Cecina, a rischio il 50% dei negozi del centro. E il 2025 per alcuni settori sarà nero: parla l’esperto
Federico Giovannoni, consulente strategico per le Pmi, traccia un ritratto del commercio
CECINA. Il rischio da qui a 5 anni è che il 50% di negozi del centro possano chiudere. Il fondo non è ancora stato toccato. Ad analizzare la situazione del commercio cecinese è Federico Giovannoni, consulente strategico per le piccole e medie aziende.
Giovannoni, qual è la salute del commercio nel centro di Cecina?
«Benissimo non va, le attività chiudono. C’è una frequenza di chiusura abbastanza alta, i fondi magari vengono rioccupati ma la durata media di questi negozi è bassa. Spesso in 24 mesi i negozi aprono e chiudono».
Da quando si occupa delle aziende del commercio di Cecina?
«Le attività in centro fino a due anni fa non le seguivo, poi hanno cominciato a chiamarmi perché andavano male e non riuscivano a capire se dovevano andare avanti o chiudere. Su alcune ho dovuto dire “cerchiamo di chiudere, facciamo meno danni possibile”. In alcuni casi abbiamo trovato il modo di rilanciare ma non è il momento positivo per il commercio in centro e va capito cosa fare in modo molto attento».
Cosa può fare, secondo lei, il Comune?
«Penso di essere uno pratico e ho una mia visione. L’amministrazione comunale non può cambiare le tendenze di una crisi che non dipende né da lei né dai commercianti ma viene da lontano. Può finire di riqualificare le zone del centro, alcune a livello urbanistico, possono essere migliorate. Si devono finire di rifare i marciapiedi, la pavimentazione. Si deve prestare la massima attenzione all’accoglienza. Inoltre il Comune deve occuparsi dei parcheggi: ci sono ma non bastano mai. Poi la viabilità: nelle festività il traffico era congestionato e questo non ci si aspetta in un piccolo centro. Non vedo tante altre cose. Le iniziative per mettere i negozi al centro vengono fatte, ci sono e sono puntuali».
E i commercianti?
«Alcuni imprenditori che hanno fatto bene in passato si sono adagiati, non si sono rinnovati. Si sono trovati con un mondo cambiato e le attività rimaste identiche al passato. Non avendo neppure un passaggio generazionale, questo ha portato a chiudere le saracinesche. Hanno sbagliato non hanno ristrutturato le loro aziende nei tempi giusti e non hanno mai controllato in modo serio l’andamento della propria gestione scoprendo che le cose non andavano bene troppo tardi. Alcuni non hanno voluto vederlo».
Come si capisce che un negozio deve essere ristrutturato?
«Il commerciante che si trova in concorrenza con i centri commerciali e con l’online è chiaramente in difficoltà: i costi fissi sono molto alti ma non c’è il potere d’acquisto del consumatore. Può investire e rinnovare i propri negozi per renderli attrattivi (molti però sono in ritardo e non hanno più le disponibilità) , cambiare il mix di prodotti cercando di essere più dinamici nella politica commerciale anche adeguando le politiche di prezzo. È necessario poi attivare servizi diversi per comprare fuori dal negozio, utilizzare formule diverse».
C’è un segreto per risollevare le sorti di un negozio ?
«Non ci sono segreti. Oggi un’attività in centro a Cecina tra affitti e spese generali, uno stipendio e ammortamenti ha fin da subito 75mila euro di costi fissi. Rispetto a 15 anni fa i margini si sono abbassati: se vendi con un margine del 30% devi fare come minimo 250mila euro di fatturato. Le attività che ho visto in centro fanno meno».
Quindi quante sono le attività a rischio?
«Nel centro il 50%».
Sta dicendo che nei prossimi 5 anni rischia di chiudere il 50% dei negozi del centro di Cecina?
«Sì, e il 2025 sarà un anno molto brutto. Alcuni settori soffriranno tanto: l’abbigliamento, la ristorazione di un certo tipo (la fascia che supera i 50 euro)» .
È una situazione irreversibile, secondo lei?
«Questo non posso dirlo. Secondo me non abbiamo toccato il fondo. Dipende da tante cose incontrollabili. Diciamo che se fai qualcosa, crei la novità, rischi meno di chiudere. L’errore massimo è stare fermi e non fare niente».