Il Tirreno

Toscana

Il caso

Morì a 29 anni per un infarto: era stato dimesso dall’ospedale di Pisa con la diagnosi di uno strappo. Risarcimento ai familiari

di Luca Cinotti
Il pronto soccorso (foto d'archivio) e l'imprenditore
Il pronto soccorso (foto d'archivio) e l'imprenditore

Condannata l’azienda ospedaliera pisana e il medico del pronto soccorso

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PISA. Era stato dimesso dall’ospedale di Pisa con la diagnosi di strappo muscolare. In realtà quello che aveva colpito Giovanni D’Angelo, imprenditore edile di 29 anni di Cascina il 4 gennaio del 2010 era un terribile infarto. Che nel giro di poche ore l’avrebbe portato alla morte. Per quanto avvenuto quasi 15 anni fa il giudice del Tribunale civile di Pisa ha condannato l’Azienda ospedaliero universitaria pisana e il medico del pronto soccorso che aveva seguito D’Angelo a risarcire i familiari dell’uomo con oltre 1,6 milioni.

La ricostruzione

Secondo quanto ricostruito nelle aule di giustizia, D’Angelo, padre di un bambino di pochi mesi, aveva cominciato a sentire un dolore all’emitorace sinistro mentre si trovava su un cantiere. Era stato accompagnato alla Misericordia di Navacchio dal padre e da un collega e la dottoressa, visti i sintomi, aveva disposto il trasporto all’ospedale di Pisa, dove era arrivato con l’ambulanza in codice rosso. Al pronto soccorso D’Angelo era stato sottoposto a triage e gli era stato assegnato un codice verde (dunque, nessuna urgenza immediata). Era stato sottoposto anche a elettrocardiogramma, ma il medico che lo aveva visitato lo aveva dimesso con la diagnosi di dolore muscolo-scheletrico e la somministrazione di antidolorifici. D’Angelo era così rientrato a casa, dopo essere passato a recuperare le chiavi del furgoncino. Tuttavia, aveva continuato ad avere dolori alla parte sinistra del torace e dopo alcune ore era stato ucciso da quello che l’autopsia avrebbe diagnosticato essere un infarto del miocardio in corso da almeno 12 ore.

I familiari

Se la ricostruzione generale della vicenda non ha mai lasciato grandi spazi ai dubbi, così non è stato per l’individuazione delle responsabilità civili. I familiari hanno infatti chiamato in causa l’Aoup e il medico che aveva seguito D’Angelo quando era arrivato al pronto soccorso. Davanti al giudice Santa Spina del Tribunale di Pisa la discussione si è incentrata sull’interpretazione data in pronto soccorso a quanto riferito D’Angelo e sulla valutazione del suo tracciato cardiaco.

Il giudice

Il giudice ha in parte rigettato le conclusioni dei consulenti tecnici d’ufficio che si sono basati, nel redigere la propria perizia, in gran parte sulle dichiarazioni degli stessi sanitari coinvolti nell’assistenza a D’Angelo. In particolare, secondo il tribunale non è convincente il fatto che l’uomo non avesse riferito la familiarità a malattie cardiache, come invece aveva fatto con la prima dottoressa che lo aveva visitato. Inoltre, anche se la sua giovane età e il fatto che il dolore aumentasse con la pressione potevano spingere a non pensare a un infarto, i consulenti nominati nel giudizio penale (tornato in Appello dopo una riforma della sentenza da parte della Cassazione) avevano stabilito che l’elettrocardiogramma mostrava indizi di possibili problemi cardiaci. Indizi che si dovevano approfondire con la consulenza di uno specialista che, invece, non venne disposta.

Il giudice Spina ha così deciso per un importante risarcimento a favore dei familiari di D’Angelo: complessivamente oltre 1,6 milioni di euro. La famiglia della vittima, che è molto conosciuta a Cascina (Pisa) ha portato avanti una difficile battaglia legale, scontrandosi spesso con tutte quelle difficoltà che si possono immaginare quando c’è da affrontare una colpa medica. Tante le iniziative che in questi anni la famiglia ha portato avanti anche per ricordare il giovane fondando l’associazione “Il Grande Giò” onlus.

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