Geotermia in Toscana, la partita delle concessioni e degli extra profitti: oggi valgono 600 milioni all’anno
Fra poco scadono i permessi, ma non ci sarà la gara. Enel Green Power, pur di tenere in gestione impianti e centrali, è pronta a investire 4 miliardi in 20 anni
Sull’Amiata a fine estate dovrebbero inaugurare la nuova piscina pubblica, tre vasche, una olimpica e due più piccole, per i residenti di Arcidosso e Santa Fiora. Ci sono paesi poi che con i soldi ricavati dai geyser sotterranei coltivati dalle centrali ristrutturano palazzi o campi di calcio, rifanno gli infissi agli edifici pubblici, asfaltano strade dissestate, riqualificano piazze e centri storici. E, ovvio, allargano la rete del teleriscaldamento, ormai diventata una specie di segno distintivo delle colline dal vapore d’oro.
La geotermia per loro – 16 Comuni e 35.500 abitanti fra le province di Livorno, Pisa, Grosseto e Siena – è una ricchezza che si misura anche sul conto corrente, grazie a bollette molto più leggere e fondi di compensazione. Per il resto dei toscani, è quasi una beffa. A stare ai calcoli di Nomisma Energia e di alcune organizzazioni come Arte, l'Associazione Reseller e Trader dell'Energia, i 36 impianti geotermici sul territorio ogni anno sul mercato potrebbero fruttare fra i 600 milioni e un miliardo e mezzo di euro.
Un valore che dal 2019 sarebbe addirittura quadruplicato con le crescita del prezzo dell’energia, quintuplicando nel 2022, l’anno della crisi scoppiata con la guerra in Ucraina. Eppure, alla Toscana arriverebbero solo briciole. O quasi. Ma si tratta di una partita economica e sociale che sta per raggiungere uno spartiacque fondamentale, perché dopo quindici anni dall’ultimo accordo, il 30 giugno scadono le dieci concessioni con cui la Spa delle rinnovabili controlla una ricchezza energetica che ogni anno produce 6 miliardi di chilowattora, il 34% del fabbisogno della regione.
Eugenio Giani sa quanto pesi per la Toscana una fonte di approvvigionamento del genere. Per questo ha deciso di gestire in prima persona il dossier, avocando a sé la delega alla geotermia, privandone l’assessore all’ambiente Monia Monni. Non uno “scalpo” punitivo, anzi una scelta concordata con lei. Certo, sintomo di visioni diverse. Mentre Monni non escludeva la possibilità di mettere a gara le concessioni attive, il governatore ha scelto la strada della proroga. Il rinnovo in fondo è legittimo, anzi perfino suggerito dal decreto Energia varato dal governo a novembre 2023.
Il provvedimento consente la proroga a fronte della presentazione di un piano di sviluppo per il territorio da parte dei privati. E, dopo una proposta quindicinale da 2,7 miliardi, Giani sarebbe riuscito a strappare a Enel la promessa di un investimento ventennale da 4 miliardi di euro. Soldi sicuri a prescindere delle oscillazioni del prezzo dell’energia e dunque dal rischio d’impresa. Ma dove va a finire tutta quella ricchezza potenziale?
Finora non solo la geotermia non sarebbe stata un affare per le casse pubbliche, dove Enel versa da anni canoni di concessioni invariati e royalties piuttosto basse (in totale stiamo parlando di 30 milioni all’anno), ma neppure per Enel stessa, perché i prezzi di listino applicati alla vendita dell’energia generata con gli impianti toscani sarebbero stati bloccati e non avrebbero seguito le fluttuazioni della borsa elettrica. Insomma, l’elettricità proveniente dai sifoni dei paesi geotermici viene immessa in rete con vecchie tariffe e in anticipo rispetto al momento del consumo, sulla base di prezzi notevolmente inferiori rispetto a quelli fissati dalla Borsa elettrica. Prezzi fissati da contratti bloccati che non consentirebbero ad Enel di avvantaggiarsi del mercato e macinare gli “extra profitti”.
Di che cifre stiamo parlando? Il valore dell’energia elettrica si calcola moltiplicando ogni megawattora prodotto per il cosiddetto Pun (Prezzo unico nazionale), quello applicato appunto per l’acquisto dell’elettricità sulla Borsa elettrica. Nel 2019 il prezzo medio fu di 53 euro a Mwh. Dunque, moltiplicati per i 6 milioni di megawattora prodotti in Toscana, si poteva arrivare a fatturare circa 300 milioni. Nel 2022, nel piena emergenza energetica europea scatenata dal conflitto in Ucraina, il Pun salì a circa 250 euro a megawattora. Così, in pratica la torta della geotermia in Toscana potenzialmente valeva un miliardo e mezzo. Dall’inizio del 2024 il Pun è sceso, e il prezzo medio si è livellato intorno ai 100 euro. Così, se rimanesse stabile fino a fine anno, il potenziale geotermico sarebbe tornato intorno ai 600 milioni di euro.
Anche se Enel vendesse sul mercato l’energia generata nelle centrali geotermiche applicando il Pun, a queste cifre andrebbero comunque sottratti i costi di produzione. Nomisma stima che si aggirino intorno a 10 euro per ogni megawattora, altri parlano di 30 euro a megawattora. In ogni caso gli esperti escludono si possa tornare ai valori di un Pun simile a quello di cinque anni fa. Ma quanto finisce nelle tasche dei cittadini? Quasi tutti i 35.500 residenti dei Comuni geotermici sono collegati a una rete di teleriscaldamento alimentata dal calore estratto dalla terra fra Larderello e Chiusdino, fra Pomarance e Castelnuovo Val di Cecina o sull’Amiata. E avere il vapore al posto del metano per riscaldare l’acqua significa beneficiare di un risparmio variabile dal 50 all’80% sulla bolletta energetica. Non ci sono invece risparmi diretti sulla bolletta elettrica, se non determinati da sconti di mercato applicati da Enel ai cittadini che vivono sul territorio.
E i fondi di compensazione? Ogni anno la Regione gira ai Comuni fra i 7 e gli 8 milioni di euro, proventi delle royalties assegnate in base al valore della produzione. L’ultima delibera è di qualche settimana fa e distribuisce ai 16 Comuni delle aree geotermiche 7.552.948 euro per la produzione del 2022 e 8.607.866 euro per quella realizzata nel 2023. I Comuni più ricchi sono Pomarance e Castelnuovo Val di Cecina. Rispettivamente avranno in totale 4,5 e 3,3 milioni di euro.