Fango e rabbia a Portoferraio: il nubifragio travolge l'Elba, cosa non ha funzionato
Viaggio nella zona di Portoferraio più colpita dal nubifragio. E scoppia il giallo sul funzionamento delle pompe idrovore
Giuseppe mostra con rabbia il cartellino ancora attaccato ai pantaloni. Sì, quei pantaloni impiastricciati dal fango, sarebbero nuovi. «Li ho dovuti comprare stamani, non avevo scelta perché i miei vestiti non ci sono più. Beh, niente di quello che avevamo in casa si è salvato».
Siamo al Carburo, immediata periferia di Portoferraio. Poche centinaia di metri in linea d’aria dalle banchine del porto dove, ogni estate, sbarcano migliaia di turisti. Una stradina stretta, cieca, sotto il livello della provinciale. Diverse casette al piano terreno, qualche attività commerciale, una scuola di danza, un asilo e una palestra. Ma niente di questo, ieri mattina, è riconoscibile. Giovedì pomeriggio il violento nubifragio ha trasformato quella via in una trappola di fango. 65 millimetri d’acqua precipitati in un’ora, un metro e mezzo d’acqua nelle case al piano terreno, decine di auto sommerse, ottanta persone evacuate, quaranta interventi dei vigili del fuoco. Ieri la strada è coperta da uno spesso strato di fango e resa luccicante, come una beffa, dal sole.
I volontari lavorano da ore: spazzano via l’acqua dalle case e dagli scantinati. Tirano fuori oggetti, sollevano tutto quello che c’è da sollevare. Con dignità, senza un lamento. Sulla strada vengono ammassate poltrone, elettrodomestici, vestiti ridotti a rifiuti. Pezzi di intimità familiare stravolta, tirati fuori dalle stanze mentre nell’aria si sente forte il rumore delle pompe idrovore. Sono scene che sembrano incredibili, è vero. E invece sono scene alle quali ci si sta abituando. Fango e lacrime, ancora una volta. Stavolta è l’isola d’Elba ad essere messa in ginocchio da un enorme nubifragio “autorigenerante”. Un evento simile a quello di ottobre nel comune di Campiglia, come a settembre tra Pisa e Livorno o proprio come a novembre a Cecina. In questa roulette russa del cambiamento climatico aumenta drammaticamente la conta dei territori presi di mira da nubifragi e alluvioni. Stavolta la pallottola ha puntato Portoferraio. Così quella stradina cieca del Carburo è diventata un simbolo della fragilità del territorio rispetto alla potenza del maltempo.
«Non c’è stato tempo»
Fai fatica a entrare in quelle case devastate, ti avvicini in punta di piedi per rispetto, di fronte a così tante tragedie personali e familiari. Poi allunghi lo sguardo verso la camera o il salotto e ti rendi conto che il nubifragio quello stesso rispetto non ce l’ha avuto. Divani, tavoli e mobili spezzati e ammassati negli angoli. C’è una tavola ancora apparecchiata, marrone fango. Ci sono foto di famiglia sparse sui pavimenti bagnati. Il materasso del letto matrimoniale schiacciato contro la parete, oltre il comodino. «Ieri galleggiava sopra la finestra, c’era un metro e mezzo d’acqua. Lo vedi il segno del fango?». Andrea Carminelli indica una linea orizzontale di color marrone. Fa impressione pensare che, ieri sera, lui si trovava in quella stanza trasformata in una piscina. In quell’immobile al piano terreno ci vive con la figlia piccola e con quattro gatti. Lo ripete più volte. Ha avuto paura soprattutto per loro. «Ho avuto difficoltà a metterli in sicurezza, i miei vicini non riuscivano a uscire di casa perché la pressione dell’acqua era troppo forte, non riuscivano ad aprire il portone, capisci? Abbiamo avuto paura. E ora non ho più una casa, come faccio?».
Per Luca Cabras, titolare di un’attività di nautica, la preoccupazione era tutta per la sua madre di 85 anni, aiutata dai vigili del fuoco. Per i titolari della scuola di danza è stato complicato mettere in sicurezza dieci giovani allievi, soccorsi dai pompieri. Di mattina alcuni di quegli allievi sono al lavoro, spalano il fango. Tante storie diverse, per fortuna nessuna vittima. E un denominatore comune: l’acqua che precipita in modo impressionante e non dà tempo di intervenire. «Ha iniziato a piovere intorno alle 15, la situazione sembrava sotto controllo. Poi, in serata la pioggia ha iniziato ad aumentare in modo pesante», racconta ancora Andrea Carminelli. Non c’è stato tempo. C’è chi ha messo le paratie, ma l’acqua le ha presto sovrastate. Venti minuti, ecco quanto ci è voluto. E il Carburo è andato sott’acqua, senza che i residenti abbiano avuto il tempo di mettersi al sicuro. Un disastro che si è esteso ad alte zone della città. Il nubifragio ha danneggiato scuole, la biblioteca comunale, ha provocato smottamenti sulle strade. Ma i danni più ingenti hanno riguardato case, negozi e decine di auto rimaste in trappola con diversi automobilisti soccorsi in mezzo alle strade. Una stima, in questa fase, è impossibile. «Ma la conta sarà pesante», non ci gira intorno il sindaco di Portoferraio Tiziano Nocentini, che ieri ha compiuto un sopralluogo tra le case e le attività con gli assessori della sua giunta e con il deputato del Pd Marco Simiani. Il presidente della Regione Eugenio Giani è stato in contatto con il primo cittadino tutto il giorno e, ieri pomeriggio, ha annunciato la richiesta dello stato di calamità per l’isola.
Il deja vu e la rabbia
Eppure quei volti li abbiamo giù visti. Vittoria e Riccardo sono marito e moglie. Abitano in una delle casette del Carburo. Nel dicembre del 2014 furono intervistati dal Tirreno dopo un violento acquazzone. Persero tutto quello che avevano tra le mura domestiche. Undici anni dopo, siamo punto e a capo. «Mi dica lei che valore ha questa casa se dovessi metterla in vendita? – attacca Riccardo – undici anni fa abbiamo pagato di tasca nostra i lavori e abbiamo ricomprato tutto, non abbiamo visto un centesimo. E ora?». Vittoria rincara la dose quando gli chiediamo se prevale più il ricordo della paura della sera precedente o la rabbia. «Guardi, entrambe le cose». «Avrebbero dovuto eseguire i lavori di messa in sicurezza della strada, c’era un’ordinanza del Comune, ma è sparita», attacca. Poi punta l’attenzione sulle pompe idrovore comunali che, in caso di nubifragio «avrebbero dovuto aiutare. Non sappiamo se hanno funzionato a dovere, qualcuno ce lo spieghi». Il sistema di pompaggio dell’acqua, secondo quanto riferito dal sindaco, era state messe ko da un blackout ma, durante l’evento, è state attivato dagli operatori della ditta incaricata della manutenzione. Ma non è bastato. Esigono delle risposte al Carburo e nel resto dell’isola. Perché, pur riconoscendo la portata dell’evento, nessuno qua intende rassegnarsi a vivere in una trappola idrogeologica. A forza di colpi di ramazza il fango se ne andrà anche al Carburo, certo. Ma i problemi no, quelli restano.