Altro che americana la nocciolina viene da Massaciuccoli
Roberto Dones, 42 anni, milanese, coltiva le arachidi nei terreni della bonifica dell’agriturismo “Casa Rossa”
MASSAROSA. Le conosciamo come noccioline americane e le associamo a Super Pippo che le usa come carburante per i suoi super poteri. Le chiamava «le spagnolette».L’arachide è una pianta molto antica che viene coltivata molto in Brasile e in Senegal. Proprio in Africa Roberto Dones, 42enne originario di Milano, ha visto le coltivazioni e ha deciso di portarle a Massarosa, a Massaciuccoli per l’esattezza dove ha la terra.
«Ho fatto un paio di viaggi in Senegal per partecipare a progetti di cooperazione internazionale in cui aiutavamo le persone del posto piagate dalla desertificazione a far ripartire l’agricoltura. Lì è un alimento diffuso come da noi il pomodoro - racconta - quando poi ho deciso di fare il coltivatore a Massarosa, un vecchio contadino di queste parti mi ha raccontato che fino a 60 anni le donne di Massarosa scendevano dal paese a raccogliere le arachidi come si fa spesso nelle nostre campagne con le olive». Una tradizione che ritorna nel territorio, una coltivazione che è stata riscoperta: la nocciolina di Massarosa.
Roberto arriva a Massaciuccoli a fondare la sua azienda agricola, la Orto Bio, dopo un bel viaggio che lo ha portato in giro per l’Italia e poi all’estero. È giovane ma i segni del tempo stanno spuntando, i solchi delle rughe come l’aratura del campo; ricorda la sua infanzia: «I miei genitori erano dei semplici dipendenti d’azienda, non c’era in casa la tradizione della terra - dice - io però fin da ragazzino ho avuto la passione per l’agricoltura: alle superiori ho fatto l’Agrario, poi ho cambiato e all’università mi sono iscritto a Scienze Politiche. Ma quello della terra era un richiamo troppo forte».
Tra un esame e l’altro infatti Roberto andava a coltivare un piccolo orto che si era affittato in campagna, fuori dalla città. Una volta laureato ha deciso quindi di ritornare al suo primo amore e di dedicarsi completamente al bio: «Sono perito agrario e ho lavorato come tecnico in agricoltura biologica. Facevo consulenze e progetti di assistenza alle aziende agricole biologiche nel centro e nord Italia per conto di un ente che dava la certificazione “bio”».
Ma Roberto, un tipo che difficilmente riesce a stare fermo, poi ha collaborato per il progetto di agricoltura sostenibile in Senegal: «Mi sono inserito in quell’avventura perché volevo evitare che prendesse piede in quel territorio la coltivazione con i pesticidi e i fertilizzanti - racconta - dove sono andato io c’era stato un processo molto forte di desertificazione. Con gli altri volontari abbiamo scavato pozzi e rimesso in piedi i campi. Lì le arachidi sono molto diffuse e sono uno degli ingredienti principali della loro alimentazione».
In Senegal però non ci si è mai trasferito e il suo posto era l’Italia: «Ho fatto questa scelta perché il mio desiderio era quello di coltivare qualcosa di mio: le prospettive dei miei vecchi lavori erano sempre incerte. Ho vissuto nella più totale precarietà per più di dieci anni, ero stanco e ho deciso che, precario per precario, era il momento di mettermi alla prova. Sono arrivato qua che nessuno mi conosceva ma amavo la zona e ho cominciato piano piano a fare coltivazioni all’aperto, senza l’ausilio di serre, facendo le verdure stagionali».
Ed è arrivata anche l’arachide: «È il quinto anno che mi trovo qui a Massaciuccoli, ho preso in affitto quattro ettari di terreno nella bonifica delle Case Rosse e gestisco una piccola azienda a conduzione familiare. L’idea dell’arachide è venuta dal racconto di un contadino della zona che la chiamava “la nocciola da terra”. Ho scoperto che a Massarosa c’era una tradizione in questo senso. Inoltre è una leguminosa e quindi estremamente alcalina: ottima per dare nuovi elementi al terreno. Io le vendo sia crude che tostate: la gente che le compra può prenderle per ripiantarle oppure direttamente da consumare. Per la tostatura le devo portare a Venturina ma spero di poterlo fare anche da solo, in modo da rendermi indipendente».
Ma le noccioline non sono l’unica coltivazione: Roberto fa anche il cavolo nero, i pomodori, le zucchine e tutte le verdure dell’orto. Le arachidi sono partite da un appezzamento piccolo e sono arrivate, quest’anno, a un ettaro intero. La resa non ancora latissima: quattro quintali, ma il problema è stata la stagione secca.
«Dal punto di vista strettamente agronomico non ho incontrato particolari problemi su questo terreno. Solitamente è molto fertile. L’obiettivo è quello di coltivare migliorando la fertilità del terreno, optando per un orto misto e realizzando sempre una rotazione delle tipologie di coltura, con almeno una piantagione di una leguminosa l’anno. Per riuscire a fare questo senza gli strumenti moderni devo fare molte prove e devo trovare un sistema migliore di irrigazione che non sia a goccia, come lo avevo pensato io». A livello di difesa dai parassiti Roberto è riuscito a vedere i primi risultati e ha trovato una sorta di equilibrio. E la produzione ne giova.
«Il problema di quest’inverno è il freddo degli ultimi giorni: ha bruciato gran parte della coltivazione. Di cavolo nero ce n’è - dice - La mia verdura si può trovare in molti gruppi d’acquisto della zona ma io faccio anche le cassette per chi me le chiede».
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