Il fondo commerciale e la chiusura con cancello del posteggio condominiale
Quale maggioranza per la delibera? I consigli dell'avocato Biagio Depresbìteris
Buongiorno, 5 anni fa, ho comprato un fondo ad uso commerciale. Qualche anno dopo l’amministratore di condominio, dopo una delibera assemblare approvata dalla maggioranza degli intervenuti e rappresentanti la metà del valore dell’immobile, approvava la chiusura del parcheggio condominiale con due cancelli. Ci muniva di telecomandi per l’apertura e nonostante questo le mie vendite sono calate, perché non era concesso alla mia clientela di usufruire del parcheggio condominiale. Ma per approvare una simile chiusura che ha completamente cambiato il bene comune non serve il raggiungimento di un quorum maggioritario?
Saluti da Beatrice da Lucca
In materia di condominio, l’art. 1117 del Codice civile, rubricato “Parti comuni dell'edificio”, fornisce un elenco delle cosiddette parti dell’immobile che sono oggetto della proprietà comune tra i proprietari delle singole unità, anche se aventi diritto a godimento periodico, salvo che non risulti il contrario dal titolo. L'articolo include tutte le parti dell’edificio necessarie all'uso comune, come le aree destinate a parcheggio, le opere, le installazioni, gli ascensori e i pozzi. Ogni condomino ha il diritto di usufruire di tali parti in misura paritaria, salvo che un titolo disponga diversamente. In particolare, l’amministratore del condominio, su delibera dell'assemblea condominiale, può decidere di limitare l’accesso al fabbricato condominiale tramite l'installazione di un cancello, senza che sia necessaria una maggioranza qualificata o l’unanimità dei voti dei condomini. Questa decisione non costituisce una “innovazione”, poiché non altera la destinazione d'uso comune del bene. Per innovazione si intende infatti la realizzazione di un'opera o intervento che incida sull'essenza del bene comune, modificandone la funzione o la destinazione.
L’art. 1120 del Codice civile stabilisce che: “I condomini, con la maggioranza indicata al quinto comma dell'articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento, all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni”. Di conseguenza, l'installazione di un cancello, deliberata dall'assemblea condominiale per limitare l'accesso indiscriminato a terze persone nelle aree comuni, non può essere considerata un'innovazione, poiché non modifica lo stato dei luoghi. Per tale motivo, le delibere assembleari che riguardano tali interventi non richiedono maggioranze qualificate. Infatti, l’articolo 1136, comma 5, del Codice civile dispone che: “Le deliberazioni di cui all'articolo 1120, primo comma, e all'articolo 1122-bis, terzo comma, devono essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell'edificio”.
A conferma di quanto sopra esposto, la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 9877 del 15 giugno 2012, ha chiarito che: “la delibera assembleare che destina il cortile a parcheggio per autovetture, in quanto disciplina le modalità di uso e godimento del bene comune, è validamente approvata con la maggioranza prevista dall’art. 1136, comma 5, non essendo richiesta l’unanimità dei consensi”.
Una recente sentenza del Tribunale di Bergamo (n. 2319/2023), in tema di delibere condominiali e della loro validità rispetto alle limitazioni imposte sull’uso delle parti comuni, pur collocandosi nello stesso solco tracciato dalla giudice di legittimità, ha aggiunto un’ulteriore specificazione, utile al caso posto dal lettore del Tirreno. Il giudice orobico, infatti, ha stabilito che una delibera che introduce modifiche nell’uso di parti comuni, come la destinazione di cortili o altre aree a usi specifici (ad esempio, solo residenziali), è valida solo se non viola i diritti derivanti dall’atto di acquisto di specifiche unità immobiliari, come quelle a uso commerciale. Se una delibera condominiale pregiudica tali diritti, può essere invalidata. Quest’ultima sentenza, quindi, conferma il principio secondo cui le delibere che regolano l’uso delle parti comuni non richiedono necessariamente l'unanimità, salvo quando incidano sui diritti individuali dei condomini o alterino sostanzialmente la destinazione delle cose comuni.
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