La procreazione assistita del Versilia si candida a eccellenza toscana: 3.600 nascite e l’uso delle nuove tecnologie per la fertilità
La direttrice del centro di Pma, Cristina Parri: «Contiamo di aumentare i risultati con il nuovo EmbryoScope»
VIAREGGIO. Il caso era quello di una paziente di 42 anni, poor responder, ovvero con una bassa riserva di ovociti che può compromettere la fertilità. «Al primo e secondo tentativo fu recuperato un ovocita a volta con il transfer di un embrione, ma senza successo. Dissuademmo la paziente da fare il terzo, ma lei volle ugualmente provare. Trasferimmo due embrioni: oggi ha due gemelli. È il cento per cento», conclude il racconto la dottoressa Cristiana Parri, direttrice del Centro di Procreazione medicalmente assistita (Pma) dell’ospedale Versilia, l’unico dell’Asl Toscana Nord Ovest, uno dei tre in Toscana (gli altri sono a Careggi e a Cortona). Di storie di coppie con il desiderio di avere un figlio ne sono passate migliaia davanti ai suoi occhi; quella che racconta è una fra quelle che più le sono rimaste impresse. Il centro di Pma del Versilia, con uno staff di due medici (un terzo è in arrivo) e tre biologi, in ventidue anni di attività anni ha realizzato 16.277 cicli di trattamento di fecondazione medicalmente assistita (di cui “solo” 400 di fecondazione eterologa, perché questo tipo di trattamento è stato introdotto cinque anni fa); vi si sono rivolte, in questo arco di tempo, 11.619 coppie, provenienti per l’84,51% dalla Toscana e il resto da fuori: soprattutto da Liguria, Lazio, Calabria, Piemonte. Dai trattamenti sono nati 3.600 bambini: «un piccolo paese», dice con un sorriso la dottoressa Parri. Dietro a questi successi, un lavoro incessante degli addetti ai lavori. Da alcuni mesi possono contare su un supporto altamente tecnologico che potrà incrementare il livello già di eccellenza del reparto.
La novità
Si tratta dell’incubatore EmbryoScope, dotato di tecnologia time-lapse e intelligenza artificiale: l’unico in Toscana con queste caratteristiche. Costo 150.000 euro: fondi che il ministero della Salute mette a disposizione delle Regioni e che queste ultime destinano agli ospedali in base agli interventi realizzati. «Questo tipo di incubatore – spiega la dottoressa Parri – permette la visualizzazione a video dell’embrione, non serve aprire lo sportello; l’embrione rimane dentro l’incubatore fino al giorno del transfer». La minore esposizione ad anidride carbonica e ossigeno fa aumentare le chance di successo per l’embrione. «Stiamo usando EmbryoScope da metà febbraio – dice la direttrice della Pma –. Ad autunno faremo il punto sui risultati: li renderemo noti in un convegno che stiamo organizzando per il 30 ottobre qui al Versilia. Confidiamo comunque che questo macchinario possa aumentare le chance di successo, dal momento che svolge anche una funzione di osservazione dell’embrione in tutte le fasi di divisione cellulare. L’embrione che si è diviso meglio è quello che più facilmente potrà svilupparsi».
Percentuali
In questi ventidue anni, la percentuale di successo nei singoli tipi di trattamento sono state del 18% per la fecondazione di primo livello (consiste nell’iniettare il liquido seminale trattato in laboratorio nell'utero della paziente), del 30-32% per la fecondazione omologa (con ovociti e spermatozoi della coppia) e del 45% per l’eterologa (con sperma di un donatore): la percentuale in quest’ultimo caso è più alta perché, spiega Parri, «i donatori di solito sono giovani».
Età delle pazienti
L’età media delle pazienti che si rivolgono al Centro di Pma del Versilia per un trattamento è di 39,4 anni. La concentrazione massima (41,5%) è nella fascia da 35 a 39 anni, seguita da quella fra 30 e 34 (23,8%) e 40-42 (20,7%). Ha meno di 29 anni solo il 5,6% delle pazienti; 43 il 4,1%, 44 il 4,3.