I magnifici cinque, eroi di Olimpia senza riflettori
Le storie sportive di Innocenti, Bruni, Tempesti, Tabani e Pagnini: solo tre sono stati profeti in patria
PRATO. Solo tre dei “magnifici cinque” di Rio de Janeiro, i pratesi che tornano a casa con lo straordinario bottino di tre argenti e un bronzo, sono stati profeti in patria. Solo Marco Innocenti (tiro a volo), Chiara Tabani (pallanuoto) e Marta Pagnini (ginnastica ritmica) hanno sparato, nuotato e volteggiato dalle nostre parti fino a ieri. Chiara non lo farà più, perché tra i play off scudetto e l’argento a Rio è sparita la sua squadra, la Waterpolo, che non si è iscritta al campionato di serie A dopo una bellissima annata: andrà a giocare in Catalogna nel Sabadell. Marco invece pratica uno sport che gli consente di continuare a gestire l’armeria di famiglia e quindi non ha avuto bisogno di cambiare aria. Marta è cresciuta nell’Etruria, la stessa società e palestra dove ha mosso i primi passi Jury Chechi, ma praticando uno sport di squadra si è allenata spesso altrove.
Diverso il discorso per gli altri due. Stefano Tempesti, il più titolato, ha iniziato a fare il portiere di pallanuoto nella Futura ma è passato quasi subito alla Florentia e poi alla Pro Recco, dove ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Rachele Bruni, argento nella dieci chilometri di nuoto in acque libere, è nata in un paesino, Comeana, dove non c’erano piscine, ha nuotato per una squadra di Empoli e poi è approdata a Roma come tanti nuotatori di alto livello.
Insomma, i “magnifici cinque” di Rio de Janeiro non si vedono molto dalle nostre parti, soprattutto non praticano sport che sono tutti i giorni sotto i riflettori. Non fanno parte di squadre di calcio, di rugby, pallacanestro o pallavolo che possono diventare bandiere di una comunità. I non addetti ai lavori si accorgono di loro ogni quattro anni, oppure se ci scappa una medaglia ai Mondiali o agli Europei (a queste sono tutti abituati fatta eccezione per la più giovane, Chiara Tabani).
Quello appena finito è stato il loro momento. Ora li aspetta un ringraziamento collettivo in città (se riusciranno a conciliare i rispettivi impegni) e poi si volta pagina. Tempesti e Pagnini hanno detto che smetteranno, certo non li rivedremo in nazionale, ma rimarranno nell’ambiente dei rispettivi sport. Innocenti ci sta pensando. Tabani e Bruni, che hanno l’età dalla loro parte, continueranno la scalata verso l’alto, che può essere uno scudetto, un record, una medaglia, ma con la testa sempre rivolta a Tokio 2020, perché come le Olimpiadi non c’è niente.
Le imprese dei magnifici cinque pratesi a Rio hanno in qualche maniera mascherato un periodo buio dello sport pratese, afflitto da problemi economici e di progettualità. Il calcio galleggia in terza serie da una vita senza mai un guizzo che faccia sognare, ma questa non è una novità. La novità, negativa, è che anche gli sport meno seguiti del calcio hanno ammainato la bandiera, a cominciare dal rugby, che solo due anni fa si giocava lo scudetto in quella sporca ultima meta contro Mogliano.
Grandi soddisfazioni le aveva date la Furpile nel calcio a cinque, con un paio di scudetti, l’ultimo nel 2003, e ancora prima l’AlPi nella pallamano, con le storiche sfide contro Trieste. E prima ancora la pallavolo con la meteora Centromatic.
L’ultima arrivata, la Waterpolo che ha ben figurato nel massimo campionato di pallanuoto femminile, ha suscitato allegria e ottimismo, pur essendo un sport molto poco seguito, anche perché era composta di un gruppo di ragazze vivaci ed estroverse, ma anche qui la gioia è durata poco. Mancano i soldi, si stacca la spina e i pezzi migliori vanno a giocare altrove, Chiara Tabani a Sabadell, Giuditta Galardi a Padova.
Resiste solo il tennis a squadre, che continua a giocarsi lo scudetto, ma anche qui non stiamo parlando di uno sport che, per quanto bello e affascinante, riesce a smuovere le grandi masse, soprattutto nelle competizioni a squadre.
Ecco dunque che, spenti i riflettori di Rio, conviene pensare a programmare il futuro: finire una buona volta i lavori della pista di atletica, riparare i tetti delle palestre dove si gioca a pallavolo, che ogni tanto fanno acqua, proseguire nella strada dei playground di basket dopo il successo di quello del Serraglio. O sperare che su un campetto di periferia, tra quattro ragazzi che danno un calcio al pallone, spunti l’ennesimo erede di Rossi, Vieri e Diamanti.
Paolo Nencioni
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