Il Tirreno

Versilia

L'intervista

Morto in culla a Viareggio, il medico: «Ecco perché i bimbi positivi alla droga sono in aumento»

di Lorenzo Carducci

	Il professor Luca Filippi e un neonato
Il professor Luca Filippi e un neonato

Il professor Filippi: la contaminazione tramite il latte materno ma non solo

22 agosto 2024
3 MINUTI DI LETTURA





VIAREGGIO. In una società nella quale il consumo di droghe cresce, è inevitabile che aumentino i casi di intossicazione neonatale da sostanze stupefacenti. Come spiega il professor Luca Filippi, direttore dell'unità di neonatologia dell’Azienda ospedaliero universitaria pisana e docente di pediatria all’Università di Pisa. E il recente caso di un bimbo morto in culla a Viareggio, nato e trovato positivo alla cocaina, riaccende la questione.


Professor Filippi, questi casi preoccupano sempre di più...


«Non so se sia in aumento il numero di morti, che fortunatamente sono casi eccezionali. Di certo sono sempre più frequenti le intossicazioni dei neonati da sostanze stupefacenti, perché ultimamente l’uso di sostanze è in aumento: in Toscana ad esempio il consumo di cocaina è elevato e questo naturalmente comporta una maggiore esposizione dei bambini, che più sono piccoli più sono fragili, specialmente nel primo mese di vita».


In che modo i neonati vengono contaminati?


«La modalità più diretta è il latte materno e in questo senso dipende dall’assunzione di sostanze da parte della madre. A volte succede anche per errore, con la contaminazione di contenitori precedentemente utilizzati dai genitori. E poi ci sono i casi più pericolosi, con genitori che somministrano volontariamente droghe ai bambini per sedarli. Tutte queste variabili comportano che i bambini possano avere effetti farmacologi conseguenti all’assunzione di queste sostanze: i casi di morte sono legati al fatto che gli stupefacenti deprimono l’attività respiratoria del bambino».


Ci sono altri sintomi evidenti? La cura in che cosa consiste?


«Un altro sintomo della possibile assunzione di sostanze oppiacee è dato dalle pupille costrette. Quando abbiamo il sospetto che il bambino possa essere contaminato, facciamo l’esame delle urine e cerchiamo i metaboliti delle sostanze stupefacenti, che si possono trovare anche nel sangue. Quando ci accorgiamo della contaminazione utilizziamo degli antidoti, che spesso confermano una data sostanza come responsabile del quadro clinico».


Non è solo un tema sanitario ma anche sociale, non crede?


«Certamente. Noi lavoriamo in strettissima collaborazione con i servizi sociali territoriali, a cui inviamo le nostre segnalazioni e che a loro volta avvisano anche il tribunale dei minori, per mettere in campo interventi a tutela della salute dei bambini. La priorità è fare in modo che i bambini non siano esposti a rischi. Se è possibile farlo conciliando la presenza del bambino in famiglia bene, sennò se gli enti competenti ritengono necessaria la separazione, intervengono in tal senso».


Su questi aspetti la sanità Toscana secondo lei è abbastanza sensibile e attenta?


«Nel sistema toscano gli operatori sanitari e i servizi sociali hanno una sensibilità elevatissima sul tema, che si abbina alla tempestività di intervento. Non significa che non ci siano rischi, quelli dipendono dalla larga diffusione delle sostanze, ma i nostri protocolli operativi per la sicurezza dei bambini sono rodati e adeguati». 

Primo piano
Il delitto

Omicidio di Viareggio, le sorelle della vittima: «Ucciso come un animale, vogliamo giustizia»

Sportello legale