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Strage di Viareggio, migliaia in corteo: la città si stringe ai familiari delle vittime – Video

di Donatella Francesconi

	Il corteo in memoria delle vittime della strage di Viareggio
Il corteo in memoria delle vittime della strage di Viareggio

Quindici anni dopo quella notte maledetta la città non ha dimenticato. Il ricordo del medico: «In ospedale c’era un lago di acqua e amuchina»

29 giugno 2024
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VIAREGGIO. Sfila Viareggio, nel 15esimo anniversario del disastro ferroviario – 29 giugno 2009, 32 morti – e «guarda quanto c’è che c’è». Quindici anni di una città intera riassunti in questa frase di una donna che si unisce al corteo, strada facendo. Sfilano le associazioni cittadine e della Versilia, pezzi di sindacato, una rappresentanza degli Ultrà bianconeri che in corteo, dopo così tanto tempo, portano lo striscione della manifestazione del primo mese: “Giustizia”. E camminano, mescolati nel fiume che scorre, i ragazzi e le ragazze degli scout: piccolissimi 15 anni fa se non ancora nei sogni dei genitori, ma tengono in mano le foto plastificate delle vittime di quella maledetta notte.

Non mancano i ferrovieri, ancora mobilitati per la sicurezza, e – da Livorno – i rappresentanti del Comitato Moby Prince. Poco prima del semaforo di via Coppino – quest’anno il corteo ha preso il via dalla Darsena – due donne si abbracciano dietro lo striscione con i volti delle 32 vittime del disastro ferroviario: sono Daniela Rombi, che quella notte ha perso la figlia Emanuela Menichetti, 21 anni, e Rita Razzuoli, madre di Manuele Iacconi che su quel marciapiede fu ucciso a colpi di casco la notte di Halloween del 2014.

Poco più indietro spicca nel corteo lo striscione “FenomenAle”, l’associazione attraverso la quale familiari e amici di Alessandro Cecchi, morto in un incidente stradale, lo ricordano attraverso la solidarietà. Migliaia di piedi camminano per raggiungere via Ponchielli, il luogo dove quella notte tutto cambiò. Chi non sfila non rimane indifferente. Gli scampoli di conversazione iniziano tutti allo stesso modo: «Quella notte ero, quella notte eravamo. E via che scorrono i ricordi».

Come quelli di Daniele Taccola, consigliere comunale di Pietrasanta, che ha rappresentato sindaco e Comune, e medico all’ospedale Versilia: «Tutti i colleghi della Versilia raggiunsero l’ospedale quella sera in brevissimo tempo, senza essere chiamati. Io vidi entrare le prime ambulanze. Arrivò anche l’allora direttore generale della Asl, Giancarlo Sassoli: lo ricordo con le maniche rimboccate che portava bacinelle. A terra c’era un lago: litri di acqua e litri di amuchina. Ricavammo un posto in alto intensità per l’autista polacco che era nella zona del disastro ferroviario perché aveva sbagliato strada. Il calore fece fondere le Superga che aveva ai piedi. Quando riuscimmo a rimuovere tutto, era rimasto senza nessun tessuto muscolare. Sotto la pianta dei piedi si vedevano solo le ossa».

Mescolato con i familiari delle vittime c’è Carlo Beretti, zio di Federico Battistini, una delle vittime: sul retro della maglietta della associazione “Il Mondo che vorrei” ha fatto stampare le frasi dei giudici di Cassazione, là dove nero su bianco si esprimono «confermando le responsabilità penali e civili già accertate per il disastro ferroviario di Viareggio, 29 giugno 20029». In via Garibaldi, all’altezza della Croce Verde che quella notte subì danni importanti, volano i palloncini. Mentre i treni in transito lungo i binari non smettono di fischiare la memoria di quella notte. Sulla quale pesano come un sigillo le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Viareggio venne ferita dalle conseguenze di un disastro ferroviario che, oggi come allora, ci appare inaccettabile».

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