dando anima e cuore in una causa in cui non ero d’accordo».

Col senno di poi lo rifarebbe?

«Sono convinta di aver fatto la scelta giusta. Anche perché quell’amministrazione Cosimi ha dovuto gestire una serie di cose importanti in cui è mancato il rapporto tra partito e città».

Tipo?

«I maggiori oneri di esproprio a Salviano, ad esempio. Ma anche porta a Mare e Darsena Europa, due progetti che quindici anni fa erano bozze».

Il conto di quello scollamento lo ha pagato Marco Ruggeri nel 2014?

«Si, questa è la mia lettura. Non so come sia andata la campagna elettorale perché non l’ho vissuta direttamente. Ma credo che tutto questo abbia pesato».

Proprio la generazione sua, di Marco Ruggeri e Filippo di Rocca è assente in città. E poco presente nel partito. Perché?

«Siamo stati spazzati via perché in quegli anni eravamo il nuovo senza la volontà da parte di c’era prima di darci spazio. Nessuno voleva davvero fare un passo indietro. È mancata la generosità. Per questo mi sono serviti quindici anni per smaltire la delusione» .

Sogna una rivincita personale?

«Macché, penso di essere stata onesta con me stessa. Ora sono qui per dare una mano. Del resto non mi frega più niente . La più grande rivincita sono mio figlio e la mia famiglia, che mi rendono una persona libera».

Ultima cosa: il prossimo anno si vota. D’accordo con il Salevetti bis ?

«Sì, almeno questo il congresso lo ha determinato. Mirabelli si è presentato con questo progetto e ha ricevuto l’86% dei consensi. Questo è il percorso giusto. In questa città rapporto tra amministrazione e cittadini si percepisce. C’è empatia. È una buona pratica di governo».


 

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