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Versilia

La strage di Viareggio
La protesta

Strage di Viareggio, i familiari tornano in piazza: «No all’impunità per i responsabili»

di Donatella Francesconi
L’incontro dei familiari delle vittime della strage
L’incontro dei familiari delle vittime della strage

Presidio contro l’ipotesi che nessuno faccia nemmeno un giorno di carcere

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VIAREGGIO. I familiari delle vittime della strage invitano tutti a non mancare l’appuntamento di stasera: presidio davanti alla stazione, in piazza Dante, a dieci mesi dalla seconda sentenza d’appello senza che dalla Cassazione – che deve fissare l’udienza del terzo grado di giudizio (per la seconda volta) – sia ancora arrivata nessuna notizia. La domanda che i familiari si fanno è: «È partito o no il fascicolo da Firenze? Se non è partito, la prossima settimana si va a Firenze».

I temi che portano di nuovo in strada i familiari delle vittime del disastro ferroviario di Viareggio – 29 giugno 2009, 32 morti – sono due, come hanno spiegato nella sede de “Il Mondo che vorrei”, accompagnati dagli esponenti di Assemblea 29 giugno: «Fissazione dell’udienza in Cassazione e sicurezza lungo i binari. Per quanto riguarda la Cassazione, davvero si può pensare che Mauro Moretti (ex ad di Ferrovie dello Stato all’epoca dei fatti e condannato a 5 anni dalla Corte d’Appello di Firenze, ndr) compie 70 anni a ottobre, e se l’udienza non si terrà prima di quella data non farà più neppure un giorno di carcere», sono le parole di Daniela Rombi, vice presidente de “Il Mondo che vorrei” che ha perso una figlia, quella maledetta notte. «Il problema di questo Paese – aggiunge il presidente della associazione, Marco Piagentini, che nella strage ha perso due figli piccoli, la moglie, ed è rimasto per mesi tra la vita e la morte a seguito delle ustioni riportate, «è l’impunità». E «ritorna a bomba il problema della prescrizione», continua Rombi: «Una condanna a 5 anni, per quello che è accaduto non è niente. Ma sarebbe segno della certezza della pena. E, inoltre, se le condanne fossero reali un po’ più attenti su certi temi starebbero tutti». Senza dimenticare che, nel processo per la strage di Viareggio, «tanti condannati sono tedeschi e non andranno in carcere neppure se hanno preso 8 anni. È difficile da digerire e basti pensare alla battaglia delle madri delle vittime del rogo della ThyssenKrupp (Torino 2007, morirono 7 operai, ndr). Nessuno dei manager condannati è in carcere».

I familiari di chi quella notte credeva di essere al sicuro tra le mura di casa, lo dicono chiaramente: «Di tribunali siamo stanchi. Vogliamo occuparci di sicurezza in ferrovia». Un compito che oggi diventa ancora più importante alla luce di quanto va accadendo lungo i binari d’Italia: «Nessuno ha chiesto un’indagine sull’incidente del 3 febbraio a Viareggio quando un treno carico di Gpl è stato fermato in stazione per un principio d’incendio». Causato, come altri 40 accaduti in Italia negli ultimi due-tre anni, da impianti frenanti che montano suole che si surriscaldano: «Non solo si surriscaldano», spiega Marco Piagentini, «ma anche corrodono il bordino della ruota così che si crea lo svio de treno, come già accaduto. A Viareggio l’incendio è stato spento grazie al primo intervento del macchinista con un estintore. Ma i vigili del fuoco hanno lavorato quattro ore per mettere in sicurezza il convoglio. Ci si può affidare al semplice estintore? ». La risposta di Ferrovie «è che si possa”, sottolinea Daniela Rombi, «visto che secondo le ultime disposizioni Fs è proprio lo stesso macchinista che deve fare le prove ai freni e deve “percepire”– questo il termine utilizzato – se tutto va bene. Al macchinista viene attribuita tutta la responsabilità».


 

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