La cuoca Cesarina di Gavorrano e le sue lezioni di cucina: «Arrivano anche da New York per fare la pasta fresca»
Da Miami o dalla California fino a casa di Maria Rita Bartolozzi: «Insegno i piatti maremmani e cerco antichi ricettari. È un modo anche per salvare un patrimonio che rischia di scomparire»
GAVORRANO. Prima di entrare in cucina per imparare le antiche ricette italiane – e maremmane in questo caso – c’è una “regola” che Maria Rita Bartolozzi dice spesso a chi viene dalla Florida o dal South Carolina o dalla California: «Mai, mai chiedere il cappuccino dopo le 11», racconta con una risata. Lei ha 63 anni, abita a Gavorrano ed è una Cesarina, una cuoca che è più una custode delle ricette dei nostri genitori e dei nostri nonni, e che per tramandarle apre le porte di casa propria.
Così in quel borgo di pietra abbarbicato sulla collina arriva davvero tutto il mondo e per chi è abituato a New York o a un’altra grande e rumorosa città americana «Gavorrano sembra davvero un mondo da fiaba», conferma Bartolozzi.
L’incanto prosegue in cucina. Può essere la pasta fatta rigorosamente in casa, con uova e farina. È quella la preferita dagli ospiti, la maggior parte dei quali arriva da ogni parte dell’America. «È la richiesta che mi fanno più spesso», ammette Bartolozzi. «Tra l’altro – aggiunge – di recente è venuta da me a lezione una coppia di ragazzi da Miami attorno ai 30 anni: uno di loro non aveva mai toccato la farina, È stata un’esperienza “devastante”, ci siamo divertiti come pazzi», racconta Bartolozzi. La pasta comunque è venuta buonissima. «Tutto viene buono alla fine, conferma. L’altro grande classico che spopola alle sue cooking class – come si chiamano nel circuito delle Cesarine, che unisce cuoche “casalinghe” in tutta Italia – è il tiramisù.
«Originariamente – spiega Bartolozzi – ho sempre cucinato per la famiglia, gli amici. Grazie alla nonna e alla mamma, che mi hanno trasmesso la passione per la cucina toscana tradizionale, ho imparato varie ricette che poi ho trasmesso ai figli, nipoti. Poi come fa buono il sugo mia mamma – che adesso ha 93 anni – non lo fa nessuno, nemmeno io».
E così per chi vuole imparare ci sono tutte le ricette “di famiglia”. Bartolozzi è originaria del fiorentino e quindi c’è tutto il “bagaglio” delle ricette classiche toscane. Ribollita, trippa, lampredotto. Tutti profumi e sapori «che fanno parte delle mia infanzia». Poi ci sono aggiunge le ricette della Maremma. «A 15 anni – racconta Bartolozzi – mi sono trasferita con la mia famiglia a Ravi, e lì ho cominciato a conoscere le tradizioni culinarie della zona».
Ed ecco che nel tempo si sono aggiunti anche i tortelli maremmani, l’acquacotta. «Sto facendo alcune ricerche – spiega Bartolozzi – per trovare vecchi piatti dimenticati del periodo delle miniere, come ad esempio la scottiglia, una sorte di cacciucco di carne che veniva fatto appunto con tutti i ritagli di carne che potevano avanzare quando veniva ammazzato il maiale o il pollo. Era il piatto della domenica».
Tra l’altro quando Bartolozzi è andata a vivere in quella casa a Gavorrano, “inglobata” nell’antica cinta muraria del castello, s’è trovata tra le mani un antico ricettario risalente alla Seconda guerra mondiale, proprietà della maestra della zona che viveva lì prima di lei. L’obiettivo è anche salvaguardare un intero patrimonio che rischia di andare perduto. «È un modo – conferma Bartolozzi – per salvare le antiche ricette. Se ci mettiamo a ricercare sono tantissime, vecchissime, arrivano anche dal Rinascimento. Magari – spiega – cerco di renderle più contemporanee. Ad esempio al posto dello strutto uso l’olio di oliva, anche se poi sono curiosa di riproporle alla vecchia maniera. Nelle prossime esperienze ci sarà un percorso di degustazione di questi vecchi piatti».
Non bisogna nemmeno dimenticare che ogni famiglia poi ha i suoi “segreti”, «anche se non li definirei così. Semmai – sottolinea – delle personalizzazioni per adeguare le ricette ai gusti». Basta prendere l’esempio della trippa al sugo: e non ce ne sono due uguali in tutta Italia. «Noi – rivela Bartolozzi – aggiungiamo delle foglie di limone durante la cottura».
E dopo aver messo – letteralmente – le mani in pasta, si mangia tutti insieme. «Quello che i turisti vivono è una classica domenica mattina “all’italiana”. A volte faccio venire anche la mia famiglia, piuttosto numerosa, per fare il classico pranzo della domenica», spiega Bartolozzi, a cui sono arrivate tantissime richieste. «Ho iniziato a fare le prime cooking class – spiega – tra fine agosto e settembre ed è stata una sorpresa: mai avrei pensato che un paesino non dico sperduto, ma comunque piccolo in Maremma avrebbe ottenuto una risposta del genere. È veramente molto piacevole». Anche perché, quando i turisti tornano in Francia o in America, «mi scrivono per ringraziarmi o mi mandano le foto mentre riproducono a casa loro una ricetta imparata da me».
Poi, mentre la pasta è sotto al panno a riposare, «facciamo anche un giro per Gavorrano: uniamo alla cucina la conoscenza del posto, e tutti mi dicono – racconta Bartolozzi – che non avrebbero mai pensato che ci sarebbe un posto così bello, così ricco di storie. Poi casa mia è quella “della nonna”, con la vecchia stufa a legna».
L’altro aspetto è la stagionalità dei prodotti. «Tutto quello che usiamo – spiega la cuoca – lo compro da fornitori della zona. Ora è il periodo di zucca e funghi, e quindi invece che il classico burro e salvia prepariamo le pappardelle con crema di zucca, noci. E in futuro mi piacerebbe proporre anche di andare insieme ad acquistare ai campi, agli orti quello che andremo cucinare. Un modo per vedere il “backstage” agli ingredienti. E poi a Gavorrano ci sono ottime cantine: cerco di proporle per far conoscere il vino della zona, un punto di elite».
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