Da stasera fischio io: Maria Sole Ferrieri Caputi la prima arbitra in serie A
Svolta storica: la livornese dirigerà Sassuolo-Salernitana
ROMA. La rivoluzione tanto attesa è arrivata. Il calcio in Serie A dal 2 ottobre non sarà più lo stesso infrangendo un tabù di 110 anni. La 31enne livornese Maria Sole Ferrieri Caputi, arbitro dal 2015, esordirà nel massimo campionato italiano in Sassuolo-Salernitana.
La prima volta di una donna-direttore di gara che segnerà un momento storico. Già da alcuni mesi si era ipotizzato che prima dello stop per il Mondiale ci sarebbe stato spazio per la ricercatrice universitaria toscana, che finora aveva diretto 23 gare in C, 3 in serie B, una in Coppa Italia avendo anche coperto il ruolo di quarto ufficiale in Monza-Udinese alla terza giornata di Serie A. Ora quel sogno è realtà perché nessuna donna finora aveva mai arbitrato nella massima serie maschile. «Non è una giornata banale e sono anche emozionato», le parole di Alfredo Trentalange, presidente dell’Aia. «Maria Sole debutterà in Serie A per meriti, senza scorciatoie, per capacità, skills, è in virtù di un progetto che è partito come Aia. Maria Sole ha un appuntamento con il Mondiale femminile U17 in India. Ci apprestiamo a vivere un momento storico dopo più di 110 anni. Desidero ingraziare chi ha creduto in lei quindi anche la Fifa e chi prima di lei, penso a Rosetti e alla Uefa. Noi non diamo per privilegio ciò che spetta di diritto, noi non siamo mafia. Maria Sole si è guadagnata questo percorso». Per il designatore della Can, Gianluca Rocchi, le qualità di Ferrieri Caputi «sono indiscutibili e starà a lei dimostrare di meritarsi la Serie A. Senza darle troppa responsabilità. Non sarà l'unica che farà un esordio veloce, vogliamo accelerare i tempi a tutti. Lei è entrata nel gruppo come un arbitro qualsiasi, per quanto mi riguarda non ho altro da dire». Maria Sole Ferrieri Caputi ha una laurea in Sociologia presso l'Università di Firenze e lavora a Bergamo presso un centro studi di diritto del lavoro. Ma guai a chiamarla arbitra, almeno finché i tempi non saranno maturi dice lei. Che recentemente ha dichiarato: «Non chiamatemi arbitra, ma arbitro. Novanta volte su cento quando mi dicono arbitra è per sottolineare che sono una donna. Quindi preferisco arbitro. Credo che quando non ci sarà più l’esigenza di sottolinearlo, allora vorrà dire che ci sarà davvero parità».
L'Aia ha voluto precisare come la svolta sia figlia del merito e della professionalità, della bravura e della capacità, rappresentata da una componente della classe arbitrale giovane che negli ultimi anni sta facendo grandi progressi. E questa 'rivoluzione' rientra in qualche modo in un progetto più ampio, di apertura, anche dal punto di vista del dialogo e della comunicazione. Da qui la volontà di migliorarsi anche per provare in un futuro non troppo lontano a rendere pubblici i dialoghi tra arbitro e assistenti Var. «Se possono funzionare? Se lo facciamo come il rugby sì, nella F1 sono filtrati. La prima cosa che verrebbe chiesta sarebbe cosa è stato tagliato. È complesso, chi sta in campo e chi sta fuori deve avere una preparazione comunicativa adeguata. Stiamo migliorando tantissimo, anche rispetto al l'anno scorso, ma ci vuole ancora tempo. Da parte degli arbitri c'è apertura totale», ha spiegato Rocchi secondo cui gli arbitri italiani «stanno lavorando molto per andare verso una comunicazione che sia ascoltabile da tutti, ma stiamo facendo un percorso di crescita. Oggi non potrei mandare un audio live, perché il livello non è ancora adeguato, ma stiamo lavorando tantissimo. Stiamo facendo un lavoro di formazione enorme».
E' ancora presto per sapere quando ci sarà questa 'seconda' rivoluzione. «Dipende dai risultati, quando ci rendiamo conto di essere pronti. Poi servirà comunque un'autorizzazione generale della Fifa, non possiamo fare come ci pare. L'importante sarà farsi trovare pronti quando sarà il momento», ha spiegato Rocchi. L'obiettivo prossimo è quello di evitare altrui 'buchi' Var come quello di Juventus-Salernitana: «Fummo accusati di non aver usato una determinata videocamera, che però noi non avevamo. Non potevo crocifiggere Var e Avar per non aver visto episodio di cui non avevano la camera. Se ce l'avessimo avuta, il risultato probabilmente sarebbe stato diverso. E' un episodio che non ricapiterà più, in futuro si saranno strumenti che ci potranno dare una mano», ha garantito Rocchi. Ora c'è da allenare al meglio una classe arbitrale che ha ampi margini di miglioramento. Quello che non gli piace è che i suoi arbitri parlino troppo e sto chiedendo ai miei ragazzi di ridurre conversazioni, altrimenti si creano capannelli. «Arbitri permalosi? E' un detto che c'è sempre stato, ai ragazzi ho chiesto massima severità. A volte abbiamo esagerato anche noi e i ragazzi sono stati troppo aggressivi. Ho chiesto loro di essere educati ma severi»