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Firenze, cadde dalle scale al Cto e morì: risarcimento da 800mila euro

di Pietro Barghigiani
Firenze, cadde dalle scale al Cto e morì: risarcimento da 800mila euro

La condanna perché il personale doveva vigilare con più accortezza

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FIRENZE. Nessuna responsabilità a livello penale, ma su quel paziente ricoverato in neurologia il personale doveva vigilare con un’accortezza che non è stata garantita. E che ha provocato, dopo l’uscita dalla stanza del 72enne fiorentino, una caduta dall’esito mortale.

Accogliendo la richiesta danni presentata da moglie, due figli e sorella della vittima, il Tribunale (giudice Massimo Maione Mannamo) ha condannato il Cto di Careggi a pagare un risarcimento che supera gli 800mila euro. Non è stata tanto la lieve irregolarità nell’altezza del parapetto (87 cm anziché i 100 di legge) dal quale era caduto l’anziano architetto a far decidere per la responsabilità in capo alla struttura sanitaria. È quella che la sentenza indica nella culpa in vigilando la falla che apre la via al risarcimento.

Il ricovero

Arrivato al pronto soccorso il 18 novembre per seri problemi di salute, il paziente era stato ricoverato in neurologia, al V piano dell’ospedale, per la necessità di effettuare alcuni esami specifici. Il dramma dopo una settimana. Il corpo senza vita dell’architetto venne trovato alle 6 del 25 novembre sul pianerottolo della scala di emergenza al piano sottostante rispetto a quello in cui era ricoverato. Inutile le manovre di rianimazione. Sul posto arrivarono magistrato di turno e carabinieri per l’avvio di un’inchiesta con l’ipotesi di reato di omicidio colposo poi conclusa in Tribunale con una sentenza «di non luogo a procedere con la quale era stata esclusa la responsabilità penale del personale sanitario e di quello deputato alla sicurezza sui luoghi del lavoro».

I controlli

Il tema sul piano civilistico si era, dunque, spostato sull’organizzazione dei controlli sui pazienti. La consulenza tecnica medico legale disposta dal giudice «ha accertato che i sanitari hanno posto in essere un regime di sorveglianza inadeguato al caso di specie e causalmente idoneo alla determinazione dell’incidente e, di conseguenza, alla morte del 72enne in quanto, se fosse stata attenzionata in modo costante e continuativo l’eventuale uscita del paziente nelle ore notturne da parte del personale del reparto, è ragionevole supporre che sarebbe stato evitato che il paziente si recasse presso le scale di emergenza».

Il professionista era stato visitato alle 5. Dopo appena un’ora la scoperta del cadavere al piano di sotto. Non si sa con esattezza l’ora del volo fatale. Di sicuro all’arrivo dei primi soccorritori era già morto. Ancora il giudice: «Se fosse stato prestato un adeguato regime di sorveglianza, da correlare necessariamente al quadro clinico è provato -secondo il criterio del “più probabile che non” – che al paziente non sarebbe stato permesso di uscire dalla camera, attraversare il corridoio, aprire la porta di emergenza e cadere rovinosamente nella rampa di scale conducente dal V al IV piano fino a precipitare e morire» si legge nella sentenza che addebita al Cto il fatto illecito colposo.

Scarsa vigilanza

Per il Cto le precarie condizioni di salute dell’uomo non erano di un’evidenza tale da dover giustificare un controllo costante. Il consulente sul punto è chiaro: «La brevità del lasso temporale di un’ora e venti minuti circa, dall’ultimo controllo (riferito e dichiarato alle 5) da parte del personale fino al momento del rinvenimento alle 6 circa, non assume valore dirimente, in quanto va considerato quanto rilevato in particolare nelle ultime 24 ore sulle condizioni del paziente e sul suo stato emotivo, dovendo quindi verificare la possibilità di effettuare un controllo del paziente in un orario notturno e in presenza di personale di turno». Quello che non è stato fatto e che ha favorito la caduta mortale. l

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