Post omofobi e accuse al “Fatto”, a Livorno si dimette l’assessore intellettuale: «Il mio genere, a 56 anni, è ironic»
Lo scrittore Simone Lenzi costretto a lasciare per le offese alla galassia Lgbtqia+. Aveva definito il giornale «allevamento di trogloditi». Travaglio lo querela
LIVORNO. Se non fosse uno scossone politico, prima incrinatura del modello creato dal sindaco Luca Salvetti nel governo della Livorno post rossa, potrebbe essere un libro, una sceneggiatura bella e pronta per un film di Paolo Virzì, pure lui livornese e amico del protagonista di questa storia. Il titolo? “L’intellettuale che si bruciò sui social”.
Dentro si mischiano diritti, errori, superficialità, ambizioni, strategie, spiate, colpi di scena, leggerezze, lacrime. E uscite di scena con strascichi polemici che lasciano aperta perfino la possibilità di un sequel. Insomma, tutto l’arcobaleno (e il lato oscuro) dell’animo umano che si compie in tre giorni: dal post contro “Il Fatto quotidiano” alla scoperta di «messaggi transfobici», fino alle dimissioni dell’assessore alla Cultura presentate e accettate ieri dal primo cittadino. Ma che inizia almeno dieci anni fa.
Succede quando Simone Lenzi, ultimo intellettuale di una città “indolente”, cantautore e scrittore, autore del Lungomai, opera simbolo che racconta Livorno come il cacciucco, il ponce, un brano di Bobo Rondelli e un tuffo a Calafuria, decide di mettere da parte libri e canzoni di successo (è il frontman dei Virginiana Miller) per entrare in politica. Ci prova una prima volta nel 2014 quando si mette a disposizione del candidato del centrosinistra Marco Ruggeri. Ma il piano fallisce perché al ballottaggio la spunta il grillino Filippo Nogarin. Cinque anni dopo, rieccolo. Il figliol prodigo, che nel frattempo aveva lasciato la città per trasferirsi in campagna, a Fauglia, viene scelto da Luca Salvetti che gli affida le chiavi della cultura. L’autore di “La Generazione”, libro da cui proprio Virzì ha preso ispirazione per il film “Tutti i santi giorni”, guarda avanti puntando sui grandi livornesi: il Festival Mascagni, la grande mostra su Modigliani, Effetto Venezia. Scrive ora nella lettera di dimissioni richiesta dal sindaco: «Ti lascio adesso due musei, quello di Città e Casa Medici, che chi avrà il mio posto potrà, se vuole, inaugurare entro l’anno. Ti lascio mille cose, grandi e piccole, nelle quali ho messo con gioia il mio impegno in questi anni».
A costargli il posto in giunta diversi tweet che l’assessore ha postato sulla piattaforma X tra il 29 marzo e il 30 agosto scorso. In particolare nell’ultimo, corredato dall’immagine della scultura “Woman”, dell’artista Jade Guanaro Kuriki-Olivo, si legge: «Alla Biennale di Venezia tengono a farci sapere che la donna quintessenziale ha la minchia. E no, non è che siamo borghesi scandalizzati. Siamo borghesi annoiati a morte da questo lavaggio del cervello, da questa prevedibilità, da questa predica continua». Ancora prima, il 20 aprile, aveva postato una foto con tutte le definizioni delle identità arcobaleno e la scritta: «Che fortuna essere prossimi alla vecchiaia». Invece meno di un mese prima ritwittando un post del Tg3 sul regolamento di genere approvato dall’università di Trento scrisse: «Ma infatti la lingua si evolve così: grazie a regolamenti emanati da quattro mitomani sciroccati». Messaggi questi, emersi, o meglio scovati, all’indomani dell’attacco al Fatto Quotidiano definito «laboratorio di abiezione morale, allevamento di trogloditi, verminaio del nulla» dopo la pubblicazione di una vignetta che Lenzi definisce antisemita. A livello politico, più che le accuse al giornale diretto da Marco Travaglio, che lo ha querelato, hanno fatto rumore i tweet «omofobi», soprattutto in una città molto attenta ai diritti e al rapporto con la comunità LGBTQIA+. Inutile il tentativo dello stesso Lenzi di chiedere «scusa a tutti» trattenendo le lacrime dopo aver capito l’errore e aver trascorso una notte in bianco. Purtroppo, come ha spiegato il sindaco Salvetti annunciando le dimissioni dell’assessore: «La politica ha regole ben precise e ad ogni azione – ripete – corrisponde una reazione del tutto prevedibile e inevitabile, almeno per noi che facciamo di certi principi non una occasionale bandiera politica ma un chiaro principio ispiratore dell’azione di governo. La vita e il rapporto umano hanno altre regole che io continuerò a seguire, ma questa è cosa che intendo riservare alla sfera privata che non può e non deve intrecciarsi con quella istituzionale e amministrativa».
Eppure, proprio nella lettera di dimissioni, ci sono due passaggi dell’ex assessore che da un lato alimentano la polemica e dell’altro fanno pensare a un complotto. Dice Lenzi: «Il mio genere, a 56 anni, è ormai soprattutto ironic. Purtroppo per me, però, ironic non compare fra le ventotto identità autorizzate e per questo vengo discriminato». E poi sul futuro: «Gli uffici, da me già allertati, provvederanno al passaggio di consegne con la mia successora. Passerò domani in ufficio a prendere le mie cose». Come se sapesse già chi prenderà il suo posto.
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