Il Tirreno

Firenze

L’intervista

Firenze, parla la soprintendente: «I nuovi dehors siano col verde e spero si faccia l’isola sull’Arno»

di Sabrina Carollo
Antonella Ranaldi la soprintendente, dehors in piazza della Repubblica
Antonella Ranaldi la soprintendente, dehors in piazza della Repubblica

La soprintendente Ranaldi: nelle piazze piantiamo gli alberi

24 ottobre 2024
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Una città verde e accogliente, con strutture temporanee e leggere, e una ritrovata relazione di amicizia con l’Arno. La Soprintendente di Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la città di Firenze, Pistoia e Prato, Antonella Ranaldi, ha una visione di Firenze dinamica e orientata al futuro, capace di conservarne le bellezze senza passatismi, con recuperi importanti e soluzioni innovative.

Soprintendente, come si può custodire la bellezza di Firenze senza condannarla al passato?

«Per capire Firenze è necessario ampliare lo sguardo e abbracciarla nel suo insieme, composto di singole opere d’arte ma anche di un contesto urbano superlativo che comprende la corona di colline che la circonda; un insieme articolato che va considerato nella sua interezza. Sul tema delle fonti energetiche per esempio abbiamo sicuramente posto delle limitazioni al centro Unesco, ma stiamo esplorando strade per individuare siti idonei alla creazione di impianti per la produzione di energie alternative, in collaborazione con l’Università. Con il Comune stiamo analizzando il costruito più recente, con tetti piani – ad esempio le pompe di benzina – in cui è possibile concentrare il fotovoltaico, seguendo modelli di comunità energetiche. È importante progettare bene e verificare le eventuali evoluzioni tecnologiche, per evitare che rimangano impianti obsoleti inutilizzati. Sui tetti di Firenze, che offrono una vista impareggiabile da ogni finestra che vi si affacci, vedo già molte superfetazioni tecnologiche – antenne, condizionatori – che incidono nell’insieme, anche se si tratta di micro-trasformazioni. Dobbiamo agire in modo intelligente».

L’innalzamento delle temperature estive sta portando diverse città a studiare soluzioni con alberi o coperture temporanee.

«Il verde costituisce un elemento di progettazione e di architettura che è anche una risorsa per rendere più vivibile la città. Aiuta sia per le temperature che per la qualità dell’aria: invito a inserire interventi di verde nelle piazze, Firenze ha molta campagna intorno ma il centro soffre di questa mancanza. Si possono trovare anche soluzioni di carattere transitorio, per esempio in occasione di eventi e grandi manifestazioni, allestimenti a tema verde. E comunque non ho preclusioni alla piantumazione delle piazze centrali di Firenze, anzi è una possibilità da sperimentare».

Come in piazza della Repubblica?

«Il verde potrebbe caratterizzare i dehors, per esempio, elementi a cui sono favorevole perché consentono a cittadini e turisti di vivere la città in modo rilassato e riparato, ma di cui prediligo le versioni leggere – sedie e tavolini – rispetto alle strutture chiuse. Quelli che ci sono potrebbero essere migliorati, garantendo il passaggio dei pedoni, gestendo meglio gli impianti di condizionamento che spesso investono i passanti con flussi maleodoranti. Con il Comune abbiamo un protocollo d’intesa che va rinnovato: la direzione dovrebbe essere quella di una maggiore semplificazione amministrativa per chi sceglie occupazioni leggere con elementi di arredo a verde».

Che idea ha dell’isola galleggiante sull’Arno proposta dalla sindaca in campagna elettorale?

«Credo che il tema dell’Arno sia decisivo per Firenze. In una città così intensamente costruita in pietra, l’Arno è una vena d’acqua preziosa. Bisogna superare la diffidenza dei fiorentini verso il loro fiume, dovuta a eventi traumatici di cui conserviamo memoria, ma che ora appartengono al passato, grazie alle tante opere di regimentazione. È il momento di recuperare gli argini del fiume rendendoli vivibili, come avviene a Parigi che sul tema ha lavorato molto. La proposta dell’isola è straordinaria: sarebbe un’installazione temporanea estiva, che potrebbe anche essere collocata tra piazza del Cestello e il ponte di Santa Trinita, dove la chiusa della pescaia offrirebbe un accesso pronto. Un luogo dove ospitare iniziative culturali, una risposta contemporanea capace di coniugare verde e acqua, allargando la vivibilità a luoghi diversi dai soliti. Mi auguro che si faccia».

Anche il nuovo terminal dell’aeroporto avrebbe dovuto prevedere una copertura verde.

«Credo che l’aeroporto sia un’infrastruttura necessaria per Firenze, bisogna avere il coraggio di crederci. La soluzione che era stata prospettata, con il tetto a vitigni, era interessante ma comportava difficoltà oggettive come il fatto che attirava molti uccelli, incompatibili con i voli degli aerei. Ora stiamo lavorando al nuovo progetto, sono molto fiduciosa: la pista va allungata, l’orientamento che è stato proposto mi sembra valido; sarà un bell’intervento».

Sullo stadio ci sono novità?

«Stiamo seguendo gli interventi di restauro sulle strutture di Nervi, i cui termini di restauro sono particolari perché riguardano strutture in cemento armato. Per i finanziamenti mi sembra di aver percepito un’apertura da parte del presidente della Fiorentina, Rocco Commisso, che secondo me va accolta, anche per alleggerire la spesa pubblica. Forse un’altra collocazione per lo stadio sarebbe stata la scelta migliore, lasciando il Franchi di Nervi intatto, ma a questo punto è bene portarlo a termine».

Ci sono alcune discussioni in merito all’impiego di edifici pubblici, come l’ex caserma Ferrucci a Santo Spirito.

«L’intervento è parte dell’accordo di dismissione di beni demaniali tra cui l’ex ospedale militare di via San Gallo e il complesso di costa San Giorgio. Recuperare i grandi edifici monumentali in contesti urbani significa ricucire delle ferite: siamo soddisfatti dei lavori in via San Gallo e del progetto di costa San Giorgio, che è stato approvato anche se i lavori ancora non sono cominciati, per realizzare strutture ricettive. Per la caserma Ferruzzi però stiamo parlando del complesso costruito da Brunelleschi, intorno al cortile dell’Ammannati. Dobbiamo pensarlo come un insieme unitario costellato di gioielli come la cupola, la sacrestia, la cappella Corsini, il crocifisso di Michelangelo. La funzione militare finora l’ha tenuta chiusa: oggi si presenta un’occasione importante di riunificare e restituire anche questa parte sconosciuta alla cittadinanza. Vedo però con seria preoccupazione il futuro di quest’area, di cui non abbiamo un progetto e attorno a cui c’è una certa opacità».

Ci sono altri progetti importanti che vi coinvolgono?

«Il tunnel sotto l’Arno, di cui non ho ancora visto il progetto ma che mi vede favorevole, e poi diversi cantieri di restauro importanti, da palazzo Medici Riccardi ai lavori alla villa di Careggi, a San Miniato dove presto la facciata sarà coperta dai ponteggi ma che saranno visitabili, così come il complesso di Santa Maria Maddalena dei Pazzi; a breve inizieranno i lavori a Santa Maria del Carmine e alla cappella Salviati nella chiesa di San Marco. Un ragionamento a parte va fatto per l’enorme complesso monastico di San Gaggio, in via Romana, dove cominceremo i lavori di consolidamento e restauro: al momento non ha destinazione precisa ma potrebbe essere adatto all’accoglienza turistica alternativa ai grandi alberghi e agli affitti brevi, con prezzi medi. Oppure a studentato: sono tanti gli istituti internazionali che attirano studenti da tutto il mondo. La frequentazione degli stranieri è una ricchezza che va valorizzata. Firenze può essere una città universale, cosmopolita nel segno dell’arte».

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