Il Tirreno

Toscana

L’intervista

Giani: «Sarò il capofila della rivolta delle, Regioni contro l’Autonomia»

di Mario Neri

	Eugenio Giani
Eugenio Giani

Il presidente: pronto a guidare il fronte del referendum. Ma c’è un piano B

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Si dice pronto a guidare le Regioni in rivolta contro la riforma. A chiedere sostegno ai governatori forzisti più critici se non bastassero i numeri per chiedere un referendum. Ma pure a intraprendere la strada dei ricorsi alla Corte costituzionale. Insomma, Eugenio Giani è scatenato sull’Autonomia differenziata. Lui che fino a qualche mese fa era perfino favorevole, adesso è pronto a fare della Toscana la «capofila» della protesta.

Presidente Giani, il capogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia, Tommaso Foti, dice che la riforma sull'Autonomia differenziata risale al 2001 e questa è solo una legge che stabilisce il percorso che le Regioni dovranno fare per ottenerla. Dunque, perché protestate?

«Non è così, nel 2001 è stato modificato il testo della Costituzione, ma la Carta non è mai immediatamente applicabile. Inoltre, l’articolo 116 non parla di autonomia differenziata, questo concetto non compare, viene introdotta la possibilità di una autonomia se vogliamo asimmetrica, cioè che può essere concessa per singole materie alle Regioni a statuto ordinario. E questa autonomia asimmetrica a cosa serviva? Serviva a leggere le differenze sul territorio, non a creare un fossato fra regioni producendo diseguaglianza».

Perché lei e altri governatori come De Luca ed Emiliano chiamate la riforma lo “Spacca Italia”?

«Si parte dalla definizione dei Lep, i livelli essenziali di prestazioni, che secondo la legge verranno finanziati dallo Stato, ma i contributi non verranno assegnati in proporzione alla popolazione, dunque con equità, ma attraverso la cessione di prestazioni. Questo significa condannare le regioni del Sud».

Eppure, lei stesso all’inizio era favorevole all’autonomia. Perché ha cambiato idea?

«E lo sono ancora. Ma una cosa è dare poteri alle Regioni con risorse che vengono distribuite in modo equo e solidale, una cosa è dare poteri alle Regioni con risorse che privilegiano alcune aree del Paese rispetto ad altre».

La Toscana rischia di essere penalizzata?

«No, tutt’altro, potrebbe avvantaggiarsene, è una delle regioni forti del nostro Paese, ma non si fa una battaglia così per opportunismo ma sui valori, è una questione di giustizia sociale».

Che armi avete per provare a fermare la riforma di Calderoli?

«L’arma più efficace è il referendum. Potrebbe essere promosso da cinque Regioni, ma solo oggi abbiamo scoperto che potremmo non poter fare affidamento sull’Emilia-Romagna perché Bonaccini, essendo stato eletto in Europa, non ha più le sue piene prerogative. Dunque, a Toscana, Campania, Puglia e Sardegna dobbiamo sperare di aggiungere una Regione di centrodestra».

Occhiuto, il presidente della Calabria, è critico sulla riforma.

«Infatti proveremo a coinvolgere lui».

Bonaccini non può farsi capofila delle Regioni contrarie. Lo farà lei?

«Lo sto già facendo e sono pronto a farlo, sono stato il primo a dirsi contrario».

E se voi governatori non riusciste a promuovere il referendum?

«La seconda strada è quella del referendum che prevede la raccolta di 500mila firme. Ci sono già diverse forze sociali mobilitate, basti pensare alla presa di posizione netta del segretario della Cgil Landini. In questo caso si potrebbero unire l’autonomia e il premierato».

Calderoli ha inserito l’Autonomia in una legge di bilancio e questo potrebbe renderla inattaccabile con un referendum visto che sono vietati per materie fiscali. Un piano B?

«Lì scatteranno pareri e contro pareri come accade in queste situazioni, anche per capire se sia ammissibile inserire una riforma senza coperture in una legge di bilancio. Ma abbiamo sempre la possibilità del ricorso alla Corte costituzionale. Ci coordineremo con gli altri presidenti».

Crede che Meloni – come accusano le opposizioni – ha barattato con Salvini il premierato per l’autonomia?

«È quello che sta emergendo. Non a caso perfino nel centrodestra c’è un fronte spaccato sull’Autonomia, ma la sensazione è che la Meloni abbia accordato l’appoggio sulla riforma cara alla Lega, sui cui è sempre stata fredda, proprio per incassare il sì di Salvini al premierato. Un accordo di palazzo, non la volontà di fare il bene del Paese».

Autonomia approvata a orologeria alla vigilia dei ballottaggi?

«Probabilmente questa era l’intenzione, ma credo che la mossa gli si stia rivoltando contro. Sarà un boomerang nelle regioni del Sud».

In Toscana si aspetta pericoli e sorprese da questi ballottaggi?

«I ballottaggi sono 18. E ritengo che per il Pd riuscire a vincerne almeno dieci-undici sarebbe un successo. Dopo il primo turno, il Pd si trova già a controllare circa due terzi dei Comuni toscani. Con i ballottaggi questa proporzione non può che migliorare. Sapere di lavorare negli ultimi mesi del mandato regionale in sintonia con la maggioranza dei sindaci significa poter dare concretezza a tanti progetti».




 

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