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5G in Toscana, l’allarme e il nuovo caso: il documento, lo studio e la paura delle “stazioni radiobase”

di Mario Neri

	Una stazione 5g
Una stazione 5g

A Firenze il consiglio del Quartiere 4, con 16 voti favorevoli su 17, chiede alla sindaca il piano dei ripetitori, emissioni ed esposizioni più basse e un monitoraggio sulla salute

20 ottobre 2024
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FIRENZE. Chiedono alla vicesindaca e assessora all’ambiente Paola Galgani, e «nel più breve tempo possibile», di approntare «un’informativa aggiornata sul piano d’istallazione delle nuove antenne» previste in città dai giganti della telefonia mobile. E alla sindaca Sara Funaro di monitorare il proliferare dei super ripetitori sdoganati dall’ultimo decreto con cui il governo ha consentito l’innalzamento del voltaggio dei campi elettromagnetici. Non solo. Invitano la sindaca a «promuovere un’ampia diffusione nella cittadinanza delle informazioni scientificamente consolidate sugli effetti sulla salute derivanti dagli impianti di telecomunicazione e dall’utilizzo di telefonia mobile». Insomma, in Toscana sta per scoppiare un altro caso 5G e questa volta a lanciare l’allarme sulla tecnologia che promette di portare l’Italia nella nuova era dell’Internet è il consiglio del Quartiere 4.

L’atto

E lo fa con una deliberazione approvata a ottobre 2024 con 16 consiglieri favorevoli su 17 votanti. Di fatto, dall’Isolotto e da Legnaia, i rioni presieduti dal dem Mirko Dormentoni, giunge una nuova richiesta di chiarezza sullo sviluppo del 5G e dei suoi effetti. Più o meno con le stesse ragioni che a settembre hanno convinto gli assessori regionali all’ambiente Monia Monni e alla sanità Simone Bezzini a ordinare uno studio epidemiologico e di monitoraggio ad Ars e Arpat per verificare se ci sia un legame fra le esposizioni ai campi elettromagnetici generati dalle cosiddette stazioni radiobase (le antenne) e tumori al cervello, leucemie e altre patologie nella popolazione, soprattutto infantile. Una delibera, quella della giunta Giani, che aveva sollevato l’indignazione di studiosi come Roberto Burioni e di uno dei commissari Agcom, il pratese Antonello Giacomelli, che da sottosegretario alle telecomunicazioni sullo sviluppo del 5G aveva puntato gran parte del suo mandato.

La spiegazione

La tesi del no all’indagine ordinata dalla Regione era che tutte le ricerche scientifiche avevano già dimostrato l’infondatezza di qualsiasi preoccupazione su una possibile correlazione fra cancro e 5G. Insomma, roba da teorie complottiste, uno spreco di denaro pubblico, avevano liquidato l’iniziativa della giunta Giani. Eppure, perfino l’Oms, sottolineavano da Palazzo Strozzi Sacrati, nel suo ultimo maxi-report, seppur rassicurando, invitava alla cautela sui campi elettromagnetici, proprio per la «scarsità di dati» raccolti negli ultimi anni. C’erano perfino state frizioni fra l’assessore al digitale Stefano Ciuoffo e Monni, ma poi Giani aveva deciso di andare avanti con lo studio. Ora rischia di esplodere un nuovo caso toscano.

Il documento

Nel documento approvato dal Quartiere 4, su impulso del consigliere renziano Cristiano Nesti, si aggiunge un altro elemento. Con il decreto Concorrenza, spiega il Q4, il governo ha «innalzato i limiti per l’esposizione ai campi elettromagnetici da 6 a 15 volt/metro» ma «non esiste nessun motivo» per farlo, scrivono i consiglieri, «se non quello economico da parte dei gestori delle telecomunicazioni che intendono, dopo aver acquisito le licenze per il 5G, risparmiare sui costi per le infrastrutture». A sostegno delle tesi di BigTel ci sarebbe uno studio del Politecnico di Milano che dimostrerebbe come, con la normativa precedente, il 62% degli impianti risultava «non espandibile al 5G», il che avrebbe comportato «di dover reingegnerizzare» nel Paese 27.900 impianti» spendendo 4 miliardi. Questo, scrive il Q4, il «vero motivo che ha spinto il settore ad ottenere l’innalzamento e a continuare a sostenere un ulteriore innalzamento dei limiti fino a 61 volt/metro», valore «stabilito a livello europeo per evitare il riscaldamento di tessuti ma non per proteggere dagli effetti biologici avversi su organismi viventi, uomini, animali e piante». Non solo. Secondo il Q4 «sono tanti i motivi per cui non si sarebbero dovuti aumentare i limiti, compresi quelli tecnici di sviluppo della tecnologia 5G che, anche a detta della stessa Arpat, è possibile attuare con gli attuali limiti purché si segua un corretto dimensionamento e posizionamento degli impianti sul territorio». Inoltre, secondo il Q4, sarebbe in atto una corsa allo spazio elettromagnetico che rischia la saturazione. «È opinione condivisa fra i tecnici che le potenze dichiarate da parte dei gestori che per primi arrivano in un sito, vengano massimizzate al fine di accaparrarsi più spazio elettromagnetico possibile in vista di una eventuale futura implementazione di nuovi impianti, in una logica» che punta «a limitare la concorrenza». Per questo i consiglieri chiedono a Galgani il piano delle installazioni previste e a Funaro di monitorare le antenne richiedendo dossier aggiornati alla Regione, e al governo di tornare ai vecchi limiti di esposizioni. Non solo. Invitano la sindaca a varare una campagna di informazione per i cittadini sugli effetti da 5G sulla salute. Che siano o meno paranoie da teorici del complotto. 

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