Il Tirreno

Il luogo del cuore

Il borgo di Vetulonia dove gli etruschi sono ancora fra noi

di Stefano Adami
Il borgo di Vetulonia dove gli etruschi sono ancora fra noi

Viaggio alle nostre radici fra mura, tombe, resti di antiche abitazioni e preziosi reperti

18 novembre 2022
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Un altro dei luoghi del cuore di questa Toscana minore che andiamo attraversando, è certo l’antico abitato etrusco del borgo di Vetulonia, a ridosso della costa maremmana.

Le mura e le tombe

Il sito archeologico si presenta con delle mura di grandi dimensioni che il viaggiatore incontra già lungo la costa sinistra della strada, mentre sale verso il piccolo borgo. Poco più avanti, le grandi mura lasciano spazio a dei veri e propri abitati, e a delle semplici tombe che costituiscono una prima necropoli. Più avanti ancora si incontrano invece delle tombe di maggior interesse. Sono infatti due tombe monumentali che risalgono alla metà del VII secolo a.C: la tomba delle Pietrera e la tomba del Diavolino. Sono tombe edificate su una camera quadrangolare, ed una falsa cupola ricoperta di terra, alle quali si arriva attraversando un lungo corridoio di accesso.

Gli etruschi sono ancora qui

Passeggiando lungo l’antica città etrusca, non è difficile sentire vicina la presenza degli antichi abitatori e, soprattutto, degli dei che venivano in questi luoghi venerati. Un luogo ancora vivente in cui quegli abitatori e quelle divinità palpitano ancor oggi, è il piccolo, ma importante museo archeologico di Vetulonia. Il museo, nato tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 del Novecento, contiene infatti la gran parte degli oggetti rinvenuti negli scavi locali. La collezione si articola in sette sale d’esposizione, ospitate nei due piani dell’edificio. Il percorso inizia con la sala al piano superiore, che raccoglie gli oggetti dell’abitato più antico, risalente all’8 secolo a.C. Vi si possono vedere delle belle fibule in bronzo, rasoi, morsi per cavalli, e molti altri oggetti d’arredo trovati nelle varie necropoli. Il museo ospita anche altri oggetti di particolare fascino, come la bella stele di Auvile Feluske. Si tratta appunto di una stele in pietra, risalente al VII secolo a.C. che presenta delle notevoli decorazioni. Da una parte è visibile una elegante figura di guerriero che si trova entro una cornice di un’antica iscrizione etrusca. Altri oggetti di particolare fascino si trovano, per esempio, nella sala E, che ospita materiali risalente all’età ellenistica. Tra di essi si possono riconoscere delle teste che riproducevano i tratti del dio Eracle e della dea Minerva, destinate alla decorazione di edifici sacri. Allo stresso modo, la sala F ospita manufatti che si ispirano alla figura di Medea e di Imeneo.

Il pegno d’amore di Montale

C’è poi un altro oggetto etrusco di particolare interesse che, dopo un lungo e contorto percorso compiuto per amore a partire dalle mani del grande poeta Eugenio Montale, ha trovato ospitalità nel museo archeologico di Vetulonia. Negli anni in cui Montale era direttore del Gabinetto Vieusseux a Firenze, infatti, prima della Seconda guerra mondiale, vi aveva conosciuto la giovane italianista ebreo-statunitense Irma Brandeis, studiosa delle poesie di Montale. Il poeta e l’italianista si erano innamorati, ma ben presto, purtroppo, si erano dovuti separare per dure cause legate alla forza della storia. Il poeta, infatti, era legato da tempo ad un’altra donna, Drusilla Tanzi, che Montale, nel suo lavoro poetico, chiamava “la mosca”. D’altra parte ben presto la permanenza in Italia fu preclusa alla Brandeis a causa delle leggi razziali. I due continuarono ad avere un lungo rapporto epistolare, ed il poeta ligure dedicò alla giovane studiosa versi indimenticabili. In quegli anni, Montale volle anche concretizzare il suo amore in un vero e proprio pegno da inviare oltreoceano alla Brandeis. Non si sa in realtà come Montale sia venuto in possesso del piccolo, affascinante oggetto etrusco che le inviò proprio come pegno d’amore e d’affetto.

La storia è stata ricostruita da un giovane italianista, specialista dell’opera montaliana, Marco Sonzogni, che insegna alla Victoria University di Wellington in Nuova Zelanda. È probabile che Montale abbia potuto acquistare il piccolo oggetto, che rappresenta una offerta votiva ad una divinità etrusca, da alcuni commercianti in antichità proprio a Firenze. E da Firenze poi è partito per arrivare nelle mani di Irma. Alla fine di una lunga ricerca, narrata anche in un suo libro, Sonzogni lo ha poi ritrovato tra gli oggetti e le carte lasciati dalla studiosa. L’ha poi donato al museo di Vetulonia, dove oggi è possibile osservarlo in una sezione ad esso dedicata, ed ascoltare la sua storia di fede antica, d’amore e di poesia.
 

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