Il Tirreno

Firenze

L'analisi

Disconnessione sentimentale tra il Pd e il popolo della sinistra

di Luca Gasperoni
Disconnessione sentimentale tra il Pd e il popolo della sinistra

Il politologo Floridia cita Gramsci per analizzare il risultato elettorale: «I grillini ci sono sempre stati: si è creata un’illusione sulla loro estinzione»

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«È in atto, per citare Gramsci, una disconnessione sentimentale tra il popolo della sinistra e il Pd in Toscana» e, nel suo piccolo, anche nell’ultimo bastione rosso di Firenze, dove l’invito al voto utile «si è rivelata un’arma a doppio taglio, spingendo una parte degli elettori a non partecipare oppure a destinare il voto al Terzo polo o al M5s». Ad analizzare lo scenario post voto è il politologo Antonio Floridia, responsabile dell’Osservatorio elettorale della Toscana. Partiamo dall’astensionismo: a Firenze cala l’affluenza di 6 punti rispetto al 2018Cosa c’è dietro un calo così vistoso? «Le stesse motivazioni nazionali: non è solo di un fenomeno di distacco e disaffezione ma è anche motivato politicamente dalle circostanze, è la risposta ad un’offerta politica insoddisfacente. Viene dall’ex elettorato del M5s e in parte da quello di sinistra. Penso abbia influito, anche indirettamente, la mancata costruzione di un campo largo e chiaro, alternativo al centrodestra. Si è diffusa la sensazione che la partita fosse persa in partenza: un elemento fondamentale per la partecipazione è che la posta in gioco sia percepita come importante e ci sia incertezza sul risultato, in assenza di queste due componenti l’elettorato meno coinvolto alla fine resta a casa».

FdI alla fine frena solo a Firenze dove il Pd tiene ma mostra delle crepe. Qual è la sua lettura? «I numeri dicono che il centrodestra ha mantenuto più o meno i suoi voti, cambiano solo le proporzioni interne, mentre a sinistra c’è stata una progressiva frammentazione. I dem hanno perso in Toscana 133.000 voti alla Camera rispetto al 2018, una flessione del 3,4%. A Firenze c’è stata una perdita contenuta (ndr 9.000 voti), molto peggio Prato e Livorno. Lo spostamento dei voti dem è soprattutto in direzione del terzo polo e del M5s. È in atto, per citare Gramsci, una disconnessione sentimentale tra il popolo della sinistra e questo partito che paga forse un eccessivo appiattimento sul governo Draghi». Come spiega la vittoria dem meno larga delle attese negli uninominali fiorentini? «Uno degli errori commessi dal Pd: appellarsi al voto utile è un’arma a doppio taglio. Lo puoi invocare dove sei in difficoltà o in perdita nel tentativo di recuperare, ma nei collegi in cui parti in vantaggio questo elemento spinge alcuni a non partecipare perché non è fondamentale oppure a fare l’opposto. Quindi scegliere altri nella coalizione di centrosinistra o addirittura fuori, Terzo Polo o M5s». Prospettive per la segretaria Pd? In ballo c’è anche il nome del sindaco Nardella. «Il Pd farebbe un grande errore a ridurre il problema al successore, c’è bisogno di un ripensamento profondo dell’identità, serve un congresso rifondativo. Ad agosto la discussione sulle alleanze con Fratoianni e Calenda era legata alla intrinseca confusione interna: il Pd è un partito liberaldemocratico-riformista oppure un partito socialdemocratico di sinistra? La convivenza di queste due anime si sta rivelando sempre più ambigua ma soprattutto perdente, perché presta il fianco sia a destra che a sinistra».

Il successo di FdI è solo un travaso di voti o c’è qualcosa di più? «Meloni ha pescato sicuramente qualcosa dal nucleo dell’astensionismo ma ecco i tre quarti del voto raccolto sono figli di uno spostamento interno, arrivano soprattutto dalla Lega e a seguire da Forza Italia. Poi naturalmente essendo un polo attrattivo ha potuto raccogliere anche dal bacino dei grillini delusi che venivano, in origine, da destra e adesso ci sono ritornati». Come si spiega la performance in doppia cifra del M5s in città dove non ha mai sfondato? «Questa è l’illusione di chi fa la politica guardando i salotti e non leggendo i dati e la realtà. Metà del 33% dei grillini nel 2018 venivano dalla sinistra, nel corso degli anni molti si sono allontanati o sono diventati elettori dormienti, non partecipano ad amministrative ed europee, ma alle politiche si fanno sentire. Si è creata così un’illusione ottica sulla loro estinzione. Ai grillini è bastato uscire dal Governo e appoggiarsi a Conte per riattivare molti elettori anche in territori, come Firenze, dove nessuno pensava». Invece riguardo al Terzo polo ha penalizzato i dem in città? «Settori sociali ed economici di orientamento liberale/moderato hanno trovato un’offerta convincente, più per merito di Calenda a livello nazionale, anche se qua ovviamente ha pesato il radicamento di Renzi. Alla fine quel 13% di voti a Firenze sono quelli che aveva Iv prima, potenziati da Azione e una parte rubati al Pd, non c’è stato un grande furto a destra». FdI sfonda nel centro storico e il Pd ottiene i migliori risultati a metà strada e in periferia. C’è un ribaltamento, i dem non sono più il partito Ztl? « Questo discorso regge a Roma o Milano ma non a Firenze. I risultati del Pd non sono mai nati solo grazie alla limitata quota di elettori del centro ma alla solida presenza su tutto il territorio cittadino. Firenze, come Bologna è una città vivibile, con una tenuta del tessuto sociale anche nelle periferie, non c’è la polarizzazione tra il centro benestante e protetto e le periferie povere».

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