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Il lardo che stagiona nel marmo: quali sono i segreti di un prodotto toscano che il mondo ci invidia


	Carlo Danesi, direttore di produzione di "Antica larderia Mafalda"
Carlo Danesi, direttore di produzione di "Antica larderia Mafalda"

Nasce a Colonnata un cult della gastronomia italiana. I fratelli Cattani di “Antica larderia Mafalda” sono tra gli eredi della tradizione

27 novembre 2024
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Luigi Veronelli, a metà degli anni '50, pur di acquistarlo non esitava a salire fin lassù a piedi. O al massimo a dorso di un mulo. Fatiche e sacrifici ripagati una volta arrivati alla «larderia della mitica Mafalda» come l'enogastronomo milanese chiamava Mafalda Guadagni, la prima a commercializzare, già dal 1928, il lardo di Colonnata, il companatico povero e nutriente per generazioni di cavatori apuani, divenuto oggi uno dei prodotti cult della gastronomia italiana, protetto pure dal marchio Igp con tanto di disciplinare di produzione.

«Doveva venire a piedi per forza: allora strade carozzabili proprio non ce n'erano», ricorda Fabrizio Cattani, regista e sceneggiatore, ma anche e soprattutto nipote della signora che ha fatto del lardo uno dei gioielli della tavola dello Stivale. Oggi è lui, insieme alla sorella Lucia, a portare avanti l'eredità della nonna e a gestire “Antica larderia Mafalda”, il più storico degli undici produttori del borgo incorniciato dalle Apuane. «Insieme, però, all'altra sorella Daniela e a Carlo Danesi, marito di Lucia, e direttore della nostra produzione», dice.

Sono gli eredi di una tradizione plurisecolare. «Il lardo ha sempre fatto parte della nostra quotidianità – racconta -: anche come strumento di lavoro dato che, nella lizzatura, veniva utilizzato per ungere e rendere più scorrevoli le travi di legno usate per far scivolare fino a valle i grandi blocchi di marmo». Ma era anche il companatico dei cavatori: «Si resero conto che era buonissmo e poi il fatto che venisse fatto stagionare nelle cave, all'interno delle conche di marmo, lo rendeva facilmente disponibile». Il lardo di questo borgo di cavatori, però, deve al marmo anche molte delle sue preziose qualità organolettiche: «Il nostro marmo, quello dei Canaloni di Colonnata, ha una grana molto fine che non si ritrova negli altri della zona: non assorbe e non trasuda – spiega Cattani -, dunque tutti gli aromi utilizzati per insaporire, dal rosmarino alla salamoia fino alle spezie, vengono interamente assimilati dal lardo».

Gli altri segreti dipendono dalla stagionatura: «Il disciplinare prevede un periodo non inferiore ai sei mesi, ma noi dell'antica larderia lo lasciamo nelle conche anche per un anno perché i sapori si amalgamino meglio». Poi la scelta delle materie prime: «Puntiamo moltissimo sulla qualità: il rosmarino è quello del nostro orto e l'aglio è doc, lo facciamo arrivare da Rovigo e lo sbucciamo rigorosamente a mano». Ma il segreto dei segreti alla fine, è il mix di spezie usato per insaporire il lardo: «Tutti i produttori usano pepe, chiodi di garofano, cannella e macis, ma quello che fa la differenza sono le quantità di ciascuna di esse: noi siamo convinti che nonna Mafalda avesse trovato il giusto mix per valorizzare al meglio il lardo e da allora – sorride Cattani- ce lo tramandiamo da una generazione all'altra come il più prezioso dei segreti».
 

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