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Stragi nazifasciste in Toscana, la grande vergogna: i ritardi nei risarcimenti, i ricorsi delle famiglie e la risposta del Ministero

di Barbara Antoni
Più di 280 stragi in Toscana
Più di 280 stragi in Toscana

Più di 280 eccidi: è questo l’enorme prezzo di vite umane pagato dalla Toscana tra l’aprile e l’agosto del 1944

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Più di duecentottanta fra stragi ed eccidi nazifascisti in 83 comuni. Circa quattromilacinquecento i morti fra i civili. È l’enorme prezzo di vite umane pagato dalla Toscana tra l’aprile e l’agosto del 1944. Sant’Anna di Stazzema con 560 vittime, Civitella in Val di Chiana con 244, Guardistallo con 63: i luoghi in cui la ferocia nazista raggiunse i suoi apici. Uomini, donne e bambini massacrati senza pietà, stuprati, bruciati vivi, vittime di violenze indicibili prima della morte: i loro familiari, alcuni dei quali ancora viventi, hanno avuto la vita segnata; un dolore che si è trasmesso nelle generazioni. In virtù di un accordo stipulato nel 1961 con l’Italia, la Germania non ha pagato i ristori ai familiari delle vittime: lacuna colmata dal decreto 36 del 2022 del governo Draghi, con il quale fu istituito il fondo – 55 milioni elevati poi a 61 – per i risarcimenti.

Un muro di gomma

Ma quello che doveva rappresentare, finalmente, un segnale di vicinanza dello Stato alle famiglie degli uccisi in quei mesi atroci del ’44 si è trasformato in un muro di gomma. Prima le resistenze da parte dell’Avvocatura di Stato di fronte ai ricorsi presentati dalle famiglie, contestando perfino che il tempo potesse avere attenuato il dolore e annullare il diritto al ristoro; poi, per i ricorsi andati a sentenza di primo grado, con il consenso del giudice al ristoro, le resistenze del ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), preposto ai versamenti ai familiari, ad effettuarli. Perché i fondi per i pagamenti mancano, contestano politici e legali dei familiari.

Circa mille ricorsi

In ballo, secondo fonti non confermate, circa mille ricorsi. Tra questi, la causa che racchiude 170 vittime di Civitella («l’udienza è calendarizzata a maggio 2025, ma il processo sarà lungo», spiega il legale delle famiglie, Roberto Alboni) e i sedici ricorsi delle famiglie di Guardistallo: a dicembre 2024 avevano optato per un accordo di transazione con l’Avvocatura di Stato, ma il 16 gennaio 2025, l’Avvocatura ha comunicato loro l’arresto della fase conciliativa, per mancanza di fondi per procedere ai risarcimenti. Un nuovo smacco per le famiglie, che hanno comunque scelto di proseguire con le cause e depositare memorie: le udienze si terranno nei prossimi mesi. «Circa un quinto dei procedimenti introdotti è arrivato a sentenza – spiega l’avvocato Diego Cremona, legale di Empoli che cura circa cento cause di risarcimento per eccidi avvenuti nel Fiorentino –. Gli altri ricorsi sono pendenti ed è prevedibile che, in larga misura se non tutti, possano essere trattenuti in decisione entro un ulteriore anno. I familiari sono stati edotti del fatto che i tempi per arrivare a sentenza potessero essere più lunghi di quanto finora è stato. Ma ciò che meno si accetta è che, conseguita la sentenza favorevole, i tempi per l’adempimento si facciano incerti».

Ritardi nelle procedure

Incertezza sui pagamenti dovuta, come sottolinea Cremona, al fatto che il Mef,« presso cui è istituito il fondo destinato alle vittime di eccidi e deportazioni, che abbiano ottenuto sentenze passato in giudicato, ha avviato le procedure di pagamento con ritardo. Peraltro non sono noti i ritmi di evasione delle domande. Sarebbe necessario intensificare quei ritmi e rendere trasparenti sia l’ordine di evasione che i tempi di previsione per adempiere. Non giova del resto, a creare trasparenza, fiducia tra cittadino e istituzione, il fatto che dal ministero non sia pervenuta chiarezza in ordine al primo stanziamento dei venti milioni di euro per il 2023 – come prevede il decreto legge Draghi – la cui dotazione non è chiaro se sia ancora destinabile ai risarcimenti o se sia perduta alla causa perché non tempestivamente: ciò e sarebbe inaccettabile». Cremona avanza una proposta: aprire un confronto tra ministeri degli Esteri italiano e tedesco. «La Germania si arrocca sull’avere dato adempimento all’accordo di Bonn del ’61. Potremmo provare a convincerla a investire molto di più nella Fondazione “Memoria Responsabilità e Futuro” che la Germania ha promosso e finanziato dal 2000 e la cui legge istitutiva già prevedeva che, con l’aiuto dell’industria tedesca, si mettessero a disposizione risorse per il risarcimento di ex lavoratori coatti e deportati».

La versione del Mef

Chiamato in causa dal Tirreno chiedendo un punto sullo stato dell’arte dei risarcimenti e sull’attuale consistenza del fondo, per sapere quanti siano ad oggi i ricorsi pendenti e quelli saldati, in Italia e in Toscana, il Mef fornisce questa risposta. «Finora – spiega – sono stati pagati, per il 2024, 11.265.876,04 euro per 51 ordini di pagamento; per il 2025, 7.404.155,90 euro per 37 ordini di pagamento». Il Mef «assicura il pieno rispetto del diritto di tutti coloro ai quali verrà riconosciuto il ristoro per i danni subiti per crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich, di cui all’articolo 43 del decreto legge 36 del 2022. A tal proposito appare significativo sottolineare come il governo abbia provveduto all’aumento della dotazione del fondo istituito a tale scopo». Non viene riferito alcun dato toscano sui ristori saldati, «attualmente non calcolabile», viene spiegato.

«Giocano a nascondersi»

Le affermazioni del Mef suscitano indignazione nel senatore dem Dario Parrini, da anni in prima linea per tutelare il diritto ai ristori di familiari di vittime di guerra e di deportazioni. «Quanto afferma il Mef non corrisponde a verità – dichiara –. Se fossero intenzionati a pagare, perché non rispettare i termini delle domande già presentate e lasciar trascorrere più dei 180 giorni di legge costringendo alcuni a rivolgersi al Tar per ottenere un giudizio di ottemperanza? E perché non rispondere alle mie domande? Quanti soldi in tutto restano a disposizione del fondo? Quante domande di accesso al fondo e per quale valore complessivo sono giacenti presso il fondo istituito dal Mef? Fino a che non daranno questi dati fondamentali le risposte sono aria fritta, le rassicurazioni non rassicurano nessuno e infatti continua a salire il numero di persone che hanno un titolo definitivo in mano ma sono costretti, magari quasi o ultra 90enni, ad attese inconcepibili ben sopra i termini di legge. Qualcosa non torna. Giocano a nascondersi. Alle mie interrogazioni, le più importanti e dettagliate, non hanno mai risposto».

«Servirà una selezione»

Il senatore leghista Manfredi Potenti, anche lui impegnato sul fronte dei ricorsi, adduce i ritardi del Mef nei pagamenti a «un sovraccarico di richieste risarcitorie. Se i tempi si allungano, c’è il rischio che per lo Stato le cifre diventino ben altre. Il ministero mi conferma di conoscere e seguire tutte le situazioni e di comprenderle. La sensazione però è che ci sarà l’esigenza di arrivare a uno screening delle situazioni pendenti: è probabile che alcuni ricorsi non siano riconducibili vittime di eccidi o deportazioni ma di bombardamenti o altro».

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