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Toscana

L'analisi

Scuola, in Toscana 375 insegnanti in meno: tagli pesanti con la nuova manovra. Perché gli studenti diminuiscono

di Claudio Vecoli
Scuola, in Toscana 375 insegnanti in meno: tagli pesanti con la nuova manovra. Perché gli studenti diminuiscono

I sindacati contro la sforbiciata alle cattedre: «Occasione persa per eliminare le classi pollaio»

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La scure dei tagli sta per abbattersi sulla scuola. Pesantemente. Dal prossimo anno scolastico, infatti, saranno decapitate 5.460 cattedre in tutta Italia, a cui vanno ad aggiungersi oltre duemila posti in meno fra il personale Ata (vale a dire il personale amministrativo, tecnico e ausiliario). Una cura dimagrante che, declinata in Toscana, significherà 375 insegnanti in meno. Una conseguenza della manovra di bilancio varata dal governo Meloni. Che trova però un assist nel brusco calo della popolazione scolastica, che a settembre si stima che nella nostra regione scenda di quasi ottomila unità.

A farne le spese – come spesso accade in questi casi – saranno in primo luogo i precari della scuola. Che vedranno sensibilmente ridotte le possibilità di poter entrare grazie alle supplenze di lunga durata. Ma “vittime” indirette del taglio dei docenti saranno anche gli stessi studenti visto che il provvedimento è destinato ad acuire il problema delle “classi pollaio”. Destinate ad aumentare, visto che il calo della popolazione scolastica non basterà a compensare il taglio degli insegnanti.

Le province più colpite

Le forbici dei tagli ai docenti non faranno male allo stesso modo in tutte le province. A dover fare i conti con la drastica riduzione del corpo docente, in termini assoluti, sarà Firenze, con 104 cattedre in meno. Un dato che sorprende solo in parte, considerato il “peso” della popolazione scolastica nel capoluogo regionale. Decisamente meno atteso è il taglio che dovrà sopportare la provincia di Lucca (e dunque anche Versilia e Garfagnana), dove il numero di insegnanti scenderà di ben 46 unità. Le cattedre in meno a Livorno, Prato e Pistoia saranno invece 33, mentre a Pisa e Siena il taglio riguarderà 28 posti. Uno in meno dovrà sopportarlo Grosseto, mentre a Massa Carrara il ridimensionamento riguarderà 25 fra professori e maestri. Ultima in questa classifica è la provincia di Arezzo, dove il taglio riguarderà 18 insegnanti.

Studenti in calo

Come detto, il taglio delle cattedre va di pari passo con la drastica riduzione della popolazione scolastica. Che, stando alle stime piuttosto puntuali a disposizione, vede il numero di studenti in drastico calo. Il prossimo settembre la prima campanella suonerà infatti per 436.787 ragazzi rispetto ai 444.756 che quest’anno siedono sui banchi di scuola della Toscana. Un crollo di quasi ottomila studenti legato allo “sboom demografico” che ormai da tempo sta interessando la nostra regione (nel 2020 la popolazione scolastica era di 471.697 mila studenti: a settembre saranno 35.910 in meno) che quest’anno toccherà soprattutto le scuole primarie, dove sensibilmente più marcato è il calo: il prossimo anno scolastico saranno infatti ben 4.198 i bambini in meno che varcheranno l’ingresso di quelle che un tempo si chiamavano scuole elementari. Meno marcato è invece il calo alle scuole medie (meno 1.832 unità) e alle superiori (meno 700), che tuttavia verranno giocoforza investite da questa onda lunga di decrescita nei prossimi anni.

Occasione perduta

Calano gli alunni, diminuiscono gli insegnanti. Detta così, il taglio sembrerebbe avere una sua logica. Almeno da un punto di vista matematico (o, meglio ancora, ragionieristico). Dai sindacati, però, si sottolinea come in realtà il taglio degli insegnanti si trasformi in una occasione persa. «Intanto – puntualizza Pasquale Cuomo, segretario regionale della Cgil Scuola – c’è da dire che il taglio dei docenti è legato al taglio dei bilanci dei ministeri deciso dal governo e non al calo della popolazione scolastica dovuto alla denatalità. Così facendo, però, si è persa una occasione importante: diminuendo la platea scolastica e lasciando invariato il numero degli insegnanti, infatti, avremmo potuto sopperire al problema delle cosiddette “classi pollaio”, uno dei mali che affliggono la scuola. Invece si sono fatte scelte tenendo conto solo di criteri economici».

Diritto allo studio

C’è poi il tema delle aree più svantaggiate come ad esempio le zone montane o le isole, che rischiano di essere ancor più penalizzate. «Il diritto allo studio – spiega Roberto Malzone, segretario regionale di Cisl scuola – dovrebbe essere garantito allo stesso modo sia per chi vive nei grandi centri che per chi abita in montagna. Per far questo bisogna ricalcolare gli organici rideterminando i parametri. Ma di questo non si tiene conto».


 

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