Alexia, travolta dal bagliore dell’amore: «Prima ero famosa, ora sono felice»
Ventina anni fa l’incontro con Andrea Camerana, nipote di Giorgio Armani. «Mi spiazzò il suo sguardo, con lui ho scoperto un mondo dove stare bene»
«Mi spiace deludere il mio manager», Alexia sorride complice al suo agente Paolo Fratta, seduto con noi al tavolo di un hotel a bere un caffè, «ma l’incontro che mi ha cambiato la vita è arrivato prima di te – si rivolge ancora a lui – o non mi avresti conosciuta così».
Prima di incontrare chi era diversa?
«Prima di incontrare mio marito Andrea. Avevo 37 anni, ero all’apice del successo ma non ero per niente felice. Poi all’improvviso è cambiato qualcosa: quegli occhi gentili sono stati un bagliore».
Siamo nel 2003. È l’anno in cui trionfa a Sanremo con il brano Per dire no, eppure non si gode affatto la vittoria. Il momento nero era iniziato anni prima, con la scomparsa improvvisa di suo padre nel 1995.
«Pienamente in crisi per la scomparsa di mio padre, un lutto che ha segnato anni di dolore: le vittorie sul lavoro non bastavano a colmare il senso di solitudine. Nel 2003 taglio un traguardo, vinco Sanremo, ma sento un vuoto pazzesco. Ero diffidente, non c’era più papà. Non potevo più guardarlo negli occhi e domandargli: che faccio?».
Si è sentita improvvisamente sola, aveva perso il suo riferimento.
«Ero diventata improvvisamente il capo famiglia, dovevo badare a mia madre e a mia sorella piccola, occuparmi dei conti, del commercialista, della casa. Non ero ancora pronta».
Responsabilità da coniugare con un lavoro che la portava sempre in giro.
«In questi giorni ho visto alcuni documentari su biografie di artisti esplosi proprio in quel periodo, tra il ’95 e il 2003, quando ero sempre in giro per il mondo. Artisti che scopro soltanto ora, divento loro fan con 20 anni di ritardo. È come se mi fossi persa pezzi di vita, all’epoca non mi accorgevo di cosa mi accadeva intorno. Era tutto veloce».
All’apice della popolarità e del malessere incontra Andrea (Andrea Camerana, nipote di Giorgio Armani, oggi suo marito e papà delle sue due figlie). Siete seduti uno accanto all’altro ad una cena di gala. L’intesa scoppia subito?
«Come una saetta. Mi spiazzò il suo sguardo: pulito, onesto. Ancora oggi gli leggo negli occhi se qualcosa non va. Lui, poco più giovane di me, aveva perso da poco il padre e questo dolore ci univa, avevamo una cosa importante in comune, ma eravamo entrambi timidissimi e così iniziarono una serie infinita di inviti a cena durante i quali non succedeva mai nulla».
Poi?
«Una sera mi propone l’ennesima uscita. Lui non parlava, io non parlavo, fino a quando si fa forza e mi dice: “mi spiace che tu sia impegnata”. Avevo un rapporto che non era proprio un rapporto d’amore, era più un appoggio, una compagnia, un viatico contro la solitudine. “La mia relazione si sta concludendo”, mi affrettai a rispondergli e da quel momento iniziammo a frequentarci. Avevo 37 anni. Con Andrea abbiamo capito subito di essere stati fortunati, avevamo entrambi bisogno di un’atmosfera piena e serena».
Tanto che decise di lasciare per un periodo la musica.
«Quando è arrivato l’amore ho capito che volevo una pausa dal resto per godermi quella storia, panacea dei mali che mi inquietavano da anni e dei quali non mi rendevo conto. Nel 2004 lascio Piacenza per trasferirmi da lui a Milano. Ricordo come fosse ora quando mi disse: “ho comprato lo spazzolino da denti, il pigiama, le ciabatte per te”. Andrea somigliava a mio padre: responsabile, serio, protettivo e pacifico ed io, che avevo puntato solo sulla carriera, scopro un mondo nuovo dove sentirmi bene. Appagata».
Come viveva l’amore prima di lui?
«Per non stare da sola mi accontentavo. Avevo avuto una relazione che non era pienamente una storia d’amore, era più una compagnia: una figura alla quale appoggiarmi data la sensazione di vuoto che avevo dentro. La paura della solitudine spinge spesso le donne tra le braccia di persone che sanno non essere adatte. Lo sappiamo, ma facciamo finta di niente perché abbiamo paura di non farcela da sole. Alle giovani dico di non fare questa cavolata, di non dipendere da qualcuno per esistere. L’amore è altro».
Cosa cambia quando si incontra l’amore vero?
«Non c’entra niente il bisogno, l’amore è fiducia totale, è costruire giorno dopo giorno “un castello delle favole” reale che appoggia su certezze».
Avete due figlie, Maria Vittoria e Margherita.
«Alle quali dico: dovete sbagliare, cadere, rialzarvi. Dovete viaggiare, essere libere, autonome e curiose, fiere di voi. E non dipendere mai da nessuno».
Chi era Alexia prima e dopo l’incontro che le ha cambiato la vita?
«Prima di Andrea ero apparentemente più stronza perché non mi fidavo di nessuno. Ero chiusa e diffidente».
Chi l’aveva spaventata così?
«L’ambiente chiuso e pettegolo della provincia dove sono nata e cresciuta».
Chi notò per primo la sua voce?
«Se ne accorsero le maestre della scuola dell’infanzia e a 5 anni mi misero sul palco col microfono in mano a cantare con un’orchestra. Io ero tranquilla come se mangiassi un tramezzino e si accorsero anche di questo, della mia naturalezza».
Siamo ad Arcola (La Spezia), dove cresce Alexia. I genitori la iscrivono ad una scuola di musica, la piccola si esibisce in vari spettacoli e in pochi anni vince 50 manifestazioni musicali. Nel ’93 supera l'esame al Conservatorio di Parma e ottiene il diploma di Canto Lirico. La sua insegnante le consigliava di continuare con la lirica.
«Sapevo che il canto lirico non era la mia strada: dopo la maturità iniziai a collaborare con la casa discografica di Roberto Zanetti entrando come vocalist in progetti importanti di dance».
Poi il grande salto, la collaborazione con Ice Mc (Ian Campbell, rapper ed ex ballerino britannico) che produrrà una serie di successi, da Think About the Way (inserita come colonna sonora in Trainspotting, vende oltre due milioni di copie nel mondo) ad It's a Rainy Day. Alexia spicca il volo e con oltre 300 concerti gira il mondo.
«Nel 1994 Think About the Way è primo in classifica nel mondo e apro il mio primo conto in banca. Fino a quel momento era cointestato con papà».
“My Xmas” è il suo ultimo lavoro, uno speciale vinile da collezione con brani natalizi e un live partito dal Ristori di Verona.
«Quando ero un’artista con pochi giorni off, l’idea del disco di Natale sapeva di fine corsa e invece l’ho proposto io al mio agente, volevo ripartire con leggerezza da dove di solito si chiude. Mi sono riconciliata col Natale e questo lavoro è un regalo che mi faccio. Dentro c’è soul, blues, gli anni ’50, i film in bianco e nero, il tacchino ripieno e l’amore per tanti generi musicali».
In questi anni lontana dalle scene è stata bene?
«Ho smesso durante il Covid: la mia famiglia aveva bisogno di me, la piccola viveva male quella situazione, la sera piangeva ed era bello essere lì a tranquillizzarla, a fare da psicoterapeuta. Mi sono chiesta, perché continuare a cantare? Ho avuto tutto dalla vita. Durante il lockdown siamo stati bene, sereni, uniti. Non ci mancava niente. Ho visto mio marito felice, anche perché sono diventata una cuoca provetta».
Lei proviene da una famiglia umile, suo marito ha un cognome importante: nipote di Giorgio Armani da parte di madre e membro della famiglia Agnelli da parte di padre. Ha dovuto fare i conti con l’ansia da prestazione?
«Ci stiamo lavorando».
Che effetto fa sedere a un pranzo di famiglia con Re Giorgio?
«Sono una sua estimatrice e lo era anche mio padre, un gran bel tipo che adorava vestire Armani. Siamo portati a credere che certi personaggi siano degli extraterrestri, invece dimostrano in tanti modi la loro semplicità; adora le ricette piacentine che gli preparava la mamma».
Che Natale sarà?
«Frettoloso perché ci sono le date del tour, ma felice. Il mio Natale è tornato gioioso e con “My Xmas” lo celebro».