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Batistuta sogna un futuro in viola: «La Fiorentina è ancora casa mia»

di Francesco Gensini
Batistuta sogna un futuro in viola: «La Fiorentina è ancora casa mia»

Il goleador pensa a un posto da dirigente, come Totti, Zanetti e Maldini

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FIRENZE. È così ogni volta che “Bati” (basta e avanza il diminutivo-soprannome per capire di chi si parla) viene in Italia e a Firenze soprattutto (in città da giorni, venerdì mattina era a giocare a padel nella zona sud insieme a Borja Valero) per aprire il baule dei ricordi, dare sfogo alla nostalgia canaglia e infine mettere nella nuvoletta dei fumetti la domanda che proprio non c'è verso di tenere dentro: «Ma torni alla Fiorentina?». Domanda alla quale Gabriel Omar Batistuta (di lui ovviamente si parla) ha risposto più volte nella stessa, identica maniera lasciando in sospeso l'interrogativo fino alla volta successiva.

Come ieri, quando scena e situazione si sono riproposte nel corso del Festival dello Sport targato Gazzetta dello Sport in programma a Trento in questo fine settimana libero dagli impegni del campionato di Serie A. Su quel palco si stanno alternando ex campioni di tante discipline, personaggi di assoluto rilievo, protagonisti di ieri e di oggi, e appunto nel sabato appena trascorso è stata la volta del centravanti che seppe far innamorare Firenze e i tifosi viola come con pochi altri è accaduto nei novantasei anni di storia del club. Una chiacchiera tira l'altra, un argomento si sovrappone al precedente, ma poi gira e rigira il passato torna d'attualità e con esso la succitata questione che assume i contorni del tormento(ne).

E il campione di Reconquista non si tira mai indietro, pur consapevole che non può aggiungere niente di nuovo a quanto già detto: con la malcelata delusione di chi vorrebbe comunque fornire una versione diversa. Magari piacevolmente definitiva. «Ho studiato per fare il dirigente, mi sto aggiornando – ha detto dal palco del Festival dello Sport – e adesso mi sento pronto. A mio avviso le società hanno bisogno di ex calciatori che sappiano trasmettere ai calciatori in rosa che cosa rappresenta e significa quella maglia». Una premessa che naturalmente introduce la domanda “fatale”. «Io alla Fiorentina? L'Inter ha avuto Facchetti e adesso ha Zanetti come punto di riferimento, il Milan ha Maldini, e chi mi dice se sogno una chiamata dalla Fiorentina come loro, dico solo che la Fiorentina è casa mia e allora vediamo. Ma lo sanno tutti: io vorrei fare una certa cosa, ma poi bisogna vedere anche la volontà che c'è dall'altra parte, se vogliono o non vogliono il mio contributo. Oltre il desiderio io non posso spingermi, ma sarebbe una bella cosa. Non posso che aspettare buone opportunità».

La chiacchierata a Trento si è quindi postata su altri temi, riguardanti ad esempio la Roma dove Batistuta ha vinto uno scudetto con la squadra di capitan Totti, ma la Fiorentina rimane sempre e comunque il centro. Il centro anche del suo cuore che ha condiviso con quello di centinaia di migliaia di tifosi viola letteralmente rapiti e conquistati da questo attaccante formidabile, capace di segnare addirittura 207 gol in 333 partite disputate in maglia viola. Trascinatore di folle adoranti, è inevitabile associare il “Re Leone” a Firenze e alla Fiorentina, più della Roma stessa e non parliamo dell'Inter, dove l'argentino ha chiuso la carriera italiana con una stagione certo non indimenticabile. Non a caso il fatidico discorso va sempre in quella direzione, ma senza un punto d'arrivo.

Se ne parlava quando c'erano Diego e Andrea Della Valle al timone della società, se ne parla adesso che c'è Rocco Commisso. Perché Batistuta significa Firenze e Firenze significa Batistuta. In un sentimento reciproco e indelebile. C'è poco da fare. «Sono legatissimo a Firenze – ha aggiunto poi “Bati” a La7 – per aver indossato la maglia viola per ben nove anni. La Fiorentina è una società nuova, sta facendo fatica a trovare gente che riesca a farla decollare, c'è però ancora un buon entusiasmo».  

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