Il Tirreno

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Il caso

Fiat Topolino, secondo sequestro a Livorno: «“Dolcevita” richiama l’italianità»

di Stefano Taglione

	Alcune delle Fiat Topolino sequestrate dall'Agenzia delle dogane e dalla finanza
Alcune delle Fiat Topolino sequestrate dall'Agenzia delle dogane e dalla finanza

Le 134 auto made in Marocco ferme da oltre due settimane nel porto labronico per l’adesivo tricolore

03 giugno 2024
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LIVORNO. Dopo il sequestro probatorio messo a segno da Agenzia delle dogane e guardia di finanza, anche il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro – in questo caso preventivo – delle 134 Fiat Topolino e Topolino Dolcevita “made in Africa” ferme da oltre due settimane sul porto di Livorno a causa delle bandiere italiane sulle portiere. Il provvedimento è stato adottato ai fini della confisca, che tuttavia difficilmente avverrà, visto che la strada annunciata da Stellantis – la multinazionale con sede in Olanda che ingloba, oltre ad altri 13 marchi, quello torinese della Fiat – è arrivare a un accordo per ottenere il dissequestro dei mezzi importati dal Marocco, il Paese di produzione. Il gip del tribunale labronico Mario Profeta, oltre a prendere atto della presenza del Tricolore che potrebbe confondere i consumatori sull’origine del prodotto, sottolinea inoltre che i nomi dei modelli – “Topolino” e “Topolino Dolcevita” – già di per sé richiamano all’italianità e al “made in Italy”: il primo perché fa riferimento alla storica berlina prodotta a Torino dal ’36 al ’55 e il secondo perché si ispira all’omonimo film del 1960 del regista Federico Fellini.

La vicenda

Il sequestro era stato messo a segno lo scorso 15 maggio e il reato contestato è vendita di prodotti industriali con segni mendaci, per il quale risulta indagato il procuratore di Stellantis Europa spa. I sigilli sono stati disposti ai sensi dell’articolo 4, comma 49, della Legge finanziaria del 2004 – 24 dicembre 2003 numero 350 – la quale prevede che «l’importazione e l’esportazione ai fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diritti in modo non univoco alla commercializzazione di prodotti recanti false e fallaci indicazioni di provenienza o di origine» costituisce reato, nella fattispecie la vendita di prodotti industriali con segni mendaci, punito dall’articolo 517 del codice penale. Il segno distintivo è un piccolo adesivo con la bandiera italiana, posizionato sulle portiere delle auto, cinquantini elettrici che possono guidare anche i quattordicenni dopo aver conseguito il patentino. Tuttavia, se il giudice per le indagini preliminari dovesse accordare la possibilità di rimuovere il Tricolore, il sequestro potrebbe decadere con la messa a norma degli stessi quadricicli e la restituzione, di conseguenza, a Stellantis. Una possibilità reale che potrebbe concretizzarsi nelle prossime settimane.

L’evoluzione

Nel frattempo le auto si trovano ancora nei terminal della Compagnia impresa lavoratori portuali (Cilp), la maggior parte in quello denominato “Leonardo da Vinci”. È l’area, a ridosso della banchina, dove sono sbarcate dalla nave che le ha trasportate dal Marocco, dove c’è il sito produttivo, all’Italia, per essere poi portate con le bisarche nelle varie concessionarie Fiat dello Stivale. Stellantis ha annunciato di voler rimuovere la bandiera italiana, la cui presenza è poi la ragione che sta dietro al sequestro: sarebbe ingannevole – secondo l’accusa – per il consumatore finale, il quale sarebbe portato a ritenere erroneamente l’origine “made in Italy” del prodotto. Fra l’altro, alcune macchine inviate successivamente a quelle sequestrate dalle Dogane, non avrebbero più l’adesivo contestato. Nelle prossime settimane è attesa la decisione definitiva e l’eventuale dissequestro.

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