Cecilia Meini: «I poveri crescono anche da noi. Gli stipendi non bastano più»
Il racconto della responsabile dei servizi sociali della Misericordia di Palazzi
Era al bar. E il suo sguardo fu colpito da una bambina con ai piedi delle babbucce da casa. Pioveva. Sapeva che i suoi piedini erano bagnati, non poteva essere altrimenti. Il giubbottino era leggero, primaverile. E anche i suoi fratelli avevano qualcosa nell’abbigliamento che non andava. Lasciò un volantino della Misericordia, con il servizio di consegna dei pacchi alimentari, su un tavolo. Vicino a loro. Il giorno successivo quella mamma si presentò: aveva bisogno di cibo, di abbigliamento per i suoi figli.
Cecilia Meini, 37 anni, un lavoro in un panificio, mamma di due figli piccoli, è la responsabile, con la collega Claudia Gani, del servizio sociale e dell’unità di strada della Misericordia di Palazzi. Dal 2019 non passa giorno in cui un po’ della sua giornata non sia dedicata agli altri. La sua è una storia come quella di tanti volontari, la storia di chi non sta a guardare, ma è in prima linea. E si sporca le mani con il dolore, la sofferenza, il disagio.
Meini, quando è diventata volontaria della Misericordia?
«Era il settembre 2019, finì la stagione, le mie colleghe si iscrivevano in palestra. A me non piace la palestra. Vidi un volantino in cui si annunciava un corso di soccorso di primo livello. Pensai che con i bambini sarebbe potuto servire».
E poi cosa accadde?
«Dopo il primo livello, feci il secondo. Arrivò la pandemia. Le persone cominciarono a venire a chiedere il cibo, quelle che lavoravano a nero e non facevano più nulla, chi era in cassaintegrazione e non riusciva a sostenere le spese. Quindi noi cominciammo a preparare dei pacchi alimentari. Cominciai ad andare in in strada per aiutare chi non aveva casa. Facevo servizi in ambulanza per il 118. Poi abbiamo deciso con Claudia, e il responsabile della Misericordia, di potenziare il servizio di aiuto sociale: abbiamo creato un magazzino alimentare, una rete con le istituzioni. Oggi assistiamo 40-50 famiglie».
Cosa fate?
«Ci sono tante famiglie che non hanno risorse. Alcune arrivano da noi dopo essere state ai servizi sociali, altre direttamente. La povertà anche qui a Cecina sta aumentando tanto, non colpisce, come accadeva prima, solo chi non aveva un lavoro. Oggi anche chi ha un posto non arriva a fine mese. Non bastano gli stipendi. Ci sono padri e madri, tantissimi, che sono separati che non riescono a sostenere le spese: mutuo o affitto, bollette. La vita costa troppo. È un casino, non saprei come altro dirlo».
La solitudine quanto influisce?
«Molti poveri sono soli, anziani, disabili. Alle difficoltà economiche si sommano quelle della salute, dell’età».
Sapete come si arriva a sprofondare in una condizione di povertà tanto da non avere da mangiare?
«Non lo domandiamo. Se le persone arrivano inviate dai servizi sociali, c’è già cosa ci viene richiesto, ad esempio».
Perché non lo domanda? Potrebbe essere utile per individuare l’aiuto più risolutivo...
«Se chiedi “perché vivi così?” provochi vergogna. Si vede bene se le persone hanno bisogno di aiuto. Poi la domanda arriva spontanea: “Se chiedo alle istituzioni, mi tolgono i figli?” Questa è la paura più grande. Di tutti».
Quando aiuta qualcuno, quando risolve un problema, cosa sente? Cosa le dà fare la volontaria? Usare il suo tempo per gli altri?
«Mi ripaga dentro, per tutto lo schifo che c’è in giro. È una carezza per l’anima. Mi sento pura, mi sento vera, mi sento gratificata. Io spero che quel qualcuno che aiuto oggi, faccia un gesto come quello che ha ricevuto domani»
Quanto tempo dedica al volontariato?
«Ho una settimana di ferie e non mi sono mai tolta la divisa. Faccio qualcosa tutti i giorni: gestisco l’orario di consegna dei pacchi, organizzo per portarli a domicilio. Poi vado in strada a parlare con chi vive fuori. A volte costretto, altre per scelta».
Potrebbe farne a meno?
«No».
Riceve più o dà di più agli altri?
«Non si quantifica il batticuore, l’adrenalina quando devi partire, gestire il servizio. La gioia di quando arriva il Natale e sai che in alcune famiglie ci sono i bambini e in quelle scatole ci vuoi mettere tutto il mondo. Anche se hai sempre meno cose da dare».
Perché sempre meno?
«Aumentano gli indigenti e diminuiscono i fondi per il banco alimentare che rispetto a qualche anno fa ora è vuoto».
Accettate aiuti?
«Da chiunque. Spesso faccio dei post sui social, chiediamo quello che ci serve. Abbiamo chiesto a tutti di raccogliere: palestre, discount, privatI».
Cosa serve ora sul territorio per aiutare chi sta peggio?
«Serve un ricovero notturno per l’emergenza freddo. Subito.Abbiamo dieci persone che vivono in strada. E poi qualsiasi cosa: alimenti, pannolini, arredi, donazioni».