Pisa, trovato morto a 27 anni in caserma: condannato ex militare della Gamerra
In lacrime i genitori della vittima alla lettura della sentenza: «Fatta giustizia». Ritenuto colpevole un ex caporale della provincia di Pistoia
PISA. I genitori di Tiziano Celoni in lacrime si stringono forte subito dopo la lettura della sentenza. Il giudice di primo grado ha ritenuto colpevole del reato di omicidio colposo l’ex caporale Fabio Tirrito, 38 anni, di Casalguidi (Serravalle Pistoiese) e lo ha condannato a un anno e tre mesi di reclusione (pena sospesa), al pagamento del risarcimento danni ai familiari che si sono costituiti parti civili con una provvisionale di 100mila euro ciascuno immediatamente esecutiva, oltre che al pagamento delle spese legali. «Giustizia è fatta», è il commento di una parente della vittima mentre lascia il tribunale.
Il fatto
Tito Celoni e la moglie, genitori del militare trovato morto nella caserma Gamerra nel novembre 2017, non si sono mai dati pace. Il militare, difeso dagli avvocati Francesca Baregi e Gabriella Cirillo, è finito a giudizio per la morte del commilitone nel centro di paracadutismo, con due colleghi. Tiziano Celoni, 27 anni, residente a Gallese (Viterbo) , fu trovato senza vita in una branda della Gamerra, dopo che aveva trascorso la notte con Tirrito con il quale era uscito la sera precedente per andare a cena e dallo stesso riportato alle 7,30 della mattina in uno stato di totale incapacità. Al rientro verso Pisa, dopo che i due erano stati a Cascina, la vittima aveva chiesto al superiore di fermarsi sul Lungarno perché doveva fare un prelievo al bancomat (cosa che poi risulta avere fatto, e i soldi sono stati poi rinvenuti nella sua disponibilità. Alle 7,30, dopo la notte trascorsa in giro, venne accompagnato all’interno delle camerate in uno stato di incapacità.
Le reazioni alla sentenza
Cosa fosse successo tra le 3 e le 7. 30 al rientro in caserma e da quando la vittima venne lasciata sulla branda e il momento (a fine mattina) in cui il 27enne venne trovato senza sensi, per la difesa dell’imputato andava chiarito meglio. Tirrito – difeso dagli avvocati Francesca Baregi e Gabriella Cirillo – al rientro chiese aiuto a due commilitoni per portare Celoni dall’auto alla camerata, già condannati per omissione di soccorso. L’autopsia ha confermato che nel corpo del 27enne ci fosse la presenza di alcol ed eroina in quantità sufficienti per perdere conoscenza. Un soccorso immediato, è sempre stata la tesi della Procura (che ha chiesto la condanna) e delle parti civili, gli avrebbe salvato la vita. «Sono convinto che mio figlio fosse già morto quando, alle 13,25, dalla caserma hanno attivato i soccorsi» ripete il padre della vittima assistito come le parti civili dagli avvocati Muriel Petrucci e Max Giordano Marescalchi. «Tirrito è stato condannato ma noi siamo convinti – aggiungono i genitori di Celoni – che lui stesso sia vittima di un sistema. In questi sette anni ci siamo scontrati con un muro di gomma. Tanti aspetti non sono emersi».
«Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza – dice l’avvocato Gabriella Cirillo – agli altri due commilitoni è stata contestata l’omissione di soccorso, mentre con Tirrito si insiste con l’omicidio colposo. I consulenti del giudice hanno dichiarato che non è possibile escludere che Celoni avesse fatto uso di sostanze stupefacenti dopo il rientro in caserma come da sempre hanno sostenuto la dottoressa Elisabetta Bertol (per la difesa) ed i medici nominati dalla procura. Con questo oggettivo dubbio, non smentito in sede di discussione né dalla procura né dalle parti civili, Tirrito doveva essere assolto. Faremo ricorso in appello».
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