Il Tirreno

Toscana

Erosione costiera

La lotta per salvare le spiagge toscane: «Ci sono clienti rimasti senza ombrelloni». Le possibili soluzioni

di Sara Venchiarutti
Un’immagine delle recenti mareggiate al bagno Argentina a Follonica
Un’immagine delle recenti mareggiate al bagno Argentina a Follonica

In cinquant’anni persi 4 milioni di metri cubi, l’esperto: «Meno sedimenti, più eventi estremi»

31 luglio 2023
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In un secolo la sponda a sinistra del fiume Arno è indietreggiata di circa un chilometro. Se l’è “mangiato” il mare. Migliaia di metri spariti negli ultimi anni in tutta la costa toscana, mentre il fenomeno dell’erosione è diventato sempre più evidente. Secondo l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), negli ultimi 50 anni i metri quadrati di spiaggia erosa in Toscana ammontano a circa 4 milioni.

Negli ultimi due anni alcuni stabilimenti a Marina di Pisa hanno perso 20 metri di battigia. A Follonica 10 metri nell’ultima stagione estiva. Negli ultimi anni al Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli l’arretramento della linea della costa è di 80 metri.

Anche nella zona di Massa, da Partaccia a Poveromo, si sono persi metri di arenile che non tornerà più, dice il Consorzio dei balneari di Massa. Alcune zone sembrano stare meglio, sì. Verso la Versilia, ad esempio. Ma in realtà, avvertono i geologi, non è così. Anche se non è visibile, l’erosione interessa tutta la costa perché i sedimenti che arrivano dai fiumi, la “base” della spiaggia, sono troppo pochi.

Il problema

A fare un quadro della situazione è il Report Spiagge 2023 di Legambiente: dal 2006 al 2019 – ultimi dati disponibili – la costa soggetta a erosione – sui 289 chilometri totali – è di 40 chilometri, il 13,8% del totale.

Basta poi scorrere le cronache dei giorni scorsi per vedere alcune zone in cui si concentra il problema: Massa, Pisa, Follonica. Onde che arrivano a lambire ombrelloni e lettini che prima erano lontani dal mare. Ma non ci si deve lasciar ingannare. Il problema non è così “circoscritto”.

«Anche quelle spiagge che sembrano stare bene sono all’interno di un sistema malato. La zona di Forte dei Marmi e Marina di Pietrasanta – spiega Giovanni Sarti, docente di sedimentologia dell’Università di Pisa che si occupa da anni del problema dell’erosione costiera – è relativamente stabile, ha molta spiaggia. Ma questo aumento dipende dal fatto che a sud del porto di Marina di Carrara c’è una forte erosione, e quel materiale viene trasportato a sud. La Darsena di Viareggio ha una battigia molo ampia, ma perché a sud il Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli è fortemente soggetto a fenomeni di erosione. Il problema, quindi, riguarda l’intera costa». Basta un altro numero per dare l’idea del problema: circa 24 milioni di metri cubi. È la quantità di sedimento in meno che c’è dagli anni Sessanta arriva dal fiume Magra, nonostante le operazioni artificiali di ripascimento.

«Dati precisi su Arno e Serchio non li abbiamo – dice il docente – ma il problema riguarda tutta la costa: l’apporto sedimentario dei vari sistemi fluviali è deficitario da molto anni». In pratica non portano sedimento alle spiagge.

E questo, spiega Sarti, è la principale causa dell’erosione. «I sedimenti – continua – che arrivano lungo costa sono redistribuiti dalle correnti. In alcune aree ci sono accumuli, in altre l’apporto è minore. Una spiaggia è stabile quando apporto e redistribuzione compensa la perdita di sedimenti a causa delle mareggiate e così via. Questo rapporto appunto è deficitario da molti anni». Dagli anni Sessanta, almeno, i fiumi non portano sedimenti a causa delle attività di dragaggio, dighe, tutte le briglie che appunto alterano – per altre necessità – i naturali sistemi fluviali.

Gli altri fattori

Ma altri fattori aumentano il fenomeno, cambiamento climatico in testa. Questo perché «sono aumentati in frequenza gli eventi estremi», spiega Sarti. Tutta sabbia strappata dalle mareggiate che erodono le spiagge, con tempi di ritorno prima più lunghi, mentre ora si parla di 2-3 anni, continua il docente.

A dare man forte è il fattore antropico, il fatto cioè che sul mare spesso ci si abita. «La costa però – sottolinea Sarti – è un sistema molto fragile, cambia in continuazione: per restare in equilibrio ha bisogno di un suo spazio vitale. Laddove ci sono barriere di cemento questo spazio non c’è più, quindi aumenta l’erosione». In Toscana al 2006 il consumo di suolo totale nei comuni costieri era pari a 29.341 ettari. Al 2021 – gli ultimi dati disponibili – gli ettari erano 30.353. Oltre mille ettari in più e un incremento del 3,45% (e non è la peggiore).

Cosa servirebbe

Barriere, scogliere e altri provvedimenti «possono risolvere il problema locale, ma – conclude Sarti – ma alla fine si crea erosione da un’altra parte. Ci vorrebbe un sistema progettuale più ampio che oltrepassi i limiti dei comuni e delle regioni. I vari soggetti coinvolti - Comuni, Regioni, università e governo - dovrebbero creare una sinergia intanto per capire bene i problemi e non intervenire solo nell’emergenza, ma mettendo a punto dei piani a media e lunga scadenza che abbiano una prospettiva futura di cambiamento per invertire il trend».

Bagno Nando a Poveromo: «Clienti rimasti senza posto»

Ieri mattina i 16 ombrelloni delle prime file, tolti dopo il mare mosso, sono stati riposizionati. «La sera però li ho dovuti togliere di nuovo per le onde», racconta Barbara Palagi, che gestisce con il fratello Dario il bagno Nando a Poveromo (Massa).

Lì negli anni Settanta venivano pittori, poeti, scrittori. Palagi se lo ricorda, la concessione di quello stabilimento ce l’aveva già il suo babbo e il suo nonno prima di lui. Intanto tra oggi e domani sono arrivate le famiglie che hanno prenotato una postazione per agosto. Le prime sono già arrivate ieri.

Ma non «sapevo dove metterle, mi mancano due file. Domattina (oggi, ndr) dobbiamo rimontare tutto, ma dicono che nei prossimi giorni ci sarà di nuovo mare mosso. Li dovrò togliere di nuovo. Ed è imbarazzante dire a quelle persone, famiglie che vengono qui anche da 40, 60 anni, che non li posso più accettare perché non abbiamo ombrelloni. Non mi sembra giusto mandarli via, ma sono costretta. Alcuni mi hanno già dato l’acconto». Già con le mareggiate delle scorse settimane, come ha raccontato Il Tirreno, Palagi ha dovuto dire ai vacanzieri: “Scusate, il vostro ombrellone non c’è più”. E la stanchezza ora è tanta. Basta un po’ di mare grosso, e i problemi si presentano. «Spero che i miei clienti capiscano», si augura Palagi. «Altrimenti possono decidere di non venire, e questa è una perdita per l’intera città. Loro vogliono la spiaggia». Lì l’erosione costiera si è portata via «tanti metri. Non è possibile – conclude Palagi– lavorare così. Le autorità devono trovare una soluzione per salvare le nostre aziende. Ci servono scogliere parallele come quelle a Marina di Massa. Quelle che sono qui si stanno inabissando, non funzionano più».

Uisp Village a Marina di Pisa: «In due anni persi 20 metri»

Le previsioni danno mare grosso. E allora via, bisogna smontare le prime due file di ombrelloni, sedie, lettini, tutto. «Basta mezza onda. Quando invece c’è la mareggiata, non possiamo usare metà bagno», dice Attilio Taddei, volontario responsabile della struttura Uisp Village a Marina di Pisa, che offre attività sociali per anziani, campi solari e ospita diverse associazioni sportive.

D’altronde quei 20 metri che separava la prima fila di ombrelloni dall’acqua non ci sono più. In due anni se li è mangiati il mare. «L’abbiamo visto sparire. L’anno scorso – racconta Taddei – abbiamo perso circa 10 metri. Quest’anno altrettanti. Ad ora non siamo stati costretti a ridurre il numero delle postazioni. Però abbiamo dovuto spostare la prima fila in un’altra zona. Nonostante questo, restano sì e no 7-8 metri: basta davvero mezzo metro d’onda e l’acqua arriva agli ombrelloni».

Fatto sta che la scorsa settimana «mercoledì e giovedì – racconta – abbiamo smontato mezzo stabilimento. Venerdì abbiamo rimesso tutto, e oggi (ieri, ndr) dobbiamo togliere tutto di nuovo. Per noi è un sacrificio enorme». E la preoccupazione per il futuro è tanta.

«In previsione di questa gravissima erosione – avverte Taddei – se non verranno presi urgenti provvedimenti il prossimo anno ci troveremo costretti a non montare come minimo 30 ombrelloni e se continua così ci troveremo sempre più compressi con la duna naturale che abbiamo alle spalle». Di fronte allo stabilimento ci sarebbe una barriera sommersa, dice Taddei.

Eppure adesso non basta. «È dal 2008 – spiega Taddei – che siamo in convenzione, ma negli ultimi due anni la situazione è precipitata».

Bagno Argentina a Follonica, lo sfogo del titolare: «No ad altre barriere. ci servirebbe più sabbia»

Alcuni abbonamenti sono andati persi e si è dovuto restituire i soldi. Ma il danno principale è il mancato guadagno: «Dopo la mareggiata di mercoledì scorso abbiamo dovuto togliere una fila intera, circa 25 ombrelloni: facendo un due calcoli, si parla di un mancato incasso che va dai 6mila agli 8 mila euro per l’intera stagione», spiega Emiliano Bianchi, titolare del Bagno Argentina a Follonica,, 130 ombrelloni in totale.

«Per mantenere gli altri – continua – siamo dovuti ricorrere a misure accessori, come diminuire lo spazio tra gli ombrelloni, pur mantenendolo accettabile. In pratica abbiamo fatto scalare tutti di una fila, per fortuna avevamo posto».

E così quella che era la seconda fila è diventata la prima. Arretrata, mentre il mare con le sue mareggiate si avvicina pericolosamente alle strutture degli stabilimenti balneari. Da un lato infatti ci sono loro, le mareggiate. Dall’altro c’è l’erosione della battigia.

«Dall’inizio della stagione – prosegue Bianchi – abbiamo perso circa 10 metri di spiaggia, anche se ad ora è una stima variabile. Ma c’è stata anche l’erosione dell’altezza della spiaggia: ci siamo abbassati. Ogni anno all’inizio della stagione facciamo regolarmente un piccolo apporto di sabbia, portato dai camion per una spesa di circa 5-6mila euro. Che sono stati fulminati in pochi giorni, con la mareggiata dei giorni scorsi».

Ma oltre alle mareggiate ci si sono messe pure delle escursioni di maree eccezionali, molto alte. E adesso i ripascimenti fatti dagli stessi stabilimenti non bastano. Così come le barriere soffolte (strutture modulari in cemento armato posizionate sul fondale, ndr) per arginare il mare. «Abbiamo bisogno di più sabbia. L’erosione – continua Bianchi – è un problema presente da anni. Sono stati fatti molto interventi: da noi hanno realizzato, circa 20 anni fa, delle barriere che bloccano il flusso delle correnti, mitigano le mareggiate e cercano di contenere l’erosione. Insieme però avevano fatto un ripascimento di tantissimi metri cubi di sabbia. Per qualche anno da allora non abbiamo avuto problemi. Ricominciati dopo qualche anno».

Insomma, per Bianchi non serve innalzare le barriere ancora di più. Chiediamo interventi volti al ripascimento. Anche perché c’è un altro aspetto delle barriere che preoccupa i balneari: «Visto che sono alte – spiega Bianchi – con le bonacce, sempre più frequenti, nel futuro peggiorerà sempre di più la qualità dell’acqua. Ad ora il problema non si è ancora manifestato, ma il ricircolo dell’acqua diventerà un problema. Oltre al fatto che – mi dicono diversi bagnanti – all’interno delle barriere soffolte la temperatura dell’acqua raggiunge dei picchi altissimi».

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