La investe e la uccide con il tir, il giovane camionista va ai funerali e abbraccia la famiglia: «Gesto notevole»
L’Associazione italiana famigliari e vittime della strada apprezza il gesto alle esequie di Alessandra Stefani a Casola di Montefiorino: «Sensibilità che manca nella grande maggioranza dei tragici incidenti stradali»
MONTEFIORINO. «Ha fatto un gesto notevole il giovane investitore che è venuto in lacrime al funerale di Alessandra Stefani chiedendo scusa per quello che è successo. Purtroppo, è una sensibilità che manca nella grande maggioranza dei tragici incidenti stradali. E questo rende i famigliari delle vittime, vittime una seconda volta». A sottolinearlo è l’Associazione italiana famigliari e vittime della strada, con le due colonne della sezione di Modena: Franco Piacentini e Maria Assunta Partesotti.
Il gesto
L’accaduto è stato raccontato dalla Gazzetta di Modena. Sabato a Casola, al funerale della 49enne – che aveva un legame speciale con Formigine per gli anni da giocatrice e allenatrice di rugby – ha partecipato anche il giovane che giovedì 10 aprile l’ha travolta a Scandiano in retromarcia. Ha assistito in lacrime a tutta la cerimonia, ha accompagnato con gli altri la bara al cimitero e non se n’è andato prima che fosse completata la sepoltura, per condividere fino all’ultimo con la famiglia quel momento di dolore. Al cimitero è scoppiato in singhiozzi chiedendo scusa al fratello di Alessandra. Schiacciato dal peso che si porta dentro, venerdì aveva fatto altrettanto con il padre di lei, alla camera ardente. Ricevendo anche da lui il perdono, con le parole: «Non hai fatto apposta».
Le reazioni
«È un gesto che va sicuramente apprezzato – sottolinea Piacentini – un segnale che non tutti sono capaci di dare. Spesso e volentieri questo tipo di sensibilità manca. E ciò, col tempo, non fa che accrescere il dolore della famiglia della vittima. Quando c’è sincerità, e mi sembra proprio che in questo caso ci sia stata, gesti come questo fanno bene sia ai famigliari della vittima che al “colpevole”. Non alleviano il dolore, parliamoci chiaro, ma aprono la strada alla condivisione di questo dolore. Perché – ed è giusto quello che dicono padre e fratello – nessuno ha fatto apposta. Peraltro in una manovra in retromarcia con un camion, che ha le sue complessità». «I famigliari della vittima e il “reo” sono parte della stessa tragedia» rimarca Partesotti. «Io come famigliare di una vittima della strada ho apprezzato molto il gesto di questo ragazzo: ci vuole coraggio a compierlo, e lui lo ha fatto nei confronti di un’intera comunità, venendo al funerale e dicendo chi era. Quell’abbraccio col fratello è l’unico modo per chiudere il cerchio del dolore. Così il dolore viene tirato fuori, condiviso. Resta e resterà per sempre, ma nel vissuto della condivisione. Non è così purtroppo nella maggior parte dei casi. Io ho sentito tanti famigliari di vittime dirmi cose del tipo: “Guarda, quello mi ha ucciso la persona più cara e non mi ha mai chiesto scusa. Non mi ha mai detto niente, neanche una parola al processo. Se mi vede per strada, abbassa lo sguardo e mi ignora”. È terribile questa cosa. È la vittimizzazione secondaria: i famigliari subiscono un’ulteriore ferita, diventano vittime un’altra volta. Non che tutti i famigliari siano pronti ad accettare le scuse, eh? C’è chi le può rifiutare subito, perché non è pronto. Col tempo però può capire, e accettarle. Il gesto comunque va fatto, bisogna tentare. Bisogna mostrare empatia col prossimo, nella condivisione della stessa umanità».