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Il primario di ortopedia Manca lascia il Versilia: «Scelta di vita, vado in pensione»

di Matteo Tuccini
Mario Manca primario di ortopedia che a breve lascerà l’attività ospedaliera
Mario Manca primario di ortopedia che a breve lascerà l’attività ospedaliera

Il mago delle protesi: il privato? Non so, voglio pensare alla famiglia

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VIAREGGIO. La voce circolava da giorni. E come succede per i grandi campioni che sono un passo dal dire addio alla squadra, è impossibile tenere il segreto troppo a lungo. Così Mario Manca, storico primario di ortopedia dell’ospedale Versilia dove si è guadagnato la fama di “mago delle protesi” – tra anca e ginocchio ne ha impiantate oltre 4.000 in vent’anni – ieri ha deciso di confermare la notizia: «Sì, lascio il Versilia. Vado in pensione, è una scelta di vita quella che faccio. Tanto che non so neppure se continuerò a lavorare: può darsi di sì, ma voglio dedicare tutto il tempo necessario alla famiglia». Alla sua bambina e alla compagna Alessandra Vitè, conosciutissima ginecologa che lavora all’ex Tabarracci dopo aver prestato servizio a lungo in ospedale.

Manca, sardo di origine e versiliese di adozione, compirà 66 anni a giugno: un mese dopo, a fine luglio, andrà in ferie per non rientrare più al lavoro in ospedale. La sua carriera è cominciata al Santa Chiara di Pisa, a fianco del suo maestro Alessandro Faldini – interprete della scuola di ortopedici chiamati “allievi di Scaglietti” – dopo aver fatto l’allenatore di pallavolo e anche il cameriere per pagarsi gli studi. Primario al Versilia dal 2007 dopo esserlo stato a Massa, Manca è attualmente responsabile delle ortopedie di tutta l’Asl Nordovest e past president dell’Otodi, la società nazionale degli ortopedici e traumatologi italiani.

Dottor Manca, il suo addio è una vera e propria bomba. Lo sa?

«Ho voluto confrontarmi con la direzione generale dell’Asl prima di confermare pubblicamente che ho deciso di salutare. Sia con la direttrice Maria Letizia Casani che con il direttore sanitario Giacomo Corsini il confronto è stato e continua ad essere sereno. Me ne vado senza alcuna polemica».

Negli ultimi anni si parlava di una certa insofferenza da parte sua per la gestione dei posti letto di traumatologia, destinati ai pazienti Covid invece che alla chirurgia. È così?

«La pandemia è calata sulle nostre teste come una tempesta. Il nostro ospedale, così come il nostro reparto di ortopedia, funzionava come un orologio che il Covid ha scombinato completamente. Non credo si possano attribuire responsabilità a qualcuno se non al virus stesso: era inevitabile che potessero esserci delle conseguenze sull’organizzazione generale. Rassicuro tutti: non vado via lasciandomi dietro una porta sbattuta».

Perché allora?

«È una scelta di vita. Sono riuscito a riscattare gli anni della laurea e a raggiungere gli anni per la pensione. Non sono un ragazzino e ho una figlia piccola da accudire. Voglio godermi lei e la mia famiglia, perché è questa la mia priorità adesso. E continuando in questo lavoro sarebbe stato complicato».

Smetterà di visitare e operare, o proseguirà nel privato?

«Con la massima sincerità: non sono in grado di rispondere oggi a questa domanda. Se dovessi continuare a lavorare con i ritmi di prima non avrebbe avuto senso lasciare l’ospedale. E poi volevo chiudere il rapporto con l’Asl, prima di sondare altre opportunità. Se continuerò, non sarà certo con lo stesso impegno di adesso. E non lo farò in concorrenza all’ospedale, con il massimo rispetto per i colleghi che hanno fatto altre scelte».

I pazienti sono preoccupati: i suoi, ma in generale quelli del Versilia. Dopo Massimo Cecchi, Vincenzo Panichi e altri grandi se ne va anche Manca.

«Non devono preoccuparsi e vi spiego perché: ho fatto in modo di congedarmi con un reparto tornato alla piena funzionalità dopo la pandemia. Sono stati assunti i tre medici ortopedici di cui avevamo bisogno, a breve arriverà anche da noi il robot per gli interventi chirurgici. La squadra è affiatata e competente a prescindere da me. E come per tutti i lavori ci deve essere un ricambio generazionale».

Che cosa si porta dietro di questi 16 anni al Versilia?

«Rivendico le mie origini sarde, ma questa è casa mia. Ho fatto le scuole a Capezzano Pianore e ora vivo a Querceta. Quando sono arrivato al Versilia c’era un clima di grande entusiasmo, un progetto che stava decollando. Le cose sono cambiate e non può che essere così: un’Asl versiliese indipendente non può più esistere. Ma lavorando con accortezza e visione il futuro si può costruire. Bisogna credere nei giovani e nella loro formazione professionale».


 

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