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Morto Sven Goran Eriksson, i suoi anni a Firenze: il calcio innovativo e i motivi della separazione

di Francesca Bandinelli

	Sven Goran Eriksson e la Fiorentina
Sven Goran Eriksson e la Fiorentina

Se ne va un grande allenatore, molto legato all’Italia: è venuto a mancare dopo una lunga battaglia contro un cancro al pancreas

26 agosto 2024
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Ha fatto in tempo a rivedere il documentario sulla sua vita, intitolato “Sven”, realizzato e a breve disponibile su Amazon Prime. Sven Goran Eriksson, l’allenatore svedese che in carriera ha guidato, tra le altre squadre, le italiane Roma, Fiorentina, Sampdoria e Lazio, quest’ultima portata alla vittoria dello scudetto, è venuto a mancare dopo una lunga battaglia contro un cancro al pancreas.

«Grazie di tutto, agli allenatori, ai giocatori, ai tifosi. È stato un viaggio fantastico. Addio». Il suo commovente congedo al mondo del calcio è stato registrato non troppi giorni fa. Che la malattia stesse vincendo, lui, lo sapeva benissimo. E nella produzione appena uscita, ha lasciato il messaggio più forte: «Ho avuto una bella vita. Penso che tutti abbiamo paura del momento in cui si muore, ma anche la morte fa parte della vita. Bisogna imparare ad accettare il proprio destino. Spero che alla fine la gente dirà che sono stato una brava persona, anche se non tutti lo diranno. Ma spero che gli appassionati di calcio mi ricorderanno come un uomo positivo che ha fatto tutto quello che poteva fare. Grazie per tutto, agli allenatori, ai giocatori, ai tifosi, è stato un viaggio fantastico. Prendetevi cura della vostra vita. Vivetela».

Non ha nascosto niente di quello che stava vivendo Eriksson. Negli ultimi mesi ha rivisto per un’ultima volta quegli stadi dove ha scritto pagine importanti di storia sportiva, dall’Olimpico di Roma, lui che ha guidato entrambe le squadre della capitale lasciando un ricordo prezioso di sé ovunque. In giallorosso, al suo secondo anno, è andato vicino alla conquista dello scudetto, rimontando sulla Juventus di Trapattoni, vincendo poi nel 1985/86 la Coppa Italia.

A Firenze, invece, dove è arrivato nell’estate del 1987, nel biennio in cui ha guidato la squadra viola, ha portato innovazione: l’addio, nel 1989, avvenne a seguito della polemica con la proprietà, dopo il ridimensionamento tecnico deciso dai Pontello.

È tornato nel tempio del calcio inglese di Anfield, a Liverpool, e anche all’Estadio do Benfica, squadre guidata nella finale di Coppa dei Campioni persa di misura contro il Milan di Arrigo Sacchi.

Con la Lazio ha festeggiato uno scudetto, una Coppa delle Coppe una Supercoppa Uefa, ma soprattutto è stato il primo commissario tecnico straniero della Nazionale inglese.

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