Il Tirreno

Versilia

L’Attesa di Inaco, quel capolavoro diventato simbolo

di Simone Pierotti
L’Attesa di Inaco, quel capolavoro diventato simbolo

Dieci anni fa l’inaugurazione della scultura che domina gli scogli del molo di Viareggio

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VIAREGGIO. C’è una parola – un verbo, per l’esattezza – che in spagnolo ha un duplice significato: esperar. Che vuol dire sperare, ma anche aspettare. Perché l’attesa, a ben pensarci, non è poi così lontana parente della speranza. La stessa che Inaco Biancalana scolpì sui volti della statua che prende, ben appunto, il nome de L’attesa. Un monumento che in questi mesi festeggia un doppio anniversario - il settantesimo della sua realizzazione e il decimo della posa sul molo della riproduzione in bronzo.

Era il 1947 quando Biancalana trasformò un blocco di legno in una delle opere più toccanti e paradigmatiche della sua arte. L’attesa che dà il titolo alla statua originale, alta poco meno di un metro, è quella della gente di Viareggio per un capofamiglia partito a salpar le onde: la consorte del marinaio tiene in braccio il pargolo, attorno a lei un'altra donna e da un anziano navarca a cui s’aggrappa una bambina. Con pochi ma essenziali tratti Inaco seppe personificare l’angoscia, ma anche la speranza, tipica di chi vedeva un padre, un figlio, un nipote imbarcarsi su un bastimento e covava il timore di non riabbracciarlo più, di saperlo inghiottito dai cavalloni. Dal ventre in giù, i cinque personaggi si fondono in un unico blocco compatto, quasi a voler sottolineare la condivisione di un medesimo sentimento. Il loro atteggiamento, come ha scritto Marcella Malfatti in uno dei capitoli del breve libro “L’Attesa di Inaco” edito da Pezzini, «benché statico sia nella postura che nella fissità degli sguardi che scrutano l’orizzonte suggerisce, tuttavia, all’osservatore un intimo moto di slancio» verso «quell’indefinito punto della distesa del mare dal quale ci si attende l’epifania desiderata e sospirata della persona amata».

Quello di Biancalana non era soltanto uno spaccato della comunità in cui era cresciuto e vissuto, un omaggio alla tradizione marinara di Viareggio: era anche un atto d’amore verso la sua città. Un amore contraccambiato a distanza di sessant’anni quando, il 6 luglio 2007: quel giorno, in un luogo simbolico quale lo “scoglio di Tito”, fu collocata una grande statua bronzea che in oltre tre metri di altezza riproduce e rivisita al tempo stesso l’originale di Biancalana. La firma è di Gionata Francesconi, la cui sensibilità poetica ha contraddistinto molti carri di Carnevale prima del suo ritiro. In quell’occasione un commosso Zeffiro Rossi, presidente dell'associazione Medaglie d'Oro Lunga Navigazione venuto a mancare nei mesi addietro, svelò un aneddoto: «Per questo nuovo simbolo di Viareggio mi prendo un po' di merito», disse. «Pochi sanno che nel febbraio 1998, durante un incontro tra il figlio d'Inaco, Giuseppe Biancalana, con i presidenti delle altre associazioni marinare nacque l'idea di questo progetto e fu inviata la proposta al sindaco Marco Costa. Nostro paladino fu il professor Antonio Simonetti che seppe coinvolgere le istituzioni e le varie personalità».

E allora, in un'occasione così speciale, è doveroso ricordare anche lui, un vero uomo di mare. Come quello atteso dalla gente di Viareggio ritratta da Inaco.

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