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C’è un toscano dietro il sito di Booking: «Da Prato ad Amsterdam, ecco come sono arrivato nel colosso dei viaggi»

di Alessandro Pattume

	Alessandro Pagnini
Alessandro Pagnini

La storia di Alessandro Pagnini, 48 anni, è forse anomala tra quelli che se ne vanno dall’Italia

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PRATO. Ogni millimetro di siti che navighiamo ha la propria ragione di essere. È il frutto cioè di un lavoro certosino che ha l’obiettivo di migliorare l’esperienza dell’utente e facilitare la navigazione a chi lo visita. È così per ogni sito web, ma raggiunge uno stato vicino alla precisione scientifica sui grandi portali di vendita e di prenotazione. Siti giganteschi, dove ogni dettaglio, dalla grandezza dei caratteri al colore di ogni singolo bottone, può determinare l’aumento o la diminuzione delle vendite e delle prenotazioni.

Alessandro Pagnini, pratese di 48 anni, si occupa proprio di questo per il colosso Booking.com. La sua è forse una storia anomala tra quelli che se ne vanno dall’Italia. Prima ha fatto il dipendente, poi l’imprenditore e solo dopo aver chiuso l’azienda ha allargato i propri orizzonti.

Da Prato fino ad Amsterdam, passando per Madrid. Quando è arrivata la decisione di lasciare l’Italia?

«Avevo questa società con un mio collega con cui ho cercato di sbarcare il lunario per quattro o cinque anni. Però nella nostra realtà locale ci scontravamo sempre con un mindset vecchia maniera. Così nel 2010 chiudemmo la ditta e cominciai a guardarmi in giro. Anche perché nel mondo delle tecnologie informatiche le distanze non ci sono: per capire come lavorano nel resto del mondo basta accedere ad internet».

Ed è arrivata subito l’Olanda?

«No. Nel 2011 sono volato a Madrid per lavorare in una start up che si occupava appunto di espatriati. Dopo due anni sono tornato in Italia per alcune questioni familiari e poi sono di nuovo partito per Madrid. Ma poco dopo essermi sistemato di nuovo è arrivata un’offerta da Booking che non si poteva rifiutare».

Prato, Madrid, Amsterdam. Qualche rimpianto?

«Da un punto di vista lavorativo e di vita, nessuno. Devo dire che sono andato via da Madrid con l’idea di tornarci dopo qualche anno, ma poi lavorare a Booking è un po' come giocare in Champions. È iniziato un altro tipo di percorso. Avevo sempre lavorato in ambienti piccoli, ora invece lavoro in una corporate e con prospettive di crescita ben diverse. E dopo quasi otto anni, tutti i giorni imparo ancora qualcosa di nuovo».

Qual è di preciso il suo ruolo?

«Si chiama Lead Designer, cioè il responsabile, nel mio caso, del design di tutto il processo di accomodation di Booking. Sono il responsabile del disegno di quelle pagine del sito che vanno dalla ricerca degli hotel e delle case fino al processo di prenotazione vero e proprio, quello in cui si devono inserire i propri dati».

Come si vede tra dieci anni?

«In Italia. Con mia moglie (olandese, ndr), l’idea è quella di venire a ritirarci in Italia, magari facendo inizialmente sei mesi qui e sei mesi là. Anche perché questa scelta dell’ estero ha un prezzo, almeno per me. Io sono andato via che avevo più di trent’anni, quindi ho lasciato non solo i parenti ma anche tutti gli amici con cui sono cresciuto. Qui si vive in una specie di bolla, che è quella dei colleghi espatriati come te cui si aggiungono, nel mio caso, gli amici olandesi di mia moglie». 

 

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