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Morta in piscina a 12 anni a Pietrasanta, il medico che tentò di salvare Sofia: «Quei minuti infiniti sperando in un miracolo»


	La piccola Sofia e il luogo della tragedia
La piccola Sofia e il luogo della tragedia

La tragedia del 2019 al bagno Texas: sette imputati, ecco tutti i nomi

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MARINA DI PIETRASANTA. I genitori della bambina che aveva cercato di aiutare, senza successo, sono usciti dall’aula dibattimentale per stringergli la mano e abbracciarlo. Non se lo aspettava il dottor Tiziano Ceragioli, il medico che quel tragico 17 luglio 2019 fu il primo a cercare invano di rianimare la piccola Sofia Bernkopf, la dodicenne di Parma morta nella piscina del bagno Texas di Marina di Pietrasanta.

Pochi minuti prima aveva deposto, come testimone dell’accusa retta dal sostituto procuratore Salvatore Giannino, davanti al giudice Gianluca Massaro. Si trovava nel bagno accanto a quello dove si verificò la tragedia e accorse in costume inginocchiandosi di fronte a quel corpicino inerme sdraiato a borgo vasca: «Mi chinai su di lei e provai in tutti i modi a rianimarla procurandomi anche delle ecchimosi alle ginocchia. Proseguì sino all’arrivo dell’ambulanza perché il giorno precedente mi era capitato di salvare un ragazzino che frequentava un altro stabilimento balneare nella zona. Purtroppo le due vicende erano completamente diverse: la bimba era già morta e chissà da quanto tempo si trovava sott’acqua quando venne riportata in superficie. Un dolore straziante anche per me che a distanza di quattro anni ho ancora negli occhi quella scena».
Gli imputati a vario titolo per il decesso della bimba sono sette: Simonetta e Elisabetta Cafissi di Prato, rispettivamente di 66 e 70 anni, con ruoli di gestione diretta del “Texas” assistite dal professor Tullio Padovani del foro di Pisa, i loro coniugi, rispettivamente Giampiero Livi, 67 anni e Mauro Assuero Marchi, di 74 anni, difesi da Alberto Rocca e Filippo Bellagamba, Thomas Bianchi e Emanuele Fulceri, i bagnini del Texas, di 24 e 50 anni, il primo di Pietrasanta e il secondo di Viareggio sostenuti in giudizio dal professor Enrico Marzaduri e dall’avvocato Cristiano Baroni e Enrico Lenzi, 62 anni, nato a Pescia e residente a Massa e Cozzile fornitore e installatore della piscina idromassaggio dello stabilimento di Marina di Pietrasanta.
Nella seconda udienza – ve ne saranno almeno altre quattro sino a giugno – il medico versiliese accorso dal bagno vicino dopo aver saputo della notizia iniziò a praticare la respirazione artificiale e il massaggio cardiaco: «Poi mi venne fornita prima la cannula e poi il defibrillatore, ma l’attività cardiaca era assente perché appoggiando la piastra il dispositivo elettromedicale non diede segnale».

Nessuno gli consegnò il pallone Ambu, uno strumento di supporto utilizzato per supportare l’attività respiratoria: «Non mi venne fornito o mostrato, ma non so dire se il bagno lo avesse o meno in dotazione. Io ero concentrato sulle operazioni di rianimazione e su quella bambina e non mi rendevo nemmeno conto della gente che c’era intorno a me. Ho proceduto attraverso le necessarie manovre a toglierle il cibo che ostruiva le vie respiratorie, ma ogni mio sforzo è stato reso vano». 

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