Dal Midhò alla Canniccia, quando la Versilia era capitale delle discoteche: come e perché è cambiata la “mappa” del divertimento notturno
Dai tanti locali degli anni d’oro ad oggi lo scenario è trasformato: il dj Massimo Barsotti prova a spiegare i motivi
VIAREGGIO. Linus, Cavalluccio, Bussola, Twiga, Capannina di Forte dei Marmi, Capannina del Marco Polo, Seven Apples, Ostras beach. E ancora: Evita, Agorà, la Caravella, Nabilia, Mora Mora, Mama Mia, Liberty, Maki Maki, Corsaro Rosso, Macondo, Midhò, Carpe Diem, Canniccia, Frau, Snitz, Beso, Magazzini Mondani, Carpe Diem, Kama Kama.
L’elenco delle realtà versiliesi che hanno contribuito nel corso degli anni a creare l’immagine della Versilia come una meta per la movida è lungo. Ed è possibile che ne stiamo dimenticando qualcuna. Ma da quel roseo periodo che va dagli anni Sessanta ai primi anni Duemila tanto è cambiato.
Chi resiste
I locali che resistono sono pochi: alcuni inossidabili come la Capannina di Franceschi, altri come il Twiga e il Maki Maki che restano brand preziosi del litorale, altri ancora come il Seven Apples e l’Ostras che hanno riacceso musica e luci questa estate. Ma molti invece ormai sono solo un ricordo che vive nelle generazioni che in quelle piste si sono divertite, ballando a diversi ritmi di musica. Anzi, non solo un ricordo: talvolta, strutture fatiscenti che cadono a pezzi. Alcune all’asta e altre lì in attesa di una burocrazia che non riesce a trovare soluzioni. In poche hanno trovato nuova vita.
La crisi
Ma cosa è cambiato dai tempi in cui Mina si esibiva per la prima volta in concerto con Le mille bolle blu, Tintarella di Luna e Brava alla Bussola di Marina di Pietrasanta? O da quando il Kama Kama riusciva a invitare Dj di fama mondiale sotto al ponte di Sasso tra il comune di Massarosa e quello di Camaiore? «Tutto è cambiato e sono molti i motivi che hanno portato a questa situazione». Massimo Barsotti è massarosese ed è uno dei dj che ha fatto e sta facendo ballare tante generazioni con la sua musica. Negli anni Settanta ha esordito al Linus e da lì non si è più fermato.
È stato anche il titolare di un negozio di dischi a Forte dei Marmi, un’attività durata per ben 27 anni. Ora continua a lavorare con la sua musica, ma è nostalgico dei tempi andati. «Non è facile parlare di quello che è stato – racconta – una certa movida in Versilia è finita perché è finito uno stile di vita spensierato accompagnato da un benessere economico. Le varie crisi iniziate intorno al 2008 hanno portato i giovani a rivedere le proprie priorità. E la discoteca per molti stava diventando un lusso che non si potevano permettere con regolarità. Questo i titolari lo hanno capito e molti di loro hanno deciso di togliere il pagamento del biglietto all’ingresso. Ma da quel momento hanno iniziato a soffrire».
Insomma, un gatto che si morde la coda. «Togliere il biglietto è stato un po’ come perdere la propria identità. La Versilia ha sempre accontentato tutti i target di pubblico offrendo diverse serate e a diversi prezzi. C’è chi preferiva trascorrere la domenica sera al Seven Apples, chi il martedì andava al Twiga, o chi il sabato sera aspettava il dj di fama internazionale al Kama Kama». Il Covid poi ha dato il colpo di grazia. «La pandemia – continua – ha messo in ginocchio le discoteche. Sono state le ultime a riaprire e in poche hanno resistito».
Ma anche la politica ha le sue responsabilità. «Le amministrazioni locali invece di incentivare queste realtà hanno iniziato a porgli restrizioni per mille motivi, dalla sicurezza agli obblighi di staccare la musica a un certo orario».
Il fattore culturale
C’è anche un fattore culturale. «Negli anni 80 sul litorale che da Torre del Lago arriva fino a Marina di Massa erano presenti circa 20 discoteche. Lavoravano tutte. Gli appassionati andavano lì per ritrovarsi e per ascoltare le ultime canzoni uscite. Erano un punto di riferimento. Ora questo attaccamento si è affievolito, anzi è quasi sparito. Tante persone non vanno a ballare perché spinte da una cultura musicale, ma vanno solo per sballarsi. E non sto facendo riferimento alle droghe, quelle sono sempre esistite. Parlo proprio dell’interesse nell’ascoltare musica ballando. Tutto questo non c’è più. E una delle cause è anche il proliferarsi di realtà che propongono serate con dj set. Prendo ad esempio gli stabilimenti balneari. Dopo il tramonto, organizzano aperitivi, cene e appuntamenti danzanti. Anni fa questa situazione era considerata un’eresia. Non esisteva proprio. Per ballare si andava in discoteca».
Locali mitici
E tra i nostalgici del ballo c’è Cinzia Botti, 39 anni, anche lei di Massarosa. Ricorda bene le serate allo Snitz, ex locale vicino al Cavalcavia di Viareggio, ma anche nelle varie realtà della Darsena. «Lo Snitz era diventato un rito. Tutti i sabati dalle 23,30 alle 5 del mattino. Lì ho fatto pure qualche capodanno. Andare a ballare implicava una lunga preparazione. Ho ricordi bellissimi». C’è pure chi rammenta le fughe dai genitori per andare al Kama Kama. «Dovevo inventarmi che andavo a dormire da delle amiche per poi andare al Kama – racconta Giulia Barsotti, 33 anni – che serate, ho sempre amato quella musica. Ogni sabato c’era un dj diverso. Ormai questa musica non si trova più in Versilia. E cerco di andare a Ibiza almeno una volta all’anno».
Conferma l’esistenza di questa nostalgia Massimo Barsotti. «Ogni tanto si assiste a qualche serata revival: “Quelli del Linus”, “Quelli del Cavalluccio” e anche qualche serata del Kama Kama. Tutte naturalmente in location diverse da quelle storiche. Ma quando sembra che si stia aprendo uno spiraglio di luce, arriva la notizia che qualcuno chiude».