Khelif, la pugile con il testosterone alto sfiderà l’azzurra Angela Carini: ecco perché il match è già un caso politico
Eliminata dai mondiali del 2023 per alcuni parametri non in linea con le norme, il Comitato olimpico ha decisa di farla gareggiare
PARIGI. Il match è in programma giovedì 1 agosto all’ora di pranzo. Ottavi di finale della categoria +66 kg di pugilato femminile. Olimpiadi di Parigi. Da una parte l’italiana Angela Carini, dall’altra l’atleta algerina Imane Khelif. Ma perché questo incontro sta facendo montare la polemica? E perché gli occhi del mondo – anche politico – sono tutti sul ring di Parigi? Andiamo con ordine.
La polemica
Imane Khelif, 25 anni, nata a Tiaret, è una delle due atlete con differenze dello sviluppo sessuale. Attenzione, non è mai stato accertato che l’algerina abbia cambiato sesso, quindi definirla transgender non è corretto. L’altra è la taiwanese Lin Yu-Ting, anche lei impegnata nella boxe tra i pesi piuma. Imane Khelif ha sempre combattuto nella categoria femminile e ha vinto l’argento mondiale nel 2022 a Istanbul. Ai mondiali del 2023 a Nuova Dheli, però, è stata squalificata prima della finale per tasso troppo elevato di testosterone.
La regola
I Giochi di Parigi, che vive delle regole del Comitato olimpico, ha criteri di inclusività diversi che sono stati soddisfatti da numerosi certificati medici presentati dall’atleta, che si è sempre detta vittima di un complotto nei confronti del suo Paese. Le regole Cio prevedono che la soglia di testosterone in circolo sia inferiore alle 10 nmol/L nei 12 mesi precedenti al torneo e ovviamente per tutta la durata delle competizioni.
Le reazioni
«Trovo poco comprensibile che non ci sia un allineamento nei parametri dei valori minimi ormonali a livello internazionale, che includa quindi europei, mondiali e Olimpiadi. Nell’evento che rappresenta i più alti valori dello sport si devono poter garantire la sicurezza di atleti e atlete, e il rispetto dell’equa competizione dal punto di vista agonistico. Giovedì 1 agosto, per Angela Carini non sarà così». Così in una nota il ministro per lo Sport e giovani Andrea Abodi, che prosegue: «Quello delle atlete e degli atleti transgender è un tema che va ricondotto alla categoria del rispetto in tutte le sue forme, ma dobbiamo distinguere la pratica sportiva dall'agonismo che deve poter consentire di competere ad armi pari, in piena sicurezza. È del tutto evidente che la dimensione dell’identità di genere in ambito agonistico pone il problema delle pari opportunità o delle stesse opportunità; non a caso, tante discipline sportive hanno posto dei vincoli per le atlete e atleti transgender necessari per poter permettere di gareggiare alle stesse condizioni. In questo caso assistiamo a un’interpretazione del concetto di inclusività che non tiene conto di fattori primari e irrinunciabili».