Pingitore: «Il primo applauso mi catturò, così nacque l’era del Bagaglino»
Dalla cantina di via della Campanella ai 14 milioni di telespettatori «Lionello, Ferri, Montesano: che notti e purtroppo il varietà non esiste più»
«E poi all’improvviso irruppe l’applauso del pubblico e in quel momento pensai che quello, solo quello, doveva essere il mio futuro (…) Lei mi domanda quale sia stato l’incontro decisivo ma fu quell’applauso a cambiarmi la vita». Pier Francesco Pingitore, 88 anni: autore, regista, drammaturgo, padre del varietà Il Bagaglino e della satira politica in tv. Giornalista professionista, inizia in una redazione la sua carriera, quando ancora non conosce il potere di un applauso. A 26 anni è caporedattore del settimanale Lo Specchio, si occupa divertendosi di cultura e mondanità.
Tra i collaboratori del giornale c’è Mario Castellacci, amico leale e pacato: entrambi appassionati di teatro decidono di tentare l’avventura del cabaret in una Roma vivace e festaiola, ancora avvolta nella magia della Dolce vita.
«Era il 23 novembre 1965 quando con Castellacci inaugurammo Il Bagaglino nella cantina a forma di elle in vicolo della Campanella. Lo spazio era ristretto; una sessantina di sedie, la pedana con il pianoforte e in alto una finestrella. Il primo spettacolo: I tabù. Buio, attesa, batticuore, si accende una luce: Oreste (Lionello) e Pino (Caruso) recitano la prima battuta scritta da noi, la gente in sala scoppia a ridere, è una risata fragorosa, profonda, accompagnata da un applauso.
Lì qualcosa è cambiato in me, non c’è niente al mondo come l’applauso del pubblico». Pingitore è nella casa romana dove vive da oltre 70 anni, circondato da libri, locandine, Telegatti (cinque) e da parecchia riconoscenza; sono diverse e sentite le foto con dedica dei personaggi che ammettono di dovergli molto, una su tutte quella di Valeria Marini.
«Ogni sera salivano sul palco Gabriella Ferri, Oreste Lionello, Gianfranco D’Angelo, Pippo Franco, Enrico Montesano, Tony Cucchiara e sua moglie Nelly Fioramonti... C’era un’atmosfera che non si può spiegare fatta di nuvolette di fumo, improvvisazioni, risate e pastasciutta, servita tra il primo e il secondo tempo. Non pagavamo la pubblicità e non uscivamo sui tamburini dei quotidiani, ma in un attimo si sparse la voce e diventammo un caso; tutte le sere entrava il doppio della gente che il locale poteva contenere. Pensi che l’ambasciata americana chiamò e chiese due posti per Jacqueline Kennedy in visita a Roma, ma la segretaria -ormai sull’orlo di una crisi di nervi- rispose: è tutto pieno!».
È a quel punto che l’editore de Lo Specchio lo pone di fronte a un bivio: scegliere tra il cabaret e il giornalismo. Pier Francesco -calabrese di nascita- non esita un istante, rinuncia allo stipendio e sceglie l’applauso del pubblico.
Ormai è a tutti gli effetti “un uomo di varietà.« Le serate al Bagaglino di vicolo della Campanella finivano intorno alle due, poi si andava a cena da Ezio in piazza del Gesù che teneva aperto fino a notte fonda ed intorno alle quattro finivamo nella pasticceria del chitarrista di Gabriella Ferri, in via dei Serpenti, a mangiarci l’impossibile».
Il chitarrista della Ferri era un pasticciere?
«Arrivava alle prove in cantina sempre con i pantaloni sporchi di farina”.
Il 1972 è un anno di svolta: la Ferri rientra da una gloriosa tournée in Sudamerica, la Rai “la scopre” e vi chiama per scrivere uno spettacolo costruito intorno a lei. Nel frattempo vi eravate trasferiti al Salone Margherita in via dei Due Macelli.
«Accettiamo la proposta della Rai a condizione di poter arruolare tutto il nostro gruppo di attori; il programma si intitola Dove sta Zazà, la regia è di Antonello Falqui ed il successo incredibile con 20 milioni di telespettatori. A seguire Mazzabubù e nel 1987 partiamo con la prima stagione di Biberon che comincia come un programma di terza serata per arrivare alla prima serata del sabato con 12 milioni di telespettatori».
Il record furono i 14 milioni di telespettatori nella puntata in cui il vero Giulio Andreotti salì sul palco del Salone Margherita…
«Fu un ventennio importante. Ad un certo punto anche l’inciampo dei professori che arrivano in Rai nel’93 per fare pulizia e giudicano il Bagaglino uno spettacolo troppo scollacciato per il nuovo corso: contratto firmato stracciato”.
Via le telecamere dal Bagaglino?
«Per un breve periodo. Furono richiamati alla ragione dal direttore di Rai Tre Angelo Guglielmi, la persona ideologicamente più lontana da noi.
Molto di sinistra, colto e perbene, disse ai professori che stavano commettendo un grosso errore e che avrebbero perso molta pubblicità, allora ci richiamarono stendendo tappeti rossi».
Nel 1995 il passaggio a Fininvest: dopo aver declinato la prima offerta di Berlusconi, anni prima, accettò di buon grado la seconda.
«Accettammo e vi restammo fino al 2009. Quando non c’erano le telecamere, ma solo lo spettacolo teatrale, Berlusconi arrivava di tanto in tanto al Salone Margherita, sedeva tra il pubblico, si divertiva e nell’intervallo raccontava anche qualche barzelletta».
Veniamo ad oggi. Sono cambiati i tempi, siamo più “corretti”, attenti ai linguaggi e ai contenuti. Talvolta si esagera?
«Oggi ci sono dei paletti che mai avremmo immaginato. Vietare parodiare, vietato prendere in giro. Eppure sono convinto che il filo del rasoio del politicamente corretto sia tutto il contrario della democrazia e del vivere civile, che è dato dal fatto di potersi garbatamente prendere in giro.
Si è parlato di un possibile ritorno del Bagaglino in Rai…
«Può essere, vediamo».
E il conformismo?
«Si può sfidare, in fondo non è così solido come sembra. Un conto è la satira, un conto è l’insulto e noi non abbiamo mai insultato nessuno».
Scelga i due politici star del Bagaglino targato 2024
«Senza dubbio Meloni e Schlein, la bionda e la mora”.
Il varietà oggi esiste in tv?
«Se c’è non lo vedo».
Il Salone Margherita è chiuso dal 2020. L’immobile è tornato al suo storico proprietario, la Banca d’Italia, segnando la fine di un’epopea.
«Speriamo non definitiva».
In Via dei due Macelli ci passa più?
«No».
Se il Salone Margherita riaprisse domani?
«Andiamo! Uscirei ora di casa».